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25/03/2019
Cancelli anti-barbone
La nuova tendenza dei negozi per impedire ai senzatetto di poter sostare davanti alle vetrine di notte.

Leggendo un quotidiano qualche giorno fa ho notato che alcuni negozi hanno messo delle cancellate davanti alle loro vetrine per impedire che durante la notte qualche barbone vi si rifugi.

Ebbene si un cancello di metallo, lungo le vetrine del locale, per non permettere più a barboni, stranieri e italiani di dormire all’addiaccio. In pratica sono state blindate le vetrine dei suddetti negozi. La barriera è stata realizzata in ferro e viene chiusa a chiave dagli operatori ogni sera. L'apertura è solo in determinate fasce orarie e chiaramente coincidente con l’apertura del negozio.

Ecco cari lettori, questa è la risposta di alcuni, all'immigrazione e all'accoglienza. Si, invece di venire incontro ai bisogni di quelli che dormono davanti ai negozi cercando di offrire loro un tetto, seppure temporaneo, per la notte, questi “benpensanti” hanno pensato di trovare una soluzione, per loro semplicissima, e cioè blindare con una rete di metallo i loro ingressi.

Però a sentire i media sembra che in Italia siano tutti per l’accoglienza, siano tutti per gli stranieri e per quelli che hanno bisogno di assistenza.

Alla faccia del bicarbonato di sodio, come diceva Totò; e noi saremmo quelli che attaccano duramente il Governo perché chiude i porti agli immigrati? Beh, cari amici qualcosa non torna; si perché noi italiani vogliamo accogliere gli immigrati ma non nel nostro porto, vogliamo dare loro un ristoro ma non nella nostra città, vogliamo salvare quelle vite in mare ma non nelle nostre case. Ecco, questi siamo noi. Va bene tutto purché ci pensino gli altri!!

Io credo che l’accoglienza debba essere seria, certo regolamentata, ma non possiamo davvero pensare di erigere muri o cancelli per tenere fuori degli “svantaggiati”; così non si risolve il problema. Però se parli con quelli che hanno messo i cancelli cosa vuoi che ti dicano: quello è un semplice cancello che abbiamo scelto di installare davanti al nostro negozio, sia per evitare che le persone maleducate facessero i propri bisogni proprio davanti all'ingresso della nostra struttura, sia per regolamentare meglio l'accesso delle persone che usufruiscono dei nostri servizi. E se poi intervistate gli abitanti della zona vi diranno: ora andiamo a prendere o lasciare le nostre auto in tutta tranquillità, lo spettacolo di prima era nauseabondo. Alla notte, poi, giravano sempre tanti brutti ceffi.

Ma le parole del Santo Padre verranno mai ascoltate da qualcuno? Egli qualche tempo fa disse: “quanti poveri ci sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone! Sull'esempio di Francesco d'Assisi, la Chiesa ha sempre cercato di avere cura, di custodire, in ogni angolo della terra, chi soffre per l'indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati”.

Ma soprattutto vorrei ricordare a chi legge che tutte quelle persone che nelle nostre città magari la notte si rifugiano in un androne per dormire, possono essere nostri concittadini che hanno perso il lavoro oppure che si trovano per strada per qualsiasi altro motivo. Negli ultimi anni, cari amici, sono aumentati soprattutto gli italiani indigenti. Da una recente inchiesta della Caritas si vede che molti italiani oggi hanno bisogno di cibo, perché alla sera alcune mense sono chiuse. Poi cercano un rapporto umano con i volontari, anche perché per molti di loro la strada non è una scelta, ma una necessità. Alcuni volontari dell’Associazione Arca ci raccontano le loro storie: “a Milano molti presi panino e bicchiere di the si allontanano. Qualcuno invece vuole parlare. Come Alessandro, 40 anni. Racconta di essere anche lui un volontario: “io aiuto in piazza Affari con la Mia” dice (Mia è l’associazione Milano in Azione composta da persone con e senza dimora). Non sempre è semplice parlare con i senza dimora. Incontriamo anche persone che sono ubriache e che provocano, ammette Mouhib: a quelli che provocano dico sempre grazie e sorrido. Mouhib conosce bene questo popolo della strada ed è una guida sicura per i volontari, una quarantina quelli che ruotano a turni con l’unità di strada. A chi viene per la prima volta dico sempre: guarda quello che facciamo, gli mostro come ragionare con le persone, ma aiutare gli altri non è per nulla difficile”.

I volontari continuano: “Sotto i portici che vanno da corso Europa a via Hoepli, passando da corso Vittorio Emanuele e le sue vie laterali fino a piazza San Carlo, sono tantissimi i senza fissa dimora italiani che non si spostano, non vogliono correre il rischio di perdere il “posto” sicuro per la notte. Mouhib e i volontari conoscono tutti e li vanno a cercare per vedere se hanno bisogno di qualcosa, per vedere come stanno”.

I volontari in coro dicono: “Il primo impatto è stato abbastanza duro, ma molto appagante. Ti fa apprezzare quello che hai nella vita e ti aiuta a mettere in ordine le priorità”. 

Io credo che mettere i cancelli sia la cosa più semplice, significa chiudere ogni rapporto con il prossimo, significa non dialogare con esso, significa lasciarlo alla sua vita, se così si può chiamare, significa abbandonarlo. Credo che questa non sia la risposta giusta nei confronti di chi ha bisogno.

 

 

Luca Cappelli

 

 

 

 

 




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