Matteo Salvini brandisce il rosario come una daga e le prefiche della sinistra si stracciano le vesti. Scene da un delirio elettorale, che in Italia prosegue incessantemente da un'elezione all'altra. Il personaggio, ça va sans dire, ha una levatura culturale e politica tutta sua. E' cresciuto a comizi nel pratone di Pontida ed è ancora convinto che quei militanti con elmo vichingo e armatura di plastica (cinese) siano davvero dei crociati. Ma sentire strepitare chi, fino a pochi mesi prima, ha fatto delle unioni civili e dell'utero in prestito la propria bandiera aumenta la confusione. Anche l'intervento delle gerarchie lascia perplessi perché eleva il Ministro dell'Interno a un livello di dignità politica cui con le proprie forze non riuscirebbe ad accedere. Ne fa cioè una controparte della Chiesa e "nella" Chiesa, il rappresentante di istanze ultramontane che ancora non si sono rassegnate alle dimissioni di Ratzinger, salvo avergli fatto vedere i sorci verdi, con la loro fede da antiquariato, fintanto che era in carica.
Ma torniamo al rosario. Siamo nel mese di Maria. Usiamolo per quel che è, non per la lotta politica. Diciamolo chiaramente al Signor Salvini. Ma, una volta che glielo abbiamo detto, non cadiamo nell'eccesso opposto, non additiamolo come il "mostro" che ha violato la fede per sordidi motivi politici, sia perché la verginità non è di questo mondo (quello politico) e sia perché dimostreremmo di avere la memoria corta. Persino il leader di Matteo, che non è Bossi ma Vladimir Putin, ha fatto ricorso alle manifestazioni della fede, ortodossa nel caso suo, per governare le masse russe. Ma anche senza andar troppo lontano, generazioni e generazioni di democristiani (noi) hanno detto e scritti fiumi di parole sul rapporto tra fede e politica e hanno sfilato nelle processioni di paese avendo ben cura di posizionarsi ai primi posti, di fianco al parroco, affinché la striscia del sindaco si intridesse ben bene di incenso. Ad altre latitudini avviene di peggio, e ben lo sa il Matteo, che strepita contro l'Islam invasore. Insomma, tutto il mondo è paese.
Si dirà: una cosa è strumentalizzare il Vangelo quando si ha una storia alle spalle, quando cioè si è dimostrato che si fa tesoro dell'esperienza cristiana una volta conquistato il potere. Peccato che tra i dieci comandamenti ci sia anche "non rubare" e che, dopo aver sfilato in processione, qualcuno abbia fatto anche di peggio. Ci sarà anche chi obietterà: la politica è l'arte del compromesso, ma un conto è discendere da giganti come De Gasperi e un altro è far risalire i propri natali politici ad oscuri guerrieri medievali. Anche su questo vi sarebbe da discutere, se è vero che il padre putativo di Salvini, cioè Silvio Berlusconi vanta sia l'iscrizione al Partito Popolare - e per questo si ritiene erede del grande trentino - che una zia suora.
Insomma, sarebbe opportuno che quando si parla di politica tutti ricordassero un vecchio adagio: scherza coi fanti e lascia stare i santi. Salvini dovrebbe riporre in tasca il rosario e sgranarlo qualche volta di più. Chi si scandalizza dovrebbe procurarsene uno e fare lo stesso. E da entrambi ci attenderemmo, giacché tra pochi giorni si vota, uno straccio di proposta politica credibile sul nostro futuro di europei. Cattolici, laici, musulmani ed ebrei, ma prima di tutto lavoratori e contribuenti, sempre più soli e delusi.
Stefano Giordano