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08/04/2020
Affinchè 'Il fuoco non si estingua'
dobbiamo iniziare già ora a ricostruire il nostro Paese e la casa comune europea, o il tempo trascorso e il lavoro di tutti sarà stato inutile

“Molto da abbattere, molto da costruire, molto da sistemare di nuovo; fate che l’opra non venga ritardata, che il tempo e il braccio non siano inutili”, questi versi del poeta T. S. Eliot ci mettono di fronte alle nostre responsabilità e disegnano il futuro che ci attende. C'è “molto da abbattere” perché stiamo vivendo in modo drammatico l’inadeguatezza di un mondo ripiegato su se stesso, incapace di guardare verso qualcosa di più grande, timoroso di cercare il senso di sé. Così si spiegano, oltre gli umani egoismi, i tanti tentennamenti della nostra amata casa europea che non riesce a trovare una politica comune: se non ci riesce adesso, mentre i popoli europei vengono dal COVID-19, a superare i riduzionismi ideologici di cui è vittima è facile pensare che non ci riuscirà mai. Così si spiegano gli ancor più grandi tentennamenti della politica italiana che, di fronte a questa sfida (improba per chiunque), continua a guardare la nostra Costituzione come a un feticcio e non per quell'insieme di principi, di valori, di criteri d'azione capaci di ispirare un intero popolo e capaci di aiutarlo ad uscire da una realtà fatta di sangue e di macerie come quella del dopoguerra. Senza questo sguardo le istituzioni, lo Stato in tutte le sue articolazioni, sono solo dei gravosi orpelli che nascondono il volto del Leviatano.

C’è “molto da costruire”, ma come? Serpeggia la tentazione di affidarsi all'uomo forte, alle istituzioni forti, c’è un non celato timore della libertà dell'essere umano e per questo si guarda e si esaltano modelli che invece di mettere al centro la persona e la sua libertà, esaltano lo Stato e il suo potere. È inquietante e grottesca la caccia all'untore che si trasforma in delazione e che, senza scomodare Manzoni o Orwell, ricorda il ruolo nei regimi totalitari dei tanto famigerati quanto immaginari sabotatori. Oggi ci troviamo di fronte alla scelta di come ricostruire il mondo stravolto dal COVID-19, una scelta umana che plasmerà le scelte politiche e sociali: la scelta se cedere al timore e alla miseria umana, oppure scommettere sulla persona, sulla sua libertà e sulla sua capacità di bene.

C’è “molto da sistemare di nuovo”, perché in questi giorni non abbiamo fatto esperienza solamente del male, ma pure delle cose belle e grandi che continuano ad essere la spina dorsale del nostro Paese e della nostra casa europea. Abbiamo visto le tante manifestazioni di solidarietà sia del nostro popolo che di quelli europei, la generosità dei fondi raccolti in un momento di grande incertezza sul futuro, la volontà di riconvertire aziende per rispondere ai problemi più urgenti, la capacità di costruire in poco tempo nuove strutture ospedaliere. Abbiamo visto il sacrifico quotidiano di quanti tutti i giorni curano i malati o rendono possibile, tramite il loro lavoro, che il nostro Paese vada avanti. Abbiamo visto le scuole di ogni ordine e grado che, dai nidi alle Università, attraverso la loro opera educativa, continuano a costruire il futuro del nostro Paese; allo stesso modo abbiamo visto le famiglie che si sono fatte carico di tutta questa nuova normalità, con le sue fatiche e sui dolori quotidiani, dimostrandosi il primo e più importante luogo del welfare. Abbiamo visto un tessuto associativo molto vivo e reattivo, che cerca di rispondere ai bisogni più disparati delle persone, che si reinventa in modi sempre nuovi in questa realtà di relazioni negate. È necessario, quindi, permettere a tutte queste forze di poter dispiegare il proprio potenziale, di poter essere protagoniste per una ricostruzione durevole del Paese.

“Fate che l’opra non venga ritardata, che il tempo e il braccio non siano inutili”, non si può rimandare, non si può tergiversare, non si può perdere tempo. Dobbiamo iniziare già ora a ricostruire il nostro Paese e la casa comune europea, o il tempo trascorso e il lavoro di tutti sarà stato inutile. Occorre disegnare una strategia condivisa, un futuro che non sia calato dall'altro tramite decreti o imposizioni, ma che sia scritto insieme. Sarebbe schizofrenico chiedere alle persone di limitare le proprie libertà per il bene comune e poi non mettere quelle persone e quel bene comune al centro della ricostruzione. C’è bisogno di lavorare insieme affinché, come continuano i versi di Eliot, “l’argilla sia tratta dalla cava, la sega tagli la pietra, nella fucina il fuoco non si estingua”.

Giovanni Gut
 




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