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11/06/2020
La Commissione Europea in azione
la ripresa economica post-Covid richiede uno sforzo concertato ed il pacchetto proposto dalla Commissione va in questa direzione

Al momento gli Stati dell’Unione Europea stanno iniziando ad allentare le restrizioni imposte sulla popolazione e sul settore produttivo per far fronte alla pandemia del Covid-19. Mentre i Governanti e le Istituzioni stanno concentrando i loro sforzi sulla ripresa a medio termine: con la Commissione Europea che a fine maggio ha presentato le proposte per un piano di sostegno. Di seguito una panoramica delle scelte di policy e delle misure d’intervento prospettate. La virulenza della pandemia ha colto tutti di sorpresa. La pandemia ha messo sotto scacco sia i sistemi sanitari che quelli economici. Questi ultimi da parte loro, a causa della riduzione della produzione e del commercio, hanno subito dapprima uno shock dal lato dell’offerta, aggravato successivamente dal crollo della spesa e degli investimenti derivante dal lockdown. Questa volta la risposta dell'Unione è stata rapida ed adeguata. La BCE ha agito immediatamente e con forza, potenziando il programma di acquisto di titoli del Quantitative Easing con l’EPPP (programma di acquisto dei titoli emessi per la pandemia). Mentre i singoli Stati hanno messo in campo misure di sostegno fiscale per circa il 3,2% del Pil dell'Unione per l'anno in corso ed una liquidità aggiuntiva vicina al 22% del Pil. Oltre alle spese di emergenza necessarie per l'assistenza sanitaria, i singoli governi dell'UE hanno attivato interventi a breve termine per sostenere i flussi di reddito e per ridurre il costo del lavoro. Nel breve periodo, queste misure hanno impedito licenziamenti di massa.

Tuttavia, per quanto siano cospicui, questi interventi non saranno sufficienti a garantire una ripresa rapida e ad evitare danni permanenti all'economia. Vi sarà una riduzione dei redditi delle famiglie, causata dalla diminuzione dei posti di lavoro. In proposito i lavoratori poco qualificati e quelli temporanei saranno probabilmente i più colpiti. Per le imprese, invece, i problemi di liquidità aumenteranno via via che la produzione si interromperà e l'utilizzo dei finanziamenti mediante prestiti ponte sarà difficile da sostenere nel tempo. Visto che i nuovi debiti in presenza di bilanci già in sofferenza non sono una soluzione duratura, soprattutto in un contesto di profonda incertezza e di continui flussi di cassa negativi. Un settore produttivo fragile da parte sua comporta una ripresa lenta: meno posti di lavoro creati ed uno spreco di capitale fisico, umano e finanziario. I fallimenti delle imprese da parte loro, interrompendo le catene del valore globali, causano effetti negativi in seconda battuta su investimenti, occupazione, crescita e prosperità. Unitamente a ciò le maggiori spese sanitarie a breve termine, le misure di sostegno fiscale e gli effetti negativi della recessione avranno un impatto negativo sulle finanze pubbliche degli Stati membri con un aumento del disavanzo e del debito pubblico, che per i Paesi in crisi fiscale potrebbe rappresentare un freno alla crescita ed agli investimenti per gli anni a venire. Sarà necessario pertanto un sostegno continuo per limitare il danno all'economia, che consenta di minimizzare i rischi e di favorire la ripresa.

Una parte sostanziale di questo sostegno dovrebbe provenire dall'UE tenendo conto delle diverse peculiarità dei Paesi e questo lo si sta facendo. La ragione è semplice: il suo impatto economico sui Paesi differisce notevolmente a seconda della loro struttura produttiva. Le economie ad elevata vocazione turistica, ad esempio, saranno particolarmente colpite: la Grecia, la Spagna, l’Italia e la Croazia, secondo alcune stime, avranno una perdita di Pil pari a circa il 9,5%. L’impatto a livello di singole regioni dell’Ue, invece, risulterà ancora più variegato. Numerosi Paesi dell'UE, tra quelli più colpiti, erano già alle prese con una finanza pubblica fuori controllo e con una struttura macroeconomica indebolita a causa dell'intreccio tra fattori strutturali e scelte politiche sbagliate. Di conseguenza, questi Paesi con l’Italia in testa, sono stati meno in grado di sostenere le loro economie con spesa pubblica aggiuntiva, sgravi fiscali ed aiuti di Stato. Questa combinazione di fattori: una recessione più grave ed una risposta politica più debole, comporta un rischio reale di aumentare la divergenza economica tra Paesi nell'UE. Visto che i Paesi economicamente più deboli potrebbero avere tassi di crescita e tassi di investimento più bassi, disoccupazione più elevata e dinamiche del debito esplosive.

Questo combinato disposto oltre ad impedire ad alcuni Paesi di sostenere adeguatamente a livello economico le famiglie e le imprese provoca almeno due effetti negativi: 1) il venir meno della concorrenza, degli scambi e degli investimenti nel mercato unico; 2) la divaricazione degli standard di vita tra Paesi che potrebbe compromettere la stabilità sociale, politica, economica e finanziaria dell’Unione nel suo complesso. Per evitare queste forze centrifughe servirebbero: uno stimolo coordinato degli investimenti a livello di UE ed un forte impulso alla ripresa in tutti i singoli Stati membri. La Commissione in proposito stima che il fabbisogno di investimenti necessario per il biennio 2021-2022 debba essere di almeno 1,5 trilioni di euro. Questi investimenti si rendono necessari per due motivi: per compensare le perdite di investimento derivanti dalla crisi Covid-19 e per favorire la transizione verso una Unione verde e digitale. In particolare gli investimenti per la transizione sono particolarmente preziosi in quanto offrono il doppio vantaggio di fornire il necessario sostegno per la ripresa e di preparare l'UE ad un futuro più sostenibile. Questa è essenzialmente la lista degli interventi necessari.

Per completare l’analisi ora non resta che analizzare le modalità di finanziamento dei medesimi. I Paesi sovrani dell'UE, intanto, dovranno finanziare circa 1,7 trilioni di euro in più per coprire il mancato gettito fiscale e l'aumento della spesa sociale nel 2020 e nel 2021. Non dimenticando che siffatte stime di spesa non comprendono il finanziamento degli investimenti supplementari cui si è accennato sopra e le perdite previste sulle garanzie di liquidità che gli Stati membri hanno fornito ai rispettivi settori produttivi. Lo scorso 27 maggio la Commissione ha presentato un pacchetto di risanamento che prevede un bilancio UE a lungo termine ‘ampliato’ per il periodo 2021-2027, nonché il nuovo strumento per stimolare la ripresa: l'UE della prossima generazione. L'UE raccoglierà i fondi necessari allargando temporaneamente l'importo massimo che può richiedere agli Stati membri per coprire i propri obblighi finanziari. Ciò consentirà alla Commissione di utilizzare il suo rating per contrarre prestiti per 750 miliardi di euro nei mercati finanziari. Questo finanziamento aggiuntivo sarà rimborsato nel lungo periodo mediante i futuri bilanci dell'UE, tra il 2028 e il 2058. La potenza di fuoco finanziaria totale del bilancio dell'UE raggiunge in questo modo 1,85 trilioni di euro, pari a circa il 13% del PIL dell'UE al 2019.

Da un punto di vista macroeconomico, questo pacchetto ha due caratteristiche desiderabili: la rilevanza ed il coordinamento dell'impulso di investimento, che ne rafforzano l’efficacia. Il pacchetto è fortemente orientato verso gli investimenti pubblici e con i tassi di interesse vicini allo zero, questo è un modo particolarmente efficace per stimolare la domanda aggregata. L’assegnazione del pacchetto garantisce, infine, che i fondi affluiranno agli Stati membri più bisognosi. Insomma, la ripresa economica post-Covid richiede uno sforzo concertato ed il pacchetto proposto dalla Commissione va in questa direzione.

Marco Boleo




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