Questa terribile pandemia quando sarà finita, ed ancora non lo è, lascerà in eredità tante domande e poche certezze per il futuro, ma con la forza e la determinazione a ricostruire dalle fondamenta lo Stato, con diritti inalienabili a partire dalla sanità pubblica e con efficienti politiche di prevenzione sui territori.
Il pianeta che vogliamo e che speriamo (ambiente, lavoro, futuro, tutto è connesso) - riprendendo le linee di preparazione per la 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Taranto - 2021) - è la prima riflessione che va aperta ed aggiornata. Un metodo innanzitutto per unire il prima ed il dopo, con uno “spartiacque”, fin dalle analisi e dalle proposte praticabili, per evitare che questa emergenza sanitaria si trasformi in una bomba ad orologeria, sia economica che sociale.
Questo perché non è vero che la crisi tocca tutti allo stesso modo, sia nei Paesi che nei vari settori ed in ultimo sui singoli cittadini. Per questo non ci potremo cullare a lungo nell’adagio “mal comune mezzo gaudio”, perché la ripresa sarà a più velocità, premiando prima i “Sistemi” più razionali ed efficienti, guidati da piani programmati e non improvvisati. In tal senso l’azione lenta ed ondivaga del Premier Conte non aiuta, ed ha dovuto incassare la stessa reprimenda di interi comparti produttivi e della stessa CEI, che gli ha ricordato come il diritto di culto vada garantito a tutte le comunità cristiane, duramente isolate da questa quarantena.
Quello che appare chiaro è che dovremo convivere, nei prossimi mesi, con un Covid-19 pernicioso, che dopo l’emergenza sanitaria lascerà un mondo della produzione e del lavoro da ricostruire come nel dopoguerra. E’ qui il fronte più caldo per assicurare un lavoro vero, dignitoso e sicuro, con la necessaria formazione per ricrearlo, riconvertendo altresì i vari processi di produzione. Il sostegno pubblico, a livello europeo e nazionale, resta decisivo per garantire risorse adeguate, ma in primis assicurando da subito la necessaria liquidità a famiglie ed aziende, che purtroppo è restata teorica in queste settimane di soli annunci.
Ed allora le 5 piste di lavoro, già ricordate come basi programmatiche del mondo cattolico vanno sviluppate e diversificate rispetto alle stesse aree avanzate e quelle più depresse del Paese, come le zone interne dell’Appennino non solo del nostro Mezzogiorno. In particolare con la “ricerca e rilettura di buone pratiche nel campo della sostenibilità dell’economia e della finanza circolari e delle soluzioni creative nella prospettiva dell’ecologia integrale”. Da qui le “Nuove Visioni di Futuro”, da rilanciare attraverso il lavoro delle nuove generazioni, riprendendo l’intuizione dell’“Economy of Francesco”, in cui il Papa ha sollecitato tanti economisti ed imprenditori mondiali a dare una nuova “anima” all’economia globale, contro lo sfruttamento delle risorse naturali ed umane; un’intuizione, oggi, quasi profetica dopo questo flagello del coronavirus.
La parola d’ordine è comunque governare tale rivoluzione, mitigandone i rischi e cogliendone appieno tutte le opportunità di crescita e di sviluppo. Oramai è valutazione comune, in molti Paesi europei, di salvaguardare i vari asset strategici dell’economia, coniugandoli con una nuova capitalizzazione ed investimenti pubblici, ma anche privati, a partire dalla realizzazione delle necessarie opere pubbliche, che rendano finalmente l’Italia un Paese realmente avanzato e competitivo. Un lavoro agile ed intelligente, che da opzione diventa ora obbligato, a partire da una P.A. troppo lenta e farraginosa, che pure dichiara di utilizzarlo, ma con quali risultati, a partire dall’Inps? Da uno studio del “Great Place To Work Italia”, il settore privato sembra fin qui quello più virtuoso nell’utilizzo di queste nuove modalità a distanza, anche con la galassia dei collaboratori e fornitori, collegati alle varie filiere produttive e dei servizi.
Le regole del mercato sono spesso brutali e non aspettano chi arranca nella competizione globale. In un’altra recente indagine dell’AIDP, tra le priorità degli uffici del Personale ora è presente il binomio “Salute e Formazione”, con il c.d. “Stress Test”, relativo all’emergenza sanitaria, divenuto obbligatorio per riconvertire tutti i processi produttivi, con i criteri guida del distanziamento, nonché dei turni e dei controlli, con tutti i dispositivi sanitari appropriati. Oggi queste sono tutte precondizioni obbligate, ora sottoscritte con la necessaria concertazione tra il Governo Conte e le forze sociali, in due step successivi, per garantire la sicurezza sul lavoro e per preparare tutti i settori produttivi a ripartire, pur se in modalità cadenzata e modulata sui vari territori.
In particolare la filiera agroalimentare ridiventa centrale nelle strategie del nostro sistema economico, più che nel passato, per garantire la continua autonomia ed autosufficienza dei rifornimenti di cibo. In realtà il mondo agricolo non va più descritto nella sua dimensione bucolica, come fanno alcune sue OO.SS. storiche, ma è sempre più legato all’innovazione tecnologica e di produzione delle eccellenze del nostro “Made in Italy”, conosciute in tutto il mondo, il cui brand va tutelato e rafforzato. Così vanno citati qui esempi virtuosi di aziende di trasformazione come il gruppo Mutti, che ha incrementato del 25% i benefit per i suoi dipendenti, come peraltro fatto anche da altre aziende come la Molisana o multinazionali quali la Nestlè e la Ferrero. Queste filiere hanno potuto raggiungere tali performance perché tutto il mondo agricolo ha risposto in maniera responsabile e coordinato, continuando ad assicurare fin qui le fondamentali materie prime. Ora in vista della nuova campagna, con l’alta incidenza della mano d’opera stagionale, con la sua rilevante componente straniera, il governo deve assicurare i necessari “corridoi di transito” in sicurezza dalla pandemia, per garantire i nostri raccolti. Un problema aperto, che va risolto con tempestività assieme ad un pacchetto organico di misure assistenziali e di sussidio per tutti i lavoratori, che superi altresì la stessa confusione in atto, tra i vari strumenti in vigore.
La fase della sperimentazione dello stesso reddito di cittadinanza è finita e, per non apparire un mero sussidio assistenziale, va sviluppata con forza la ricerca del lavoro attraverso la necessaria formazione teorica e sul campo. In Abruzzo, come Feder.Agri, abbiamo già avanzato la proposta, che va raccogliendo nuove adesioni, circa il sostegno alla stessa agricoltura sociale, a favore dei soggetti svantaggiati, proprio assicurando loro una formazione mirata e tecnica, attingendo agli stessi elenchi dei beneficiari del R.d.C. Una modalità equa e concreta per far incontrare realmente domanda ed offerta di lavoro, in più facendo superare ai vari soggetti fragili ed esclusi dal mondo del lavoro, come i portatori di handicap, una dimensione d’isolamento e d’emarginazione, assicurando loro una formazione specifica per un lavoro dignitoso, perché questi nostri fratelli non sono “figli di un Dio minore”.
Sergio Venditti