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05/06/2020
L’economia ai tempi del covid-19: lavoratori ed imprese
in seguito al Covid shock nulla tornerà come prima

Le cose stanno cambiando così repentinamente col Covid-19 che nemmeno il futuro sarà più quello pronosticato qualche mese addietro, o così almeno sembra da tutte le ricerche e le previsioni che gli analisti stanno sfornando sul mondo post-Covid. La pandemia in corso sta mutando insomma il funzionamento dei sistemi economici ed in particolare quello del settore produttivo: nel quale i cambiamenti stanno investendo la localizzazione delle imprese e l’utilizzo della forza lavoro. L’incertezza nell'economia mondiale, sulla scia della crisi globale, infatti, sta portando molte imprese a riconsiderare i loro modelli di affari. Di conseguenza un numero crescente di loro piuttosto che fare affidamento sulle catene del valore globali, sta investendo in robot e riportando la produzione nel Paese di origine. Le imprese sono arrivate a questa scelta: comparando i risparmi sui costi derivanti dalle catene del valore globali, i differenziali tra i salari corrisposti nei Paesi in cui avevano delocalizzato e quelli nel Paese di origine ed i risparmi derivanti dall'utilizzo di robot in sostituzione dei lavoratori nei processi produttivi.

Riguardo all’utilizzo della forza lavoro, invece, quattro cambiamenti stanno interessando il mercato del lavoro: 1) Un numero considerevole di persone ha perso il lavoro. Negli Stati Uniti la cifra sfiora i 40 milioni. In Europa, invece, ci sono stati meno licenziamenti ma nel contempo milioni di persone sono state allontanate dai loro normali rapporti di lavoro e ci vorranno alcuni trimestri perché la maggior parte di loro torni nel luogo fisico di lavoro; 2) Una cospicua fetta di lavoratori negli Usa ed in Europa ha imparato a lavorare in remoto: secondo alcune stime, una percentuale che va dal 40 al 70%. Le imprese per rendere tutto questo possibile, in particolare nel settore terziario, stanno investendo in trasformazioni digitali: hardware e connessione in rete. I lavoratori da parte loro stanno imparando ad utilizzare software collaborativi, ad accedere a database remoti ed a partecipare a riunioni virtuali (coi manager chiamati a gestire i team virtuali). Queste trasformazioni pertanto stanno rendendo più praticabile il telelavoro sia a livello nazionale che internazionale. Ma ora che il telelavoro sta divenendo realtà per una parte consistente della forza lavoro, le imprese saranno incentivate ad assumere i lavoratori in remoto, a parità di qualifica, nei Paesi dove le remunerazioni sono più basse; 3) Gli spazi negli uffici degli Usa e dell’Europa stanno diventando più costosi a causa del distanziamento sociale e di altri provvedimenti anti-contagio. Questo naturalmente non durerà per sempre, ma è probabile che si verificherà durante gran parte della fase di recupero; 4) I bilanci delle imprese e dei Governi sono già stati duramente colpiti dal Covid shock e sono finiti in campo negativo. Questo sta mettendo sotto pressione le imprese inducendole a ridurre i costi nel breve e medio termine: in proposito l’utilizzo dei cosiddetti telemigranti (lavoratori che emigrano solo la loro capacità professionale) e dei robot, ricordato in precedenza, sarà un modo per consentire loro di ridurre le spese.

Alla luce di questi quattro cambiamenti in atto cerchiamo di immaginare il panorama occupazionale post-Covid. Man mano che il mondo ritornerà alla normalità, i datori di lavoro pubblici e privati saranno chiamati a scegliere le tipologie di lavoratori di cui avranno bisogno e le modalità con le quali li impiegheranno. Mentre alcuni potrebbero decidere di tornare a fare produzione alla vecchia maniera altri potranno o cambiare settore produttivo o ridurre le maestranze presenti in azienda.  La distribuzione delle quantità dipenderà pertanto da quante tipologie di lavoro possono essere eseguite in remoto e da quali non possono essere eseguite dai robot e dai telemigranti. Una cosa è certa: gli umani ed i robot non sono perfetti sostituti. Noi umani, infatti, abbiamo delle peculiarità rispetto ai robot: la capacità di giudizio, l'empatia, l'intuizione, la creatività, l'etica, la curiosità e la comprensione delle interazioni complesse, che non possono essere sostituite dall’intelligenza artificiale. Gli psicologi chiamano tutto ciò "cognizione sociale" e nei robot anche tra quelli più sofisticati risulta carente. Per quanto riguarda, invece, i telemigranti questi non potranno essere chiamati a svolgere mansioni che richiedono conoscenze approfondite degli usi e dei costumi del Paese nel quale opera l’impresa che li richiede.

Finora la maggior parte dei lavori nel settore dei servizi era rimasta protetta dalla globalizzazione e dall’intelligenza artificiale per il fatto che le interazioni faccia a faccia erano importanti ed i computer non erano in grado di pensare. Ma col passare del tempo tutto è cambiato con i progressi della tecnologia digitale. Le imprese ed i lavoratori, infatti, sulla spinta del Covid-19 hanno accelerato i processi di trasformazione digitale ed i lavoratori di una nazione sono entrati in competizione con l’intelligenza artificiale e con i telemigranti. Quello che accadrà nel mercato del lavoro lo sapremo con precisione nei prossimi anni. Una certezza però per ora è acquisita. In seguito al Covid shock nulla tornerà come prima.

Marco Boleo




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