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07/11/2019
Il 2020 e le otto regioni
Una lunga corsa ad ostacoli per tutti i partiti.

Giuseppe Conte l’aveva detto prima e l’ha detto dopo: con tutto il rispetto, il voto in Umbria non può essere letto come un giudizio sull’operato del governo. Ma lui e la sua maggioranza ce l’hanno messa tutta per trasformarlo nel primo test, a meno di due mesi dal giuramento al Quirinale. E come tutti sanno è andata malissimo. Ma se già la piccola Regione del centro, con i suoi 700mila aventi diritto, è diventata la prima ferita della coalizione che sostiene l’esecutivo, davanti a sé il governo Conte 2 ha un vero e proprio percorso a ostacoli.

Cari lettori le regioni chiamate al voto nel 2020 sono otto, da gennaio a primavera, dall’Emilia Romagna alla Toscana. Una serie di test ad alto impatto che metterà alla prova la solidità di quella che il capo del governo ha definito una coalizione da costruire per il futuro, il leader del Pd Nicola Zingaretti vede come un possibile fronte anti-Salvini, mentre il capo politico del M5s Luigi Di Maio vede già come il fumo negli occhi dopo la catastrofe umbra.

Sarà un 2020 scoppiettante, già perché nel centrosinistra ora regna il gelo, infatti dopo l’esperimento umbro, finito con l’esplosione del laboratorio dovuta a una fusione a freddo, il primo interrogativo è se Cinquestelle e Pd sceglieranno di ripetere l’esperienza della coalizione. Dall’altro lato, il centrodestra punta a conquistare altre Regioni e in particolare Matteo Salvini lo ribadisce da settimane come un modo per abbattere l’esecutivo che lo ha trascinato fuori dal Viminale: le vinciamo tutte e nove, continua a ripetere, e mandiamo il governo a casa.

Il 26 gennaio si vota in una regione che è considerata una roccaforte rossa, anche se al suo interno le cose sono già un po’ cambiate. Qui il centrodestra non ha mai governato, ma alle ultime Europee la Lega ha ottenuto il 33,8%, mentre il Pd non è andato oltre il 31,2. Il centrodestra, forte anche dei risultati ottenuti in comuni come Ferrara e Forlì, candida la senatrice leghista Lucia Borgonzoni. I sondaggi parlano di un testa a testa con il governatore uscente, Stefano Bonaccini, che i democratici hanno confermato come candidato. La sfida in Emilia-Romagna resta apertissima. Quindi sarà la volta della Calabria, qui ancora non c’è una data certa, ma sicuramente le elezioni non potranno tenersi oltre il prossimo mese di gennaio. In Calabria il governatore uscente Mario Oliverio punta a guidare nuovamente la coalizione Pd, mentre Forza Italia vorrebbe il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto a capo del centrodestra. Entrambi però sono tra i 20 indagati dell’inchiesta Passpartout per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. La segreteria nazionale di Zingaretti per ora è rimasta tiepida su Oliverio, mentre nel centrodestra la Lega ha fatto sapere di non volere Occhiuto; l’accordo vorrebbe però che fosse Forza Italia a indicare un nome. Nel frattempo i Cinquestelle non si sono avvantaggiati: i due ipotetici candidati sono l’imprenditore Pippo Callipo e il vicepresidente dell’Associazione medici per l’Ambiente Ferdinando Laghi.

Quindi la Toscana, un’altra roccaforte rossa. In Toscana, rispetto all’Emilia-Romagna, il Pd è riuscito a rimanere davanti alla Lega alle ultime Europee (33,3 contro 31,5), ma è orfana di un candidato forte che possa succedere a Enrico Rossi, che sta concludendo il suo secondo mandato. I nomi che girano non sono una garanzia per reggere l’onda d’urto leghista. Il centrodestra già governa in alcune realtà importanti, come Pisa e Grosseto, oltre ad Arezzo e Siena, ma non è ancora riuscito a sfondare nelle zone più ‘rosse’, a partire dal capoluogo Firenze. Il candidato dovrebbe essere espressione della Lega e la scelta potrebbe ricadere su Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina dal giugno 2016 al giugno 2019, quando è stata eletta al Parlamento europeo. Nel centrosinistra invece la “grana” è Italia Viva di Matteo Renzi che sicuramente presenterà una sua lista per puntare al battesimo fortunato, magari anche in doppia cifra. Il M5s in Toscana soffre da un po’, basti pensare al disastro elettorale delle Comunali di Livorno dopo l’esperienza amministrativa di Filippo Nogarin. In Campania è molto difficile la convivenza tra Pd e M5s. Nella Regione attualmente guidata da Vincenzo De Luca (Pd), il M5s è ancora forte (33,85% alle ultime Europee) e ha la tentazione di provare ad eleggere un governatore pentastellato. Nel centrosinistra l’avventura di De Luca sembra arrivata al capolinea e per questo il M5s confida in un nome “forte”, rappresentativo delle istanze del Movimento, che però potrebbe convincere anche il Pd. Nel centrodestra invece, in una Regione tradizionalmente democristiana e amministrata dall’azzurro Stefano Caldoro fino a 5 anni fa, la scelta del futuro candidato dovrebbe spettare a Forza Italia: il nome forte è quello di Mara Carfagna.

In Puglia l’attuale presidente di Regione in vista delle urne propone un accordo di tutto il centrosinistra che però tenga fuori i Cinquestelle. Nel Pd però ancora nulla è deciso: potrebbe esserci le primarie oppure la segreteria nazionale potrebbe optare su un altro nome, con l’incognita di una candidatura autonoma di Emiliano. Intanto alle Europee il Pd in regione era appena sopra il 16%. Nella Puglia del premier Giuseppe Conte, il M5s rimaneva invece ancora primo partito con il 26,3%, ma la Lega era vicinissima al 25,3%: sono stati tanti i delusi dai Cinquestelle dopo un anno di governo. Nel centrodestra a scegliere il candidato potrebbe essere Fratelli d’Italia, ma ancora siamo nel campo delle suggestioni. Nella mia Regione le Marche Fratelli d’Italia punta al governatore. Infatti qui il centrodestra punta a conquistare questa Regione tradizionalmente di centrosinistra. Qui alle Europee la Lega ha sfondato con il 38%, contro il 22,2% del Pd e il 18,4 del M5s. Il capogruppo della Lega in consiglio regionale Sandro Zaffiri già evoca “la ricetta Umbria” anche per questa regione: quindi un centrodestra compatto, aperto anche alle liste civiche. Fratelli d’Italia ha l’obiettivo di governare la Regione con un suo uomo. Per ora si parla di Carlo Ciccioli, Francesco Acquaroli e Guido Castelli, l’ex sindaco di Ascoli che per la sua amministrazione ha ricevuto spesso complimenti e attestati di stima anche dallo schieramento avversario. Al modello Umbria potrebbero puntare anche Pd e M5s, magari con qualche mese in più di tempo per preparare una candidatura forte: sembra l’ultimo modo per arginare la crescita del centrodestra a guida Carroccio.

Infine abbiamo Liguria e Veneto. Sono le uniche uscenti già governate dal centrodestra. Sono anche quelle dove l’esito pare più scontato. Luca Zaia è già al secondo mandato ma il suo successore a Venezia sarà sicuramente un leghista: per dirlo basta guardare al 49,88% raccolto alla Europee. In Liguria l’unica grana per il centrodestra riguarda il nome dell’attuale governatore Giovanni Toti, fresco di addio a Forza Italia. Il vicesegretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, ha fatto capire chiaramente che per quel che riguarda il Carroccio va bene il leader del nuovo partito ‘Cambiamo!’. A storcere il naso sono ovviamente i berlusconiani che alla fine si accoderanno. 

Luca Cappelli




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