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10/01/2019
Un messaggio dentro la bottiglia
Quattro eventi favorevoli che farebbero ripartire l’economia italiana

Proverò a scrivere di nuovo sull’economia italiana come feci all’inizio (marzo 2013) della mia collaborazione con questo blog in alcuni articoli monografici. Sono righe pensate prima di ieri e prima di oggi. Mi sono sentito in questi anni come un naufrago che mette dentro la bottiglia il messaggio per essere salvato: lanciandolo in mare nella quasi certezza che nessuno mai lo pescherà. L’economia italiana al di là di recuperi ciclici non sperimenta una ripresa strutturale da più d’un quarto di secolo. A frenare la sua crescita v’è un doppio vuoto: la domanda effettiva nella sua componente degli investimenti e la produttività (del lavoro, dell’innovazione e del progresso tecnico). Il ritorno ad una crescita strutturale a mio avviso presuppone almeno quattro condizioni o se preferite quattro eventi favorevoli. Esaminiamoli seppur telegraficamente: 1) riequilibrio del bilancio dello stato. Visto che col bilancio in tendenziale pareggio e con un Pil nominale in crescita si ridurrebbero il peso del debito pubblico, il premio per il rischio (spread) e la spesa per interessi; 2) recupero di voci di entrate e di uscite nel bilancio dello Stato. Sto parlando di forniture, appalti, trasferimenti ad enti ed imprese ed evasione fiscale. Circa un quarto di Pil: 400 miliardi di euro. 

Intervenendo in questo settore, nell’arco di un biennio si potrebbero recuperare due punti percentuali di Pil erodendo del 4% annuo questi 400 miliardi.  Più di 30 mld di euro che unitamente alla riduzione della spesa per interessi consentirebbero di raggiungere il pareggio del bilancio pubblico strutturale e di creare la capacità fiscale necessaria per investimenti pubblici. Con un effetto netto positivo sull’attività economica; 3) aumento degli investimenti pubblici. Questi ultimi sono crollati da 54 mld di euro nel 2009 a 34 mld nel 2017. In questo modo si è avuto un deperimento delle infrastrutture che ha pregiudicato l’aumento della produttività. Secondo alcune stime della Banca d’Italia, infatti, lo stock netto di capitale pubblico e privato in Italia nell’ultimo lustro è diminuito del 10%; 3) riforma dell’ordinamento giuridico. Pena la paralisi dei procedimenti civili. Basta citare un solo dato. I procedimenti civili pendenti sono più di tre milioni e mezzo, con un contenzioso di primo grado di circa mille giorni. Vanno riformati pertanto a beneficio delle imprese: il diritto societario, il diritto fallimentare ed il rito del processo civile. Nel rapporto tra il settore produttivo e la pubblica amministrazione pesano inoltre la giungla delle autorizzazioni, l’intrigo delle competenze e la palude delle conferenze dei servizi.

Unitamente ad un codice degli appalti bizantino alla sola vista del volume; 4) aumento del profitto da produttività. Nel nostro paese dalla svalutazione della lira nel 1992 le imprese italiane hanno atteso passivamente il profitto: dal cambio favorevole (venuto meno con l’adozione dell’euro), dalla moderazione dei salari, dagli aiuti pubblici, dall’evasione fiscale e dalle rendite di posizione che lo stato italiano concede. Per dirla in breve: la prospettiva del guadagno facile è stata la determinante di fondo che ha provocato lo scadimento della produttività in Italia. L’assenza di concorrenza ha messo fuori mercato le nostre imprese che hanno perso nel tempo la capacità di competere nei mercati internazionali. Per chiudere. Quattro condizioni sono tante ma ce ne sarebbero altre: l’iniqua ripartizione delle risorse, il Mezzogiorno che è rimasto al palo e l’Europa che dovrebbe dotarsi di una politica fiscale comune. Abbiamo scelto queste quattro perché sono quelle più imprescindibili. Finora i governi hanno fatto poco o nulla. Quelli Letta, Renzi e Gentiloni hanno favorito i consumi e non gli investimenti pubblici. Mentre quello in carica sta proseguendo in peggio sullo stesso crinale. 

 

Marco Boleo

   

 

 




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