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15/05/2020
UE: tornare alle origini dei Padri fondatori
nell’anniversario del 70° del “Discorso dell’orologio”

Perfino il Sito dell’Unione Europea ha ritenuto di celebrare con particolare impegno l’anniversario del 70° del “Discorso dell’orologio" (9 maggio 1950). Certo, una situazione assolutamente anomala, quella presente: iniziative in tutta Europa congelate o rinviate, viaggi di istruzione compresi; scuole chiuse, quindi l’argomento può essere affrontato solo in via telematica. Ma, con tutto questo, e forse proprio per questo, una bella occasione per riflettere seriamente su quell’avvenimento epocale, sul retroterra che l’ha reso possibile, sulla proposta, e sul fatto che, fino almeno al 1992, il “Discorso” è stato la base (sufficiente) di tutto ciò che si è riuscito a fare per una “nuova” Europa.

E’ stato ricordato anche in questi giorni che Schuman, De Gasperi, Adenauer, erano cattoolici, tutti parte della “Resistenza” più autentica, quella “alla T. Moro”, secondo coscienza; tutti e tre venivano da lunga esperienza “politica”, tutti avevano straordinaria preparazione culturale. La proposta comunitaria fu l’estensione della teoria e pratica cooperativa, fino a quel momento locale, regionale, al massimo nazionale, in una dimensione inter-nazionale capace di funzionare altrettanto bene a quel livello. I decenni seguenti non fecero che confermarlo.

Ma sarebbe incompleto il quadro pure già così ricco, se non si tenesse conto che i Padri fondatori avevano imparato dalla storia; una eccezione alla regola nota: “La storia è maestra, peccato non abbia discepoli”. E la storia indicava che solo nel mutuo riconoscimento del valore delle nazioni - storia, spiritualità, cultura - si sarebbero evitati i conflitti e le guerre. Chi ha studiato con attenzione la storia europea sa che essa è stata segnata dalla volontà, ora di uno, ora dell’altro contendente, di imporre la propria (sola) nazione. La proposta comunitaria poneva tutto sullo stesso piano, con uguale valore; il piccolo Lussemburgo, il piccolo Belgio, come la grande Francia o (tanto più oggi) la grande Germania.

Avrebbero potuto realizzare il sistema comunitario, i padri, senza i fattori indicati? Non ho dubbi che no. Schuman, sulla base della indicazione di Monnet, puntò, per superare il retaggio dei conflitti mondiali, sul lavoro e sul metterne insieme le risorse e i frutti, e giocò la carta vincente. Fu una scelta profondamente politica, direi quasi evangelica: cambiare se stessi, per cambiare il mondo. Grandi padri per un grande progetto.

Non è un caso che se ne parli poco e malvolentieri, specie da quando, con il cambiamento del ’92, l’attenzione si è spostata in tutt’altre direzioni ed è venuta a mancare della solidità di fondo. Il caso della Grecia (e non solo) è stato significativo: unica attenzione, quella finanziaria. Dobbiamo tornare quindi alle origini, e di qui recuperare le giuste prospettive.

Giampaolo Venturi
 




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