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16/01/2019
Le nuove sfide del MCL
Testimoniare la possibilità di costruire una società che metta al centro dello sviluppo e del lavoro i valori del Cristianesimo

Bersani, il primo Presidente del movimento, diceva: “Un movimento muore se ha una crisi di identità o se ha una crisi economica”. Se non ha niente da dire o non può più pagare i collaboratori. Noi non abbiamo crisi di identità.

Noi cattolici oggi non abbiamo crisi di identità. Anzi, con l’Enciclica Laudato si siamo diventati punto di riferimento culturale per molti laici, per gli ambienti dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, per esempio. Le parole di Papa Francesco, oggi, sono un messaggio chiaro per tutti coloro che non condividono le chiusure delle frontiere, i fili spinati, la costruzione dei muri, i blocchi navali che intendono tagliare in due il mondo: da una parte i ricchi, la libertà, il benessere; dall’altra la miseria, la fame, le malattie, le tirannidi e le guerre.

Oggi non esiste nessun leader mondiale o nazionale, fra i laici, che riesca ad incarnare tutto questo. Forse non esiste nessuno che voglia rappresentare tutto questo. Noi MCL, invece,  in Italia, rappresentiamo tutto questo.

In questa situazione altamente positiva la nostra organizzazione ha anche una condizione economica in equilibrio. Però, molte associazioni cattoliche, attorno a noi, vivono una crisi profonda che rischia, in alcuni casi, se non di metterle definitivamente in crisi, di rendere sicuramente marginale il loro contributo allo sviluppo culturale e morale della nostra società: Azione Cattolica, Acai, Salesiani, i Gesuiti e tanti altri. Lentamente attorno a noi si è fatto il deserto. In questi ultimi vent’anni i cattolici divisi e marginali in politica hanno permesso ai vari governi di legiferare per collassarli economicamente. Le preoccupazioni sono legittime; perciò dobbiamo fare alcune riflessioni:

1° riflessione: oggi la politica non promuove valori, né solidarietà. Il linguaggio dei politici nasce dalla pancia e colpisce la pancia con gli egoismi più beceri;

2° riflessione: i poveri, gli emarginati, gli immigrati sono accusati di mettere in pericolo il livello di vita di questa nostra società. Sono diventati controparti, nemici, principalmente a causa di un linguaggio duro, che semina paura e propone l’egoismo come valore politico.

Ora noi siamo ad un bivio: se non vogliamo soffrire di emarginazione e potere attingere alle risorse pubbliche, dobbiamo stare dentro il dibattito e fare parte della maggioranza, dobbiamo parlare lo stesso linguaggio: quello degli egoismi.

E’ questa la nostra missione?

E’ l’egoismo la nostra missione?

No, e non è questo il nostro domani. Dobbiamo continuare a portare avanti i nostri valori, i nostri progetti di solidarietà, coscienti che siamo minoranza nella società e che siamo chiamati a fare testimonianza. Dobbiamo provare ad essere il seme per una nuova società.

Però, se siamo minoranza, dobbiamo attrezzarci per non morire. E tenere presente che in questi anni i tagli ai nostri servizi sono stati sistematici.

Cosa fare?

Dobbiamo costruire una rete di solidarietà regionale in grado di garantirci reciprocamente, pur mantenendo le autonomie provinciali.

Dobbiamo attivare una serie di servizi a pagamento che utilizzino il grande bacino dei nostri utenti, offrire servizi gratis a chi non può pagare e far pagare chi può.

Per fare questo io propongo otto percorsi:

1. Struttura unica regionale con dentro tutti i servizi, in grado di attivare i nuovi servizi, di ottimizzare le risorse umane, diminuire i costi e avere la capacità di crescita omogenea su tutto il territorio regionale.

2. Ampliare il terzo settore coinvolgendo tutte le realtà regionali, promovendolo nelle province carenti. Passando lentamente dall'accoglienza all'assistenza. Sviluppando la terza età, l’handicap, aprendosi a tutte le persone bisognose di assistenza.

3. Trasformare i circoli in centri di volontariato. Organizzare una struttura regionale che li coordini.

4. Costituire il nostro fondo Interprofessionale o in alternativa una Convenzione forte unica Nazionale.

5. Attivare il settore del tempo libero con strutture regionali per categoria, (calcio, bocce, sci, palestre, ciclismo…) valorizzando tutte quelle iniziative che le province realizzano.

6. Costruire una nostra mutua sanitaria integrativa.

7. Convenzionare una Assicurazione che offra polizze vantaggiose ai nostri iscritti.

8. Costruire una nostra rete solidale per l’energia.

Ci saranno tante altre iniziative da mettere in campo: basta mappare le iniziative provinciali che hanno avuto un evidente risultato, promuoverle e coordinandole a livello nazionale.

Queste sono alcune delle cose che dobbiamo fare, ma per farle dobbiamo costruire una forte unità.

Non possiamo immaginare che queste attività le faccia il Regionale attuale, perché non ha strutture né mezzi finanziari. Ma possiamo partire dalle province.

Le province che hanno sviluppato meglio delle altre un settore, si faranno carico di coordinare la crescita regionale.

Questo è il mio appello a tutti i presidenti provinciali. E direi a tutti i dirigenti di questo nostro bellissimo movimento. In questa direzione e con queste prospettive, per tutte le implicazioni che prospettive e direzione comportano, per testimoniare la possibilità di costruire una società che metta al centro dello sviluppo e del lavoro i valori del Cristianesimo, noi dobbiamo continuare a far crescere il Movimento Cristiano Lavoratori.

Nicolò Papa

 




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