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09/04/2020
Cresce in Italia un forte risentimento antieuropeista
abbandonare Italia, Spagna, Portogallo, dopo l'esperienza greca, alla fine porterĂ  alla sconfitta di tutti

Per la seconda volta, dopo la grande crisi migratoria nel Mediterraneo, l'UE non è stata pronta per rispondere alle conseguenze dell'emergenza sanitaria legata al “coronavirus".

Sebbene la signora Merckel abbia dichiarato recentemente che "questa è la più grande sfida dell'UE dalla sua costituzione" è proprio la Germania, con i suoi stretti Paesi satelliti, a guidare la schiera del "NO".

Nei primi giorni dell'emergenza, addirittura senza dirlo a voce alta, in quei Paesi si è pensato "ai soliti italiani" creativi ma incapaci di "saper gestire l'economia, il debito, la salute...”. Poi, con il crescere della pandemia si è vista la signora Von Der Leyen "chiedere scusa" ed è cominciata a "cambiare qualche piccola cosa"!

Oggi, nella lentezza della burocrazia - che vuole i suoi sacri tempi - l'Eurogruppo non riesce a trovare una soluzione - neppure una tantum - né tecnica né politica. L’empasse è la fotografia della realtà: una UE che non riesce mai a gestire insieme una emergenza!

La sublime arroganza del primo della classe - con tutte le sue giustificazioni, anche costituzionali - riemerge attraverso "un giudizio" di superiorità che rende, soprattutto dopo ciò che è stato fatto in Grecia, difficile il percorso futuro. Cresce in Italia un forte risentimento antieuropeista e questo è diffuso in tutti gli strati della popolazione: senza l'Italia non ci sarà più l'Unione Europea!

Così come oggi si presenta l'UE è quasi come non esistesse più: questo non perché non si trova il "compromesso" - che alla fine ci sarà - ma perché viene meno il legame solidario sul quale i Padri Fondatori avevano costruito le "basi" per lo sviluppo della Unione Europea all'indomani della grande catastrofe della guerra. Noi abbiamo sempre creduto, e fermamente, in questa visione e missione!

La pandemia non ce la siamo cercata! Essa non conosce frontiere, razze, religioni, essa ci chiede a tutti uno sforzo comune ed eccezionale.

Il Papa Francesco ha capito, forse come nessun altro, questa tragedia e le sue parole costituiscono l'indicazione che dovrebbe essere la guida per tutti i popoli, soprattutto per quelli che si richiamano ancora alla tradizione religiosa e culturale del cristianesimo.

Non mi accodo a quanti, anche in Germania - e tra questi l'ex cancelliere Schroder - sostengono che "è l'ora in cui la Germania deve restituire l'aiuto che ebbe" (nel dopoguerra!), ma credo che per continuare a "restare insieme" si debba davvero cambiare strada, unificare e costruire "più Europa".

E, per fare più Europa, ad esempio, è necessario armonizzare quanto più possibile il fisco cominciando a non permettere più all'Olanda di avere un regime fiscale, che nella sostanza è un "paradiso" speciale per le grandi multinazionali, anche italiane, che finiscono, attraverso quelle leggi, per non pagare le tasse nel proprio Paese. Queste norme arricchiscono le finanze olandesi ed anche l'arroganza espressa da molti suoi governanti.

Se davvero l'Europa è "una comunità di destini" le due emergenze recenti ne allontanano la percezione nella gente comune e rendono difficile anche la comprensione da parte di chi, come chi scrive, si è sempre battuto per "costruire", magari attraverso riforme coraggiose, una Unione più forte e più coesa.

Abbandonare Italia, Spagna, Portogallo, dopo l'esperienza greca, alla fine porterà alla sconfitta di tutti: oggi mantenere il lavoro è la premessa fondamentale... neppure la grande Germania, da sola, potrà vincere questa sfida globale.

Piergiorgio Sciacqua
 




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