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04/12/2019
I disordini sociali in Cile
Da un punto di vista economico, e come conseguenza dei saccheggi, il Cile subirà in futuro notevoli difficoltà.

In pochi decenni il Cile ha registrato una crescita economica impetuosa e la riduzione più rapida della disuguaglianza tra i paesi del Sud America. Tuttavia, molti cileni ritengono che la disuguaglianza sia aumentata. Tale sentimento di disagio ha scatenato i violenti disordini sociali dell’ottobre scorso. Nel prosieguo cercheremo di spiegare questo apparente paradosso, distinguendo la disuguaglianza "verticale" (legata alla distribuzione del reddito) da quella "orizzontale" (legata alla posizione sociale raggiunta nella società) sostenendo che il neoliberismo alla base della crescita economica del Cile negli ultimi decenni ha esaurito i suoi effetti; osservando che il Cile dovrebbe incamminarsi verso l'adozione di un modello di Welfare State stile Nord Europa per scongiurare le derive populiste che hanno caratterizzato numerosi paesi del Sud America. L'esplosione sociale dello scorso ottobre ha sorpreso tutti, poiché la portata delle proteste e della violenza dei manifestanti non si era mai vista in precedenza. Milioni di persone hanno marciato chiedendo cambiamenti nelle politiche governative. I manifestanti hanno sposato ogni tipo di rivendicazione, ma una richiesta li ha amalgamati: erano tutti contro la disuguaglianza ed il privilegio. La polizia ha risposto con la forza e ci sono state numerose violazioni dei diritti umani. Per molto tempo la maggior parte degli osservatori occidentali ha elogiato le riforme orientate al mercato del Cile. Mentre alcuni analisti, tra i quali l’economista di origini cilene Sebastian Edwards dell’UCLA, hanno messo in risalto che la disuguaglianza sarebbe stata nel tempo il tallone d'Achille del Cile e non si sbagliava. Il Cile, infatti è passato dall'essere il paese più povero in un campione di paesi dell'America Latina (insieme al Perù) ad avere il più alto Pil pro-capite del Sud America, con un coefficiente di Gini (l’indicatore che fotografa la disuguaglianza verticale) che tra il 2000 e il 2016 è diminuito da 0,56 a 0,46. Ma dietro questi dati positivi si nasconde però un grande paradosso. Mentre gli indicatori convenzionali mostrano un significativo declino della disuguaglianza, la percezione tra i cittadini cileni è che essa sia notevolmente aumentata. Questo contrasto tra realtà e percezione costituisce il ‘paradosso del Cile’. Ci sono due possibili spiegazioni al riguardo.

La prima è che, come accennato in precedenza, stiamo parlando di due diverse definizioni di disuguaglianza. Mentre la maggior parte degli analisti si concentra sulla disparità nella distribuzione del reddito tra le persone, esiste un concetto più ampio di disuguaglianza che include la qualità della vita, le interazioni sociali, l'accesso ai servizi di base, la natura delle relazioni interpersonali ed il grado di ‘equità’ dei sistemi politici ed economici. La seconda, invece, è che una fetta della popolazione, pur riconoscendo i progressi, crede che i processi in atto siano troppo lenti (paradosso del tunnel di Hirschman). Ognuno pensa di restare indietro nella fila all’interno del tunnel rispetto agli altri. Naturalmente c'è del vero in ognuna di queste spiegazioni. Detto questo, il fattore più interessante alla base del paradosso è dato dalle diverse nozioni di disuguaglianza. In proposito, come ricordato all’inizio, torna utile distinguere tra disuguaglianza "verticale" (reddito) e disuguaglianza "orizzontale" (sociale). Mentre la prima ha una definizione precisa e può essere misurata con un numero (il coefficiente di Gini), il secondo è un concetto piuttosto vago, che spesso dipende da come le persone percepiscono la propria vita e le interazioni sociali con gli altri nelle loro comunità e nei luoghi di lavoro. Negli ultimi anni l'OCSE ha compiuto uno sforzo per analizzare una vasta gamma di indicatori delle condizioni sociali e della qualità della vita che consentisse di mappare la disuguaglianza orizzontale (l'Indice Better Life). Quando il Cile viene confrontato con gli altri paesi dell'America Latina nel campione dell'OCSE (Brasile, Colombia e Messico), utilizzando l’Indice Better Life, il quadro che emerge è a macchia di leopardo ed ambiguo. Il Cile è, infatti, al primo posto in soli quattro degli 11 indicatori e risulta non mappato, all'interno di un campione di 40 paesi, nell’impegno civile.

Numerosi studi condotti dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite nell'ultimo decennio mostrano che da qualche tempo c'è stata una insoddisfazione sotterranea tra la popolazione cilena: la sensazione che il campo da gioco non fosse uniforme per tutti i giocatori, che le élite godessero di privilegi e che l'accesso ai servizi sociali fosse ostacolato per ampie fasce della popolazione. In breve, una grande parte della popolazione ritiene che ci sia un lato oscuro nella modernizzazione. Secondo numerosi intellettuali, il modello di sviluppo seguito dagli anni ‘80 del secolo scorso ha avuto successo nel generare crescita e ridurre la povertà ma ad un certo punto ha smesso di essere efficace e quindi avrebbe avuto bisogno di correttivi. Su questo sia le forze politiche di destra che di sinistra hanno le loro colpe: con le prime che non si sono accorte che la crescita stesse scemando e con le seconde che non hanno mai voluto ammettere il successo del modello neoliberista. Ad un certo momento le persone che hanno rifiutato le pensioni basse, il pagamento dei pedaggi autostradali, la segregazione scolastica, l’istruzione di bassa qualità ed i servizi della sanità pubblica scadenti si sono unite nelle proteste. Tutto ciò, unitamente alle voci e notizie false diffuse attraverso i social, ha paralizzato il Cile intero. Manifestazioni, saccheggi, rivolte e repressioni si sono rafforzate a vicenda in una orribile circolarità: in una spirale di dolore e distruzione. Da un punto di vista economico, e come conseguenza dei saccheggi, il Cile subirà in futuro notevoli difficoltà. La crescita del Pil rallenterà e di conseguenza la disoccupazione salirà alle stelle, gli investimenti esteri diminuiranno e gli afflussi dei capitali si trasformeranno in un deflusso. Insomma, è probabile che alla fine il Cile diventerà un paese più egualitario con i progressi che avranno luogo, in particolare, sul fronte della disuguaglianza orizzontale: il miglioramento sarà lento ma alla fine avverrà. Un interrogativo però resta aperto: il Paese scivolerà nel populismo o riuscirà a darsi dei correttivi? La nuova Costituzione assegnerà un ruolo centrale allo Stato negli affari economici e sociali e garantirà, a livello costituzionale, diritti sociali applicabili come l'istruzione e la salute. L'esperimento neoliberista è morto. È probabile che venga sostituito da uno Stato sociale che tenterà di imitare i paesi del Nord Europa. Ciononostante, non è possibile prevedere se il Cile riuscirà in questo esperimento.

Marco Boleo

 




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