PRIMO PIANO
07/05/2020
Il sistema-Italia: caduta, ripresa e incognite
le misure finora adottate possono trovare una giustificazione nell’ottica del breve periodo, ma nel medio e lungo periodo si dovrà cambiare rotta

Nei giorni scorsi l’Istat, con la pubblicazione dei dati del primo trimestre 2020 (gennaio-marzo), ci ha fornito una misura reale di quello che sta succedendo al Pil dell’Italia. Finora ci eravamo accontentati solo di alcune previsioni. Tre dati ci aiutano a capire l’entità del corona-shock: 1) -4,7% (rispetto al trimestre precedente); 2) -4,8% (rispetto al primo trimestre del 2019); 3) -4,9% (la variazione già acquisita per l’anno in corso). Senza dimenticare, tuttavia, che questo quadro è frutto di due mesi (gennaio e febbraio) nei quali la dinamica economica italiana, non risentendo ancora del corona shock ma solo della guerra commerciale Usa-Cina, era ancora vivace, e che solo nel mese di marzo - in seguito alle misure di isolamento - si è avuto un parziale arresto della produzione.

Da queste analisi si può dedurre che, se nella seconda metà dell’anno non ci sarà una rapida ripresa (scenario a V), il quadro macroeconomico dell’Italia sarà peggiore di quello fornito dalle stime finora circolate. Per contrastare questo nefasto scenario bisognerà cercare di far ripartire quei settori produttivi ancora bloccati (con circa sette milioni di lavoratori) ed utilizzare risorse finanziare per garantire il galleggiamento del sistema-Italia per evitare che si incagli. Bisognerà garantire redditi di sussistenza alle persone che non stanno guadagnando, sostegni finanziari alle imprese, garanzie pubbliche sui debiti privati e trasferimenti agli enti locali. Il problema è che tutte queste risorse necessarie saranno ottenute a debito: non interessa chi saranno i creditori, famiglie o UE, BEI, FMI. Sulle spalle dei contribuenti graverà, alla fine dell’epidemia, un pesante fardello fiscale.

Quello che preoccupa è l’intenzione del Governo giallo-rosso di nazionalizzare qualche centinaio o migliaio di aziende sparse per l’Italia. Il problema è che già il 70% del nostro Pil passa per le mani dello Stato e che la nostra posizione fiscale (fiscal stance) è deteriorata in partenza, per una serie di ragioni. Per contrastare l’emergenza, l’Italia sta per spendere 75 miliardi ottenuti in deficit, mentre la Germania ne spenderà poco più del doppio (156 miliardi). Da più parti - forze di opposizione, opinione pubblica e forze sociali - si chiede a gran voce al Governo di ‘fare come la Germania’. Ma nessuno ricorda che se la Germania oggi può mettere in campo così tante risorse è perché da quando è uscita dalla precedente recessione ha ridotto il debito pubblico di ben 21,3 punti percentuali rispetto al Pil. L’Italia, invece, sempre alle prese con politiche fiscali pro-cicliche (utili per creare consenso), lo ha ridotto di 0,7 punti percentuali. Nel nostro Paese al grido basta austerità non si è stati capaci di praticare politiche fiscali anti-cicliche quando l’economia cresceva, e che oggi avrebbero consentito di avere una posizione fiscale più favorevole per contrastare gli effetti economici negativi derivanti dalle misure anti-contagio.

Lo stesso John Maynard Keynes, che in molti riscoprono in situazioni di crisi economica, dopo la pubblicazione della ‘Teoria Generale’ ebbe a dire che “l'espansione, non la recessione, è il momento giusto per l'austerità al Tesoro”. In situazioni di emergenza, quale quella che stiamo vivendo, è cosa buona e giusta avere un maggiore intervento dello Stato, ma bisogna sempre tenere presente che si tratta di un intervento sussidiario, che non deve diventare permanente. In conclusione, le misure finora adottate dall’Italia possono trovare una giustificazione nell’ottica del breve periodo, ma nel medio e lungo periodo si dovrà cambiare rotta.

Marco Boleo
 




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet