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18/09/2019
Renzi gioca al buio
Solo in caso di approvazione di un sistema veramente proporzionale e uninominale l'ex premier può sperare di lucrare veramente molto

La scelta di Matteo Renzi di lasciare il Pd e fondare un proprio partito, ma soprattutto di costituire un proprio gruppo in Parlamento, può voler dire che in primavera si voterà. Le rassicurazioni date dall'ex premier al presidente del Consiglio - «sarà un bene anche per Conte» - ricordano il celeberrimo «Stai sereno» che decretò la fine di Enrico Letta. Più realistico Franceschini, gran tessitore di alleanze impossibili, che lo ha definito un grande problema. Effettivamente, a pochi giorni dalla fiducia, l'ex premier fa una scelta incomprensibile a chi non vive di partitocrazia. Una scelta che si spiega in termini tattici - con un proprio partito l'ex premier può correre autonomamente e quindi contarsi, mentre, restando nel Pd, deve sottostare alle decisioni di Zingaretti nella distribuzione di collegi e candidati - ma non ha nulla di strategico, perché le variabili sono troppe. Prima variabile: il sistema elettorale non arride al Bomba, come lo chiamano a Firenze per via dell'abitudine a spararle grosse. Solo in caso di approvazione di un sistema veramente proporzionale e uninominale l'ex premier può sperare di lucrare veramente molto, ma quest'eventualità è ancora scritta sulla sabbia e non si sa che faranno le onde della politica nei prossimi mesi.

Seconda variabile: il Pd sta assorbendo i fuoriusciti di Leu e ciò implica uno spostamento del baricentro a sinistra, ma non è scontato che avvenga e che riesca nei tempi necessari per presentarsi alle prossime elezioni; semmai, la fuoriuscita di Renzi facilita l'operazione che egli contesta. Terza variabile: la costituzione di una nuova Dc intorno ai renziani è plausibile ma non scontata, perché per aggregare i consensi dei diversi "mondi" postdemocristiani occorre un'autorevolezza morale e politica che l'ex premier non ha, bisogna cioè riuscire ad accreditarsi sia nel mondo cattolico di destra che di sinistra, sia in Confindustria che nella Cisl, insomma bisogna dialogare con quei corpi intermedi che Renzi ha schiaffeggiato per anni. Quarta variabile: raccogliere l'eredità di Berlusconi è da sempre il disegno del Bomba, ma per ricevere un'eredità bisogna che il de cuius crepi. E, piaccia o no, Berlusconi è vivo e vegeto e, soprattutto, di fianco al Cavaliere e a Forza Italia c'è già una rete di amministratori della Lega cui basta detronizzare Salvini per accasarsi comodamente tra i moderati. Quinta variabile: l'ex sindaco di Firenza immagina di aver collocato una bomba a orologeria sotto la sedia di Conte ma i tempi della deflagrazione non sono scontati. E' vero che c'è una componente renziana che potrebbe venire meno, ma basterebbe uno stormir di spread per richiamare in servizio i "responsabili" di Forza Italia, terrorizzati dall'idea di una fine anticipata della legislatura. Insomma, se fosse una mano di poker si direbbe che il Bomba sta giocando al buio.

Stefano Giordano




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