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17/05/2019
5 Stelle e Lega: qualcosa e’ cambiato
La politica italiana sta riprendendo a girare a vuoto, mentre la situazione del Paese si fa più difficile.

Forse questa volta ha ragione Gigi Di Maio: dopo il caso Siri il rapporto con il partner dell’alleanza governativa, Salvini,  è cambiato. L’apparente stupore o, meglio, la malcelata ipocrisia  del capo dei 5 stelle, non può nascondere la reale motivazione di questo mutamento. Una alleanza di governo, per essere tale, deve basarsi su due elementi.  Oltre a tener conto e perseguire gli  interessi politici ed elettorali dei singoli  componenti, attuando un programma equilibrato e concordato,  vi  deve essere anche la necessità di non svolgere azioni in danno dell’altro partner o, quantomeno, in casi di divergenza di valutazioni, è opportuno prevedere ed attuare percorsi concordati,  onde gestire i contrasti che si palesano come incomponibili. In altre parole, nel caso Siri, l’interesse prioritario di non destabilizzare l’alleanza, avrebbe dovuto far convenire su una procedura per uscire dall’impasse causata dall’indagine sul sottosegretario,  senza violare la identità o la immagine di ciascuna delle due forze politiche. Cosa non impossibile per una politica che sappia governare con saggezza i passaggi più aspri. Se, poi, l’elemento di immagine o l’appeal elettorale rappresentano  le priorità, allora tutto può accadere e si è nella condizione di navigare a vista, certi, però,  di andare a sbattere al primo scoglio. 

La vicenda Siri non ha prodotto, come sostiene Di Maio, un problema  “personale” in Salvini, ha semplicemente slegato i due componenti dell’alleanza, dall’obbligo di porre al primo posto  la questione della stabilità della coalizione e della opportunità del compromesso, come rapporti e procedura del percorso di governo. Ognuno ora è autorizzato a porre in termini ultimativi ciò di cui è massimamente portatore, poiché, non solo per questa campagna elettorale, l’obbiettivo primario è tutelare e promuovere la propria immagine e il proprio interesse elettorale. Punto. Il contratto di governo che non può aver previsto nel dettaglio tutto il contenuto legislativo, ma che, nella sostanza,  è un indice di argomenti,  è stato stracciato  nella sua logica più importante , cioè nella logica di  compiere ogni sforzo e sacrificio per realizzare un compromesso, che è da sempre la logica dei governi di coalizione, soprattutto se comprendono forze politiche in tutto distanti tra loro. Il contratto che era,  per costituzione, “l’incontro tra le due volontà”, oggi non esiste più, in quanto le volontà, ormai, sono autorizzate ad avereobbiettivi separati e anche contrastanti.  

Ora tutto appare divergente. I due partner si scontrano su tutto. A cominciare dai prossimi impegni programmatici di bilancio,  a suo tempo concordati. Mentre il reddito di cittadinanza è stato previsto e realizzato a debito, a prescindere dalle compatibilità di bilancio, ora la flat tax deve rispettarne i vincoli; mentre prima la volontà di pretendere flessibilità rispetto ai limiti di indebitamento, poteva, senza preoccupazione,  produrre il rialzo dello spread, ora è proprio Di Maio a puntare l’indice sulle dichiarazioni di Salvini a proposito dello sforamento del 3 per cento,  accusandolo dell’  aumento del differenziale. Dell’autonomia regionale non se ne parla più,  non perché non sia possibile un testo condiviso, ma perché è da sempre il cavallo di battaglia della Lega. Sulla sicurezza,  i 5 stelle che hanno ripensamenti sulle norme già approvate,  figuriamoci se vorranno fare un bis, anche perché comporterebbe una diminuzione di poteri di un suo ministro. Come potrà accettare la Lega un reddito minimo garantito che, in una difficile fase produttiva e occupazionale, creerebbe ulteriori problemi al mondo imprenditoriale vicino alla Lega?  Sulla approvazione e l’attuazione dello  “sblocca cantieri”, gravano le sollecitazioni leghiste  per deregolamentare taluni aspetti ( subappalti – ruolo di Cantone – limiti di ammontare dei lavori  per procedure accelerate - ecc. ) che, oggettivamente frenano il procedimento decisionale, ma anche i sospetti e le preoccupazioni  dei 5 stelle  che hanno  rispolverato la questione morale.  E, poi, la riforma della giustizia, alla quale stanno  lavorando, con differenti angolature i ministri Bonafede e Bongiorno, ma che resta  sempre sospesa tra giustizialismo e garantismo, come può trovare, oggi, un terreno di compromesso, appunto, tra “giustizialisti” e “garantisti”? Appare  lontano il tempo nel quale sono passate le norme anticorruzione con le limitazioni delle prescrizioni e la eliminazione delle pene alternative per le condanne per reati contro la pubblica amministrazione.   

La politica italiana sta riprendendo a girare a vuoto, mentre la situazione  del Paese si fa più difficile. L’unica realtà che potrà orientare la politica italiana è l’orizzonte europeo. Una Europa che, ritrovando le ragioni della sua fondazione,  possa  sollecitare virtuosi comportamenti e  condizioni essenziali per lo sviluppo, cioè politiche razionali di spesa, incremento degli investimenti strutturali, tutele del lavoro. Che riproponga solidarietà e  un primato politico fondato sul ruolo forte della sua rappresentanza parlamentare. Come ripete il Presidente Costalli: “L’Italia ha bisogno dell’Europa”. Ai cattolici che sentono la responsabilità di impegnarsi si offre la via del voto per il popolarismo europeo, come sollecitano le iniziative del MCL in tutta Italia. 

Pietro Giubilo

 




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