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30/08/2019
I cattolici devono alzare la voce
Sono maturi i tempi per un contenitore politico

Cari amici nel mese di agosto abbiamo assistito a 20 giorni di crisi aperta, scenari mutevoli e una trattativa in corso dalla quale dipenderà il futuro dalla politica italiana: una situazione che il giro di Consultazioni del Premier incaricato Conte proverà a definire, per un governo che, al momento, viaggia ancora a colpi di nuove intese. La crisi innescata da Matteo Salvini ha infiammato l'estate politica del nostro Paese, contribuendo a disegnare scenari fino a poco tempo fa del tutto inediti, chiudendo di fatto un'esperienza di governo basata su un contratto sottoscritto da due forze di maggioranza per far posto a un nebuloso quadro di possibilità che, per la prima volta, ha visto in piedi un dialogo fra Movimento 5 stelle e Partito democratico.

Io sinceramente capisco poco le ragioni di Salvini. Una delle linee di commento di queste settimane è che abbia sbagliato tutto, io credo che abbia voluto capitalizzare il suo gradimento a spese degli italiani; egli, per il suo percorso che ha in mente, era obbligato a fare la crisi, non aveva alternative e volutamente ha aspettato agosto per farla. A settembre i nodi sarebbero venuti al pettine: dopo un anno e mezzo di governo era obbligato a uscire allo scoperto e prendere una decisione sull’autonomia. Propendendo radicalmente per il sì, avrebbe perso il consenso al Sud, facendo così saltare la sua idea di partito nazionale; con il no avrebbe perso i voti al Nord. È chiaro che Matteo negli ultimi tempi fosse in imbarazzo e non poco, quindi ha fatto saltare il banco prima delle imminenti scadenze: come la misura di riduzione delle tasse, la cosiddetta riforma fiscale, ridurre la tassazione con almeno 50 miliardi di intervento. Poi non da ultimo doveva nominare il commissario europeo e questo è un altro elemento che lo ha spinto a lasciare, non voleva sembrare troppo europeista e poi non avrebbe potuto mettere sotto attacco un organismo in cui era presente un suo rappresentante.

Questi punti, secondo me, a settembre avrebbero significato il disastro politico di Salvini. Da qui la scommessa: o si vota subito oppure si va all’opposizione, considerando migliore quest’ultima ipotesi piuttosto che restare al governo. Salvini ha fatto un calcolo strategico: o si va alle elezioni e poi si ragiona, oppure all’opposizione, riuscendo a non perderci in ogni caso. Se c’è uno che in questo momento può dormire sonni tranquilli è Salvini, proprio per questo duplice punto di forza: la possibilità di un’opposizione feroce e, dall’altra, la carta del Centrodestra che, non a caso, si è immediatamente ricompattato.

Comunque sia ora siamo al guado e come sempre gli italiani pagheranno pegno. Però secondo me, parafrasando le parole del Presidente Nazionale del MCL Carlo Costalli, ora i cattolici hanno avuto l’input per uscire allo scoperto, per palesare il loro coraggio. I cattolici devono cogliere la sfida che oggi gli regala la politica italiana per fare un esame di coscienza e soprattutto per rinnovare la pedagogia politica e aiutare coloro che sentono che la loro fede, senza l’impegno pubblico, non è piena.

Infatti Costalli dice: “i cattolici sono stanchi, tra sovranisti con la sindrome da sondaggio, populisti senza competenza ed una sinistra radicaleggiante cosa dovrebbero fare se non rifugiarsi nell’astensionismo. C’è di mezzo un popolo, un blocco sociale, che non ha rappresentanza in parlamento, ma che si impegna nei territori, nei corpi intermedi che ad oggi sono gli unici contenitori di partecipazione democratica e portatori di rappresentanza sociale. Sto parlando di quelle donne e quegli uomini che nelle amministrative sostengono liste civiche e che in parlamento non trova risposta. A questi abbiamo intenzione di rivolgerci”.

Secondo me le parole del Presidente Costalli devo essere tradotte nell’azione politica contemporanea. Senza rivendicare una improponibile unità politica dei cattolici ma anche senza limitarsi a suggerire una “diaspora” che oggi non è più una strada praticabile. D’altronde, all’indomani del voto delle politiche del 2018, lo disse anche il Presidente della CEI Cardinale Bassetti, il quale ricordando la gloriosa e feconda esperienza del Ppi di Don Sturzo, si chiese ”dove sono le nostre intelligenze, le nostre passioni?” E ancora: “perché il dibattito tra di noi e’ così stentato? Di che cosa abbiamo timore? Gli spazi che la dottrina e il magistero papale ci hanno aperti sono enormi ma sono spazi vuoti se non li abitiamo”.

È evidente che in questi ultimi anni vi sia stato un vuoto culturale, politico e programmatico dei cattolici italiani. Voglio ricordare ai lettori che la tradizione del cattolicesimo politico italiano non può più convivere con una stagione dove prevale e domina l’afasia e l’indifferenza stessa dei cattolici. Oggi più che mai siamo di fronte ad un bivio: o i cattolici italiani, laicamente, si assumono la responsabilità e il compito di tradurre concretamente queste sollecitazioni nella società attraverso gli strumenti politici e organizzativi previsti dalla nostra Costituzione, oppure saranno gli stessi cattolici ad essere complici dello smarrimento dei loro valori, della loro culturale e degli insegnamenti e degli inviti che arrivano autorevolmente dalla stessa Chiesa Cattolica.

Si tratta per chi ha vocazione politica e per chi non si rassegna alla marginalità e all’irrilevanza politica dei cattolici, di avviare una fase nuova di elaborazione culturale, di impegno diretto e di militanza responsabile.


Luca Cappelli

 




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