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05/06/2019
Il ‘gioco del pollo’ di Matteo Salvini
Per gli anni a venire c'è finora per i mercati qualche residua speranza (purtroppo in diminuzione) che le cose possano cambiare per il meglio

Dai comportamenti e dalle sue recenti dichiarazioni sembra che il Vice Premier e Ministro Matteo Salvini abbia deciso di gareggiare a “il gioco del pollo” con la Commissione Europea. Perde chi cede per primo. Per chi non fosse un conoscitore della teoria dei giochi, il “gioco del pollo” consiste in: due automobili lanciate a forte velocità verso un dirupo, nel quale vince chi frena più tardi. In proposito qualche lettore cinefilo potrebbe ricordare il film “Gioventù bruciata”, interpretato da James Dean, nel quale le due macchine puntano verso la scogliera. Nel caso del negoziato Italia-Commissione ognuno cerca di ottenere il massimo. Il rischio però è che un incidente di percorso, come accade nel film (la manica del giubbotto che s’incastra con la maniglia della macchina), potrebbe vanificare la strategia di uno dei due contendenti o di entrambi. Nel nostro caso l’esplosione dello spread a 600 potrebbe essere l’imprevisto.

Ci sono poi anche dei precedenti che dovrebbero invitare il Ministro Salvini alla cautela: anche la Grecia dei furbetti del Partenone, Tsipras e Varoufakis, o se preferite la Gran Bretagna, hanno provato a giocare “il gioco del pollo” con l'Unione europea; che però, come abbiamo visto, nei due casi ha frenato più tardi. Ma il “capitano” potrebbe replicare che l’Italia rispetto alla Grecia “è troppo grande per fallire” e che pertanto alla fine la Commissione potrebbe accogliere le nostre richieste. Staremo a vedere. Intanto non andrebbero sottovalutate due notizie riguardanti il nostro Paese e la politica economica messa in atto dal Governo gialloverde: rispettivamente, il ristagno della crescita del Pil nel primo trimestre 2019 e il rendimento dei titoli quinquennali del debito pubblico che è superiore a quello dei titoli della Grecia. Nello specifico: 1) l'Istat, come da noi previsto tempo addietro su questo sito, disaggregando il dato grezzo fornito quasi un mese fa ha rivisto verso il basso la dinamica del PIL del primo trimestre di quest'anno, da + 0,2% a + 0,1%; variazione di poco conto, posto che di decimali trattasi, ma l'effetto della revisione è tale per cui la variazione acquisita del PIL per l'anno in corso è ora pari a zero.

Un punto percentuale in meno rispetto a quanto previsto nel DEF. Le cause che hanno generato questo rallentamento sono almeno quattro: i) la manifattura votata all’esportazione che traina da sempre la nostra produzione resta molto debole, causa forti incertezze interne (orizzonte di breve periodo che si è dato il Governo) ed internazionali (guerre commerciali); ii) le imprese decumulano scorte: questo spiega il forte calo delle importazioni di beni che entrano nei processi produttivi; iii) la domanda interna, malgrado gli stimoli del Governo con quota 100 e reddito di cittadinanza, cresce di poco; iv) in essa, gli investimenti in costruzioni attenuano la caduta di quelli di manifatturieri; 2) il rendimento dei titoli di stato a scadenza quinquennale della Grecia è attualmente inferiore a quello italiano: 1,71 contro 1,78%, per cui, nel giudizio degli investitori, per quell'orizzonte temporale il nostro paese è divenuto più rischioso della Grecia. Ed è tutto dire. Lo spread che ci vede superati anche dalla Grecia però è solo quello sui titoli quinquennali. Quelli decennali, infatti, hanno ancora un rendimento inferiore rispetto a quelli greci. Segnale che nel periodo più lungo i mercati continuano ancora a preferire l'economia italiana a quella greca (e ci sta). E' sul periodo meno lungo, quello appunto della legislatura in corso, che i mercati ci danno un rating peggiore rispetto alla Grecia.

In definitiva, la bocciatura riguarda soprattutto l’esecutivo attuale. Per gli anni a venire c'è finora, sempre per i mercati, qualche residua speranza (purtroppo in diminuzione) che le cose possano cambiare per il meglio. E su questo dato il Governo gialloverde dovrebbe riflettere, ritrovando la compattezza e l’unità d’intenti: riportando nella giusta dimensione la dialettica con Bruxelles. C’è ancora tutto il tempo. Per ora sono arrivati solo dei segnali, degli avvertimenti e c’è tutto il tempo per rimettersi in carreggiata varando una manovra correttiva. Continuando invece su questa china l’economia italiana potrebbe ritrovarsi in fondo alla scogliera.

Marco Boleo 




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