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14/02/2020
La recessione e il 'problema' della politica
A dicembre si è raffreddato anche il mercato del lavoro e poco ci rallegra notare che la situazione recessiva coinvolge tutti i principali paesi europei e anche gli Stati Uniti

Scripta manent. Quante volte il governo ha fatto gli scongiuri - e non diciamo di più - al solo sentir parlare di recessione. Ora che è sotto gli occhi di tutti, perché a certificarla sono i numeri, non si scappa. Ma la memoria è corta. I partiti si affannano a indicare vie d'uscita che non sono così immediate. Nell'impreparazione generale a rispondere all'emergenza, si parla d'altro... Eppure c'è chi l'aveva detto per tempo e non è stato ascoltato. Leggete cosa diceva Carlo Costalli nel gennaio del 2018, al XIII congresso nazionale del Mcl: «Il mondo cattolico, i movimenti come il MCL, con le loro reti possono intercettare i bisogni dei lavoratori, indirizzarli verso il lavoro che cambia. Dobbiamo ripartire da una responsabilità condivisa per mettere le persone nelle condizioni di affrontare il cambiamento, muoverci in anticipo per offrire opportunità formative e di educazione alle nuove tecnologie applicate ai sistemi produttivi, per tratteggiare percorsi di riqualificazione nei nuovi lavori. Insomma, identificare buone pratiche per consentire ai lavoratori di essere preparati e trarre vantaggio dai progressi scientifici e tecnologici, anziché subirli passivamente. In questi giorni sono arrivati due provvedimenti simbolo del Governo (quota 100 e reddito di cittadinanza) con il loro carico di forti attese e di altrettante grandi incognite. Il decreto segna certamente una svolta sociale nel Paese, ma restano non dissipate le incognite di “un grande azzardo”: senza misure di sviluppo, con lo spettro della recessione e con risultati incerti sul piano dell’occupazione, chi pagherà il conto? Ancora i giovani gravati da un nuovo più pesante fardello di debito?» Domande che stanno ricevendo, drammaticamente, una risposta. Che poteva essere evitata. Anche perché non è arrivato un solo allarme. Nel giugno del 2019 lo stesso Costalli dichiarava ad Avvenire che «nonostante sembra sia scongiurato il pericolo che il Paese precipiti in recessione conclamata, quella in cui ci troviamo è una situazione di stagnazione che comunque è altrettanto inquietante. Il dato reale è che
la crescita non c’è, e senza crescita non c’è nemmeno il lavoro». Ciò che abbiamo sotto gli occhi è una conferma di quelle paure e di quei moniti rimasti inascoltati.
Nel quarto trimestre del 2019 la produzione industriale in Italia è scesa in termini congiunturali dell’1,4%: prima volta dal 2014; dato peggiore dal 2012. Secondo lʼIstat i numeri sono negativi anche per la media annua del 2019, per cui si registra un -1,3%. Senza attardarci nelle analisi statistiche, è chiaro che tecnicamente stiamo attraversando una fase di “recessione”. L’ex ministro dell’Economia Pietro Carlo Padoan ha parlato di «un quadro globale difficile, con continue minacce di conflitti commerciali che restano elementi di forte incertezza». Il virus cinese è solo uno dei fattori incombenti: la crisi è di più lunga gestazione ed esplode in queste ore, con un inevitabile riverbero sulla situazione occupazionale, che in questi anni non ha mai dimostrato una nuova vitalità, con buona pace dei vari governi che hanno asserito di aver dato una prospettiva alle giovani generazioni mentre hanno saputo soltanto tamponarne il malcontento con "mancette" prive di ogni reale effetto economico.
Il peggio deve ancora venire. A dicembre si è raffreddato anche il mercato del lavoro e poco ci rallegra notare che la situazione recessiva coinvolge tutti i principali paesi europei e anche gli Stati Uniti. Non ci rallegra perché non è un mistero per nessuno che l'Italia è prima a rallentare e ultima a ripartire. In questo scenario, certe dichiarazioni, come quelle recenti di Innocenzo Cipolletta, secondo il quale il reddito di cittadinanza rientrerebbe tra «gli strumenti per contrastare emergenze domestiche e globali», lasciano basiti perché alimentano la credenza popolare di uno stellone inossidabile. Investimenti che abbattano il costo della produzione e formino nuove generazioni di lavoratori, al contrario, sono la via non solo obbligata ma "unica" per uscire da questo stallo. Ma la politica, ancora in queste ore, sembra appassionarsi piuttosto a questioni di primazia mediatica, forse per esorcizzare un dramma cui non era preparata e che non sa affrontare. Ma così facendo è inevitabile che si scolli ulteriormente dai sentimenti e dagli interessi del Paese.

Stefano Giordano




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