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26/06/2019
Una capitale immobile
non è accettabile una posizione che tende a fermare ogni attività per non essere in grado di ben amministrare

Le cronache romane di due importanti quotidiani, nello stesso giorno, domenica 21, aprono, in prima pagina, con due titoli che rappresentano le due facce di una stessa medaglia di pregiudizievole inefficienza: “Strade, ferme gare per 40 milioni” (Corriere della Sera), “Boom di incidenti in moto: uno su 5 per le buche” (Il Messaggero).

Nel primo articolo si legge un lungo elenco di interventi di manutenzione ordinaria di scuole, di edifici di pregio storico e soprattutto di sistemi di viabilità, tutti fermi per la lentezza delle procedure di appalto; mentre nell’altra inchiesta si apprendono i dati degli infortuni che hanno coinvolto i mezzi a due ruote per i quali “buche e altri difetti delle strade sono responsabili di un incidente su cinque”.

Del resto è evidenza di tutti i giorni, per i cittadini romani, constatare non solo la pessima condizione della pavimentazione stradale, ma il degrado di aiuole, parchi di quartiere, edifici scolastici spesso in difficoltà nei sistemi di riscaldamento, la scarsa pulizia dei mezzi pubblici e, complessivamente, il senso di abbandono di tutto ciò che, invece, rientrerebbe nella necessaria cura della città. Assai spesso la causa è delle più banali, non tanto e non solo nella scarsezza di risorse, ma di ritardi nello svolgimento di appalti sostanzialmente di ordinaria amministrazione e quindi del tutto prevedibili e ricorrenti, oltre che di facile stesura nei capitolati progettuali e nell’esame delle offerte presentate. 
Le dichiarazioni dell’assessore responsabile sono disarmanti perché si coglie con tutta evidenza sia la complessità di procedure che gli attuali sistemi di centralizzazione degli appalti hanno appesantito, ma anche e soprattutto, l’inadeguatezza delle strutture comunali a svolgere la normale attività amministrativa. Infatti non si tratta di “gare” che riguardano l’affidamento di   grandi opere di cui, ormai, la città di Roma non ne prevede l’effettuazione, impoverendosi strutturalmente e che si evidenziarono già, a suo tempo, nel rifiuto della giunta Raggi a proporre Roma come sede delle Olimpiadi.

Tutto ciò ha pesanti riflessi sul lavoro che mostra dati di una città in regresso. Una inchiesta del Sole 24 ore di marzo, infatti, proprio rilevando come fossero oltre cento le gare avviate dalla Giunta - per un ammontare di 200 milioni di euro - dal gennaio 2017 al marzo 2019, che non avevano ancora trovato l’apertura dei cantieri, ne evidenziava gli effetti sull’occupazione. Nel settore delle costruzioni negli ultimi tre anni ci sono stati 3 mila occupati in meno nel solo 2018, mentre, sul piano generale, i dati confermano una controtendenza rispetto all’andamento nazionale: i disoccupati a Roma nel 2018 sono 200 mila, 9 mila in più rispetto al 2017; il tasso di disoccupazione è salito al 9,8 % dal 9,5%, proprio mentre a livello nazionale è sceso dall’11,2 % del 2017 al 10,6% del 2018.

I costruttori romani per bocca del presidente dell’ACER Nicolò Rebecchini, constatando come “così non si possa andare avanti”, hanno chiesto “un cambio di passo”, rilevando come le proposte su “modalità e soluzione dei problemi “non siano state prese in considerazione.

La verità è che a Roma tutto è fermo. Sono note le vicende della realizzazione dello Stadio alla Magliana proposto dalla società Roma e per il quale al momento non vi sono certezze in nessun senso, ma solo continui tentennamenti. Anche altri progetti, avviati nel passato sono fermi: l’ex stazione di Trastevere, la zona della ex Fiera sulla via Colombo, la riqualificazione degli ex Mercati Generali sulla via Ostiense. Sono progetti che impegnano privati a realizzare alberghi e centri commerciali o opere similari. Certo si tratta di interventi che tendono a condensare zone nelle quali la mobilità è già difficile e gli spazi pubblici sempre più ristretti, mentre Roma avrebbe bisogno di far “respirare” i quartieri di maggiore densità, magari sviluppandosi in un hinterland ben collegato. Quello che, tuttavia, non è accettabile è una posizione che tende, di fatto, a fermare ogni attività -  non in nome di una diversa visione della città, magari favorendo una più ordinata riorganizzazione del sue funzioni urbane -  ma per non essere in grado di ben amministrare, che significherebbe, soprattutto, scegliere e decidere.

Pietro Giubilo




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