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28/04/2020
Zingaretti e la “camicia di Nesso” del potere locale
un Segretario politico a metà, diviso tra la Regione Lazio e la politica nazionale

Il leaderismo personale di Conte che si consuma con l’uso prevaricante dei Dpcm, criticati aspramente anche da Sabino Cassese e che, di fatto, ha emarginato il Parlamento e rifiutato il contributo dell’opposizione, quantomeno nelle indicazioni ragionevoli, al quale lo aveva invitato Sergio Mattarella, è da ascrivere anche all’opaco ruolo del partito di Zingaretti. Un inadeguato ristagno politico che risalta per la drammaticità del momento e per l’inadeguatezza politica dei democrat nostrani. 

L’indolente e sempre sorridente Segretario del PD si muove con abilità sulla cresta dell’onda degli avvenimenti, cavalcandoli come su una tavola da surf. Fu l’intervista di Renzi a trascinarlo nell’accordo di fine estate con i 5 Stelle, così come finì per cedere ai penultimatum di Di Maio, compresa la conferma del premier uscente. Ha saputo con destrezza scivolar via dalle sconfitte regionali, salvo vantarsi della vittoria in Emilia Romagna da scrivere, però, alla sola capacità di Bonaccini, che aveva preteso nella campagna elettorale di oscurare simbolo e liturgia del partito e della sua attuale guida.

E’ un Segretario politico a metà, diviso tra la Regione Lazio e la politica nazionale. E’ vero che le sue presenze in Consiglio regionale si sono fatte giustamente assai rare; oltretutto da quando è iniziata la pandemia, l’assise regionale non si è neppure più riunita. Tuttavia, nonostante questa evidente trascuratezza, non mancano occasioni nelle quali il nostro non venga coinvolto in vicende non sempre esemplari. 

Sono malignamente girate sui social le immagini della sua esitante prestazione nell’interrogatorio sulle vicende delle cooperative di Buzzi, nelle quali mostrava un vuoto di memoria anche sulle decisioni della sua stessa giunta; poi le notizie sulla   denuncia all’Anticorruzione per nomine di direttori generali delle Asl ad agosto del 2019, così come le richieste di risarcimento per danno erariale da parte della Corte dei Conti per l’acquisto del grattacielo di Parnasi per mettervi la sede della Provincia quando ne era il Presidente ed infine, non potevano mancare inchieste e polemiche   per l’appalto delle mascherine affidate a società di debole fatturato, con i generosi anticipi per forniture non arrivate, con la copertura di fideiussioni sospette.

Bisogna dare atto che in molti casi Zingaretti può agevolmente dichiarare, come nell’ultimo caso, di risultare “parte lesa”, mentre da parte degli inquirenti non si arriva mai a far emergere responsabilità né in sede penale, né contabile. Ed in effetti il nostro appare senza dubbio confermarsi come una parte lesa. 

E di ciò se ne può dare atto, secondo, tuttavia, un ragionamento diverso.

E’ stato sempre rilevato che la politica non debba essere giudicata solo per gli aspetti relativi alle illegalità, ma anche e, diremmo soprattutto, per la idoneità ed i modi con i quali si esprime, la dignità, libertà ed il livello dell’impegno che viene svolto. Più è elevata in termini politici la responsabilità e più è necessario che si mostri la coerenza e l’adeguatezza al compito, alla propria missione che deve presentarsi priva di orpelli limitanti e coinvolgimenti periferici che riguardino magari la banalità del “male” delle irregolarità amministrative che possono imbrigliarne la forza e l’autorevolezza.

Ma ve lo immaginereste un Togliatti, un Longo, un Natta, un Berlinguer o un Tortorella o un D’Alema o anche un Occhetto ed un Fassino, che appaiono giganti a confronto con la condizione odierna, alle prese con delibere di nomina dei manager delle ASL o a dover rendere conto di appalti per forniture sanitarie o, intenti ad acquisire prestigiosi e costosi edifici impelagandosi tra fondi immobiliari provinciali e finanziatori di mutui per la costruzione della nuova sede? Oppure presenziare a fastidiosi interrogatori circa finanziamenti al partito o alle proprie campagne elettorali da parte di inquisiti, trattenuti nelle patrie galere? 

E’ questa soprattutto la “parte lesa” della politica e del prestigio del segretario di un partito che ha scritto pagine importanti e ha avuto leader che, nel bene o nel male, hanno contribuito a fare la storia d’Italia.

Zingaretti questo non l’ha capito. Ha pensato di fare due parti in commedia. Attratto dal fascino del potere locale amministrativo, non ha pensato che il ruolo di Segretario gli avrebbe dovuto imporre di porsi solo a questo livello. Magari mettendo una pietra sopra su qualche “pensiero cattivo” del passato. Sappiamo quale è la giustificazione, e cioè che l’impegno regionale lo radica, lo rende più attento ai problemi dei cittadini e quindi non ha ritenuto di lasciarlo. Tanta dedizione ci lascia tuttavia più perplessi che ammirati. 

Fu eletto solo grazie ad una divisione dell’elettorato di destra, nella quale, forse, ci mise una manina ed è per questo che, essendo minoranza in Consiglio, ha dovuto ricorrere anche lui a qualche voto di “responsabili”, i quali di questi tempi grami non mancano mai. E’ rimasto al suo posto, per rappresentare e difendere i cittadini del Lazio. Ha indossato consapevolmente una collaudata confezione della rinomata ditta Nesso.

Pietro Giubilo




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