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09/12/2019
L'idea di un “centrodestra largo in Europa”
Solo nel segno della libertà, in ciò seguendo la miglior tradizione del centrodestra italiano, infatti, può nascere un rapporto tra forze diverse che valorizzino la dimensione comunitaria (e non dirigista) dell'ideale europeista

Le questioni politiche rilevanti hanno spesso una natura carsica. Viaggiano, cioè, sottotraccia. Una sguardo superficiale o schiacciato sulla contingenza può far credere che appaiono e scompaiono con una caotica intermittenza, in realtà continuano ad essere e condizionare al di là di là dell'episodico avere (o non) rilievo mediatico. Tra queste, sicuramente, la necessità di una “maturazione” (non è casuale l'evocazione del termine impiegato dal cardinale Camillo Ruini rispetto a Matteo Salvini) di un centrodestra italiano capace, anche nelle sue forze più “di rottura”, un rapporto costruttivo con gli europopolari.

Scriviamo intenzionalmente praticamente a metà dell'intervallo che divide il congresso Ppe a Zagabria (20-21 novembre) e quello della Lega del 21 dicembre a Milano (in cui, ben poco propagandato, il partito abbandonerà ogni riferimento nominale al Nord e alla Padania, per farsi anche formalmente leaderistica realtà nazionale). Nel primo la cesura verso i populisti è stata chiara (anche se all'Europarlamento il cordone sanitario sanitario antisovranista sembra lasciare lo spazio a “maggioranze variabili”) e nel secondo, vedendo anche le forzature nel dibattito sul Mes, è facile supporre che i toni barricaderi la faranno ancora da padroni.

Al di là delle affermazioni pubbliche, e con tutti le più che accoglibile riserve dei popolari, l'idea di un “centrodestra largo in Europa” procede sottotraccia. Carsicamente, come si diceva in apertura delle questioni davvero rilevanti e capaci di condizionare.

Come il Mcl fa notare da tempi non sospetti, soprattutto con puntuali interventi in merito del presidente Carlo Costalli, la doppia sfida che si ha di fronte, in Italia e a livello continentale, è quella di innescare processi per una doppia evoluzione (che non deve necessariamente risolversi un una sintesi, ma in un nuovo rapporto sì). Per gli europopolari verso la capacità di dare rappresentanza a quell'elettorato che riconosce i limiti di questa Europa (anche abbandonando certe tentazioni moderatiste e la narrazione sull'ineluttabilità della “grande coalizione”). Per quanti si definiscono sovranisti (ma raccolgono, come la Lega, un voto genericamente alternativo alla sinistra nelle sue varie declinazioni, soprattutto mainstrem e da “partito radicale di massa”) la costruzione di un europeismo altro, non meramente reattivo e capace di porsi seriamente il tema del governo.

In adeguata considerazione vanno tenute le parole pronunciate a Zagabria dal neopresidente polacco del Ppe, Donald Tusk: “In nessuna circostanza possiamo dare la gestione della sicurezza e dell’ordine ai populisti politici, ai manipolatori e agli autocrati, che portano le persone a credere che la libertà non possa conciliarsi con la sicurezza, (…) solo coloro che vogliono e sono in grado di dare alle persone un senso di sicurezza e protezione, preservando le loro libertà e diritti, abbiano il mandato di candidarsi per il potere”.

Solo nel segno della libertà, in ciò seguendo la miglior tradizione del centrodestra italiano, infatti, può nascere un rapporto tra forze diverse che valorizzino la dimensione comunitaria (e non dirigista) dell'ideale europeista. Un rapporto che potrebbe, a patto che i cosiddetti populisti comprendano fino in fonda la natura del loro elettorato e non ne isolino nell'irrilevanza il consenso.

In questo senso si può leggere l'apertura verso il Ppe che più volte Giancarlo Giorgetti ha gettato nel dibattito. Lontana dalle telecamere che Salvini famelicamente insegue, anche nei lidi leghisti, si sente la necessità di un cambio di linea. Lo ha ben espresso, in un'intervista, la neoeurodeputata leghista Gianna Gancia: “Credo sia necessario dialogare con tutti i Paesi dell'Europa, inclusa la Germania. L'Europa va cambiata ma sono i nostri elettori, prima di tutto le imprese, a chiederci di uscire dall'isolamento e avere posizioni meno estremistiche per liberarci dal cordone sanitario che ci impedisce di incidere. Penso che Salvini abbia l'intelligenza politica per adeguarsi a livello europeo alle nuove dimensioni del partito. Io credo nel Ppe ma ci sarebbe anche il gruppo dei Conservatori e riformisti di cui fa parte Fdi”.

C'è da scommettere che non se ne parlerà nel congresso milanese che sancirà la salvinizzazione, ma il “campo largo della libertà” deve trovare il modo di un dialogo virtuoso, per far evolvere lo scenario. Questione di maturità, che carsicamente deve compiersi.

Marco Margrita

 

 




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