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08/06/2020
La scuola italiana: il luogo dove regna la confusione
Ma forse il virus è l’ultimo alibi per coprire tutte le magagne

La scuola è, con la sanità, il lavoro e le infrastrutture, uno dei settori strategici per un Paese moderno, e da troppi anni i reiterati tagli di risorse hanno relegato questo mondo ai margini del nostro dibattito privandola dell’attenzione che merita. Le infrastrutture scolastiche sono sempre più carenti e la lista delle necessità - dalle norme antincendio a quelle legate ai terremoti - fa delle nostri classi un luogo spesso non sicuro... e di certo non a norma con le disposizioni vigenti.
Taglio dopo taglio oggi la situazione è confusa e tutto lascia pensare che “ripartire a settembre in sicurezza” non sia davvero possibile.

Quella che, impropriamente, viene chiamata Seconda Repubblica - nata dopo le oscure vicende di “mani pulite” - ha visto cambiare, dal 1993 ad oggi, 17 ministri della pubblica istruzione! Ogni ministro ha coltivato l’ambizione di “scrivere” la grande riforma della scuola italiana e, nel loro piccolo segreto, tutti si sono sentiti “il Gentile” dei nostri tempi.

Per ricordare, col governo Amato dal 1992, il ministro è la Jervolino, poi D’Onofrio, Lombardi, Berlinguer, De Mauro, Fioroni, Moratti, Mussi, Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini, Fedeli, Bussetti, Fioramonti, Conte, Azzolina. Alcuni di questi hanno assunto anche il ministero dell’Università, creato nel giugno 2001 e talora invece, come oggi, questo è assegnato ad un altro ministro. Quello in carica, Manfredi, sembra ricercato dalla trasmissione Rai “Chi l’ha visto”!
Ieri, con l’approvazione del decreto si è cercato di dare corso ad una nuova fase che probabilmente sarà ricordata per i gabbiotti o le campane di vetro...

Nella scuola italiana, da tempo, regna la confusione: il metodo per la ricerca degli insegnanti è sempre più una burla ed i concorsi, di fatto, ormai servono solo per “normalizzare” - magari dopo dieci anni durante i quali questi hanno insegnato e valutato - il precariato. Gaetano Salvemini parlava di questo già 70 anni fa... Di sanatoria in sanatoria emerge il grande silenzio degli insegnanti che vedono trasformare alcuni dei loro sindacati in una corporazione “pro-precari”, mentre manca nel nostro Paese una loro voce libera che si proietti nel cuore del valore strategico della formazione e che si liberi dalle cervellotiche miserie del quotidiano, ormai sopraffatto dalla burocrazia e dai suoi rituali.

Il Covid 19 ha dato il colpo di grazia: la supplenza da remoto è stata utile ma non costituisce la “prospettiva”. Chi lo avesse pensato e teorizzato - molti lo proponevano anche guardando ad esperienze molto lontane (Australia) - deve capire come la scuola sia un plus che va oltre l’istruzione curricolare.

Dal punto di vista dei docenti i ministri cercano di essere ben accolti dichiarando che gli stipendi sono troppo bassi, ma poi non riconoscono alla funzione del docente quel che il merito dovrebbe accordare.

Ma la didattica delle competenze in vero viene per ultima: prima si vede la scuola come indispensabile parcheggio per i ragazzi, l’autonomia ha finito col far lievitare la burocrazia, il Ministero centrale, da anni, annaspa e governa con circolari o con la politica dell’annuncio. L’Azzolina pure ha fatto, a marzo, dell’annuncio il mezzo per apparire: “tutti ammessi, tutti promossi”... poi retromarcia... caos. Quanto deve gratificare l’apparire in TV! Parole, parole, parole…

La scuola che vuole valutare non sa valutare se stessa e quindi l’essere tutti uguali ha contribuito a rendere gli insegnanti degli “esclusi” dal vero ruolo docente: i più sensibili oggi sono degli assistenti sociali su cui si arena ogni problema portato in classe dai ragazzi.

La riforma Azzolina, che cerca di “chiudere l’anno scolastico per ripartire in sicurezza”, al di là degli aspetti formali legati alla modalità degli esami e di alcune procedure per l’edilizia, interviene nella parte didattica per “ritornare” al giudizio al posto del voto nella scuola primaria e niente concede alle scuole paritarie e cattoliche. A riguardo del concorso, poi, finalmente sappiamo che non sarà per crocetta così come si fa col test per la patente di guida.

Come tutti i predecessori anche l’Azzolina vuole fare un tavolo per fare chiarezza sul percorso per diventare insegnanti. Intanto ancora una volta lei, e certi sindacati, non parlano di merito né di ciò che la scuola dovrebbe alimentare per promuovere la formazione del nuovo cittadino e della futura classe dirigente.

Però si entrerà in classe scaglionati! Sempre per tutelare la sicurezza: in alcuni licei, con oltre dieci sezioni, l’ingresso e l’uscita costituiranno un nuovo spettacolo degno di un circo: avanti si accomodino... c’è posto! Poi si riduce l’ora di lezione a 40 minuti...

La visione del senso del futuro non c’è neppure a viale Trastevere e se gabbiotto dovrà essere pensate che ne serviranno dieci milioni... e pensate a come sarà possibile avere classi idonee a settembre... Siamo in un Paese che in tre mesi non è riuscito a garantire l’approvvigionamento delle mascherine per tutti.

Chi sostiene questa grande novità forse è stato in classe solo da bambino. Dalla task force fino all’ultimo sindaco, oggi, un esercito di persone decide per altri senza conoscere veramente il contenuto di ciò che la scuola rappresenta.

Ma forse il virus è l’ultimo alibi per coprire tutte le magagne... il fine della scuola dell’Azzolina non sarà più “conoscere ed apprendere”, ma “difendersi dall’ipotesi di contagio” da parte degli altri, docenti compresi!

Piergiorgio Sciacqua
 




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