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24/12/2019
L'occasione perduta dalle sardine
In Italia c'รจ un grande bisogno di intermediazione, anche politica
Il movimento delle sardine rappresenta forse la più colossale occasione persa dalla società italiana di avviare un nuovo ciclo politico. La degradazione repentina da movimento d'opinione a movimento politico e infine a fazione politica lascia l'amaro in bocca. Noi non siamo tra quelli che, dovendo difendere il cadreghino nelle Regioni del Nord e aspirando a poltrone più pesanti in sede nazionale, abbiamo pre-giudicato le sardine. Vediamo perché e vediamo com'è andata a finire.
Attraverso un rapido flash back: la sera del 14 novembre, quattordicimila persone si riuniscono in Piazza Maggiore a Bologna, per un flash mob contro Salvini che subito diventa un appello nazionale a riportare la politica nelle piazze reali, sfilandola a quelle virtuali. Idea convincente. A sinistra come a destra. Da entrambe le parti ci si sente ostaggi di ondate d'odio, fomentate da chi ha interessi da difendere e se ne frega del bene comune. Il movimento delle sardine è guidato da giovani progressisti e ciò non rappresenta un problema. Anche la loro genealogia prodiana appare, in quel momento, secondaria rispetto a un'idea che può avere un seguito al di là di chi la propone. La politica italiana, sottoposta alla cura internet, si è impoverita, diventando un ripetitoio di slogan che non hanno più alcuna attinenza con le politiche: si urla ma non si spiega cosa si farà per il debito pubblico, l'occupazione, la sanità... Si urla più forte del predecessore e meno del successore, in un perverso circuito vizioso che premia i violenti e l'avanspettacolo, lasciando il Paese sguarnito di fronte agli assalti dei competitor internazionali. Mentre le campagne Facebook disegnano un Paese salviniano o antisalviniano, se ne va l'Ilva, affonda Alitalia, la legge di bilancio traballa...
Fino a Novembre, le sardine colgono dunque nel segno: il Paese non ne può più di parole, declinate ora in insulti ora in promesse, e poiché ha individuato nella rete non lo strumento attraverso cui si propagano ma il soggetto che le propaga (la politica di Facebook, contrapposta alla politica delle aule parlamentari) e poiché esiste una maggioranza silenziosa che non appoggia questo soggetto, le sardine mietono successi trasversali. Finché non inciampano nei loro jeans. Avviene non tanto quando il movimento si diffonde a macchia d'olio nelle piazze italiane, ma quando utilizza i media per diffondersi: le sardine, cioè, non si limitano a fare fronte alla macchina del fango di Salvini, ma diventano loro stessi un soggetto politico virtuale, un ospite delle trasmissioni tv, un punto di riferimento nei social, un soggetto politico di parte: la contrapposizione alla Lega non è più soltanto una conseguenza della contestazione di un certo modo di fare politica, ma diventa la finalità del movimento, perseguita con sistematicità e con un atteggiamento sempre più collaterale al Pd e al centrosinistra. Logico? Sarà. Inevitabile? No. Talmente poco inevitabile che in poche settimane, da Modena in poi, la propaganda leghista ha buon gioco a descrivere il movimento come una costola del Pd, terrorizzato di perdere l'Emilia Romagna alle elezioni di gennaio. La manifestazione di Roma chiude il cerchio politico: voluta o meno, l'apologia delle migrazioni si salda con la questione palestinese, incasellando le sardine in un preciso percorso politico della sinistra che prosegue da almeno cinquant'anni uguale a se stesso.
A questo punto, dobbiamo chiederci cosa avrebbero potuto fare di diverso. Molto. In Italia c'è un grande bisogno di intermediazione, anche politica. C'è un grande bisogno che la popolazione si riappropri delle piazze reali e riscopra il gusto della partecipazione e del dibattito, che è cosa diversa dal post e dai like. C'è un gran bisogno di cultura politica e i giovani dovrebbero essere protagonisti nella risposta a questa domanda sociale. Le sardine, nei fatti, sono finite nella padella di Salvini, seguendolo sulla stessa strada della disintermediazione, fatta di slogan, spettacolo e invettiva. Hanno colpito nel segno, ma il proiettile è rimbalzato addosso a loro. Oggi, come i girotondi, sono un movimento collaterale al Pd, che per sopravvivere dovrà diventarne organico. Avrebbero potuto essere il lievito della società italiana ed occidentale che si risveglia dall'ubriacatura dei social e si riappropria del proprio destino. Occasione perduta. Buon anno. Purché sia nuovo.
Stefano Giordano
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