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08/11/2019
Zaccagnini a 30 anni dalla morte
Zaccagnini appartiene a quella generazione di italiani cresciuta sotto il fascismo che lottò durante la Resistenza per costruire un nuovo Stato fondato sulla libertà, la democrazia e la solidarietà.

Zaccagnini era legato a Giorgio La Pira a cui si attribuisce l’identico disegno della Provvidenza morendo lo stesso giorno di La Pira il 5 novembre.

Colgo una frase  di quegli anni in cui si attestò alla guida della DC: "È un uomo di fede mi ispira fiducia è umile ha una mitezza interiore una purezza di cuore che attira i giovani”.

Zaccagnini appartiene a quella generazione di italiani cresciuta sotto il fascismo che lottò durante la Resistenza per costruire un nuovo Stato fondato sulla libertà, la democrazia e la solidarietà. Convinto che al termine della guerra di liberazione fosse giunto il momento di rientrare nei ranghi di una vita "normale", l'esponente cattolico romagnolo fu "trascinato" all'impegno politico a cui di dedicò, in diversi posti di responsabilità, con un autentico spirito di servizio e con profonda competenza fino alla morte. I cinque anni (1975-1980) passati alla guida della Dc rappresentano probabilmente l'ultima stagione di speranze e di passioni per un autentico rinnovamento del partito.

Ho apprezzato il gesto del presidente Mattarella che, sommerso dall'affetto, alza una mano, e per incanto torna il silenzio al Pala De Andrè di Ravenna e parlando  a braccio, con semplicità e schiettezza, come un vecchio amico di famiglia, lo ricorda insieme alMons. la moglie Anna, scomparsa la scorsa estate, e ovviamente anche il suo contributo al paese. Rammenta i giorni della sua scomparsa e lo fa con una profondità che non può lasciare indifferenti. Nelle sue parole non c'è un grammo della retorica che popola i salotti politici televisivi, ma frammenti di un passato che danno forma alla fotografia di un vecchio amico: «Ricordo il suo legame con il territorio e il suo sguardo verso l'altrove. Nella veglia di trenta anni fa, la notte prima dei funerali di Zaccagnini, una veglia illuminata dalle parole del vescovo di allora, mons. Ersilio Tonini, c'erano tanti ravennati nel duomo, ma anche tante persone venute da tante parti d'ltalia perché la gente percepiva la credibilità delle sue parole e delle sue azioni: era credibile quando parlava della tensione morale del politico. ll suo sorriso mostrava sempre la sua attitudine al confronto, l'apertura al suo interlocutore››. Un uomo, che faceva sviluppare amicizie autentiche.

Ma il messaggio più importante della mattinata ravennate è da ritenere l’affermazione: «Quando nel congresso della Democrazia Cristìana, Zaccagninì fu riconfermato segretario, alla proclamazione non c'era. Era partito velocemente per Ravenna perché era appena morto un suo carissimo amico. Questo rifletteva il senso  di umanità profondo che lo muoveva, perché la politica non può essere mai e poi mai  disumana»,

Dall'applauso più forte, perché quell'appello all'umanità assomiglia tanto a un sasso lanciato nello stagno fa eco  a un messaggio per i giovani. Gli stessi giovani che Zaccagnini ricordava quando li invitava, col tono stanco, consumato dalla malattia, «a continuare ad avere speranza nel futuro››. E dopo trent'anni sono parole ancora attuali.    Quando parliamo di Zac  lo vediamo negli oratori che lo hanno formato, sulle piazze dove a volte i fischi lo hanno seguito da parte dei comunisti in cui sentiva una fede uguale alla sua. “A Cesena ci furono dei fischi, ma ho sempre sentito dietro i fischi contro ciò che dicevo, un'altra fede diversa dalla mia ma sempre una fede: ecco il timore che ho è che subentri una omologazione a questo tipo di sviluppo storico della società occidentale per cui non siamo più rispettabili né noi né loro”, che coraggio!

Pensando a loro verrebbe dal cuore il grido “Beati i miti perché erediteranno la terra”... ma se la parola erede è una parola insidiosa: significa da un lato colui che prende si impadronisce. L'erede è colui che prende ma è anche colui che lascia. Ed in effetti questo è il destino di coloro che hanno passione per gli ultimi e che decidono di prendere parte, di candidarsi a rappresentare le ragioni degli ultimi: abbandonando in qualche modo la propria terra le proprie radici i propri affetti e quindi ereditando la propria terra, le proprie radici, i propri affetti.

Zaccagnini  ricorda che la politica ha bisogno di pace, di meditazione. Il pensiero ha bisogno di senso. Questo è il sale che dà sapore; ma contemporaneamente ricorda che il sale da solo è amaro e disgustoso e sterile e che deve perdersi nel cibo quotidiano di ogni giorno. La passione di Zac  per i lavoratori del porto, per gli artigiani, le famiglie e la scuola è passione per la quotidianità e per il luoghi dove la quotidianità si celebra cioè le città.. è imitazione del suo Maestro. Beati i miti perché erediteranno la terra. La Pira e Zaccagnini erano uomini diversi accomunati dall'ansia del cambiamento, dal fuoco della giustizia causata dalla fede: una fede vissuta fino in fondo, grazie Zac.

Gilberto Minghetti

 




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