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20/01/2020
La giusta via degli enti locali
Occorre, una volta per tutte, andare oltre le campagne di guerra e di criminalizzazione dell’avversario politico.

La realtà alla lunga si impone sempre. Assistiamo da un po’ di tempo ad una surreale rivisitazione della “prima repubblica”, nel senso che molti personaggi che, anche emblematicamente,  l’hanno rappresentata negli ultimi tempi  e che furono oggetto di una “dannazione” giuridico-politica, sono oggi in via di ampia riabilitazione. A parte i riferimenti alla capacità ed alla esperienza di governo, emerge sempre di più la tesi che, con la scomparsa della “Repubblica dei partiti”, sia stata cancellata la rappresentanza; in altre parole i cittadini hanno perduto i punti di riferimento che davano  partecipazione e stabilità alle istituzioni e , di conseguenza,  senso   alla politica. Si possono citare gli esempi del riesame verso Craxi e Andreotti, anche da parte di  chi, a suo tempo,  si accanì contro.

Una riflessione sulla politica, tuttavia,  non  può solo soffermarsi su questa rivisitazione di cronaca e di storia. Se il cinema arriva ad interessarsene,  la questione resta al livello dello “spettacolo”, ove, invece, occorre  riscoprire i veri termini  che non possono riguardare  una ipocrita “riabilitazione”, ma la necessità di  indicare le vie per ritrovare la funzione vera  sulla quale si misura la politica, cioè la rappresentanza.

Occorre, una volta per tutte, andare oltre le campagne di guerra e di criminalizzazione dell’avversario politico, i plotoni di esecuzione mediatici, il verbo giustizialista,  la consegna della politica a fronti contrapposti. In buona sostanza: oltre  un post ideologico ancor  più conflittuale e cruento.   Come, invece, in gran parte   è avvenuto dal 1993 in poi.

C’è uno spazio per operare.  Apparentemente minoritaria ed emarginata è presente, infatti,   una cultura   politica attenta al reale, cioè all’idea che essa ha come fine  la persona e   il bene comune, la crescita delle opportunità di chi è svantaggiato, la piena espressione dei corpi intermedi, il far parte delle istituzioni.

Il popolarismo che, storicamente, ha costruito in Italia   il primo esempio del  superamento della politica ideologica, sin dall’inizio aveva  inteso la forma partito come scuola di rappresentanza che non si imponeva alla società, ma la riconosceva e ne affermava i caratteri originari e fecondi.  Certo la gestione del potere, negli anni del declino, ne   aveva   intaccato l’essenza originaria, ma ciò non toglie che, per colmare il grave deficit democratico che si è creato, occorra ripartire  da quella  visione della politica.

Da quale terreno fecondo riprendere il discorso?  La risposta è facile, proprio da dove era partito il popolarismo, cioè dalle comunità locali,  dalle periferie della società dove, a volte, vengono emarginate capacità e disponibilità, dai ceti dinamici che creano le condizioni per lo sviluppo e l’ascesa sociale, dalle  energie libere e forti.

Il Movimento Cristiano Lavoratori, negli anni difficili delle violenti eresie della politica,  è rimasto al suo posto, per servire chi aveva bisogno, per formare i giovani, per dimostrare l’attualità  dei riferimenti dottrinali essenziali, per  aiutare ciò che poteva riferirsi ad un quadro europeo di forze politiche che mantenevano valori e programmi sotto le insegne del popolarismo.

Non sono le “piazze”,  frutto di uno spontaneismo sospetto, sollecitate da opposte influenze politiche ,  che possono indicare la via ricostruttiva.

Il MCL, con paziente ostinazione,  rivolge l’attenzione e sente  l’obbligo di  un impegno verso quei luoghi della politica dove il cittadino ancora sceglie programmi e uomini, dove il fermento civico è naturale e non espressione camuffata di forze politiche, dove ci si conosce non solo attraverso lo schermo televisivo o il  gioco  dei social, dove avviene  il primo passo dei giovani nel campo dell’impegno civico e della responsabilità politica, dove ai corpi intermedi si guarda per coglierne i fermenti e difenderne il ruolo.

Il convegno sugli Enti locali  che il MCL ha organizzato per la fine di febbraio, in continuità con un suo tradizionale impegno,  si rivolge a questo patrimonio culturale, civile e politico.  

Perché negli enti locali, cioè nei comuni piccoli e medi, nelle municipalità delle grandi città, nei borghi,  la rappresentanza non è solo una parola, ma una  realtà. Occorre dar voce a questa Italia reale,  ferita dalla difficoltà economiche; impoverita dalla riduzione degli investimenti; vessata dai meccanismi burocratici frutto di una legislazione inadeguata; dissanguata dalla denatalità.  Esposta alle instabilità sociali di fenomeni non governati  come l’immigrazione e al diffondersi delle nuove organizzazioni criminali. Eppure viva e ostinatamente legata alle sue identità e ai suoi valori.

Lì, in questo fertile terreno,  troviamo nuclei civici, persone, associazionismo, espressioni  di un’Italia   che può indicare la giusta via per  sanare una democrazia malata, prima che sia troppo tardi.

Pietro Giubilo

 

 




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