“Siamo arrabbiati” dice l'istituto di statistica, un popolo di arrabbiati e addirittura incattiviti. Non ce ne eravamo ancora accorti leggendo i vari post su Facebook dove il navigatore collettivo scarica la propria tossica indignazione su tutto e su tutti scorrendo i twitter dove nascondendosi spesso dietro profili falsi ci si prende gioco del vicino di casa, del capo ufficio, del parroco, del ministro di turno ascoltando i politici causa effetto di questo o quel malessere del secolo prima che offendono gli avversari poi iniziano a parlare eccetera.
Una tendenza mondiale che è confermata, basta osservare il successo di Trump in America: siamo a un cambio d'epoca assistiamo a quello che il Censis chiama un cattivismo diffuso a un cambio di linguaggio, come accade periodicamente nella storia e di cui il populismo è puntuale trama rivelatrice e il sovranismo, anche questo citato dal Censis, secondo cui gli italiani sono colpiti ha un sovranismo psichico, è un risvolto.
L'Italia vuole essere trattata dalle grandi nazioni come una sorella non comunque la cameriera, diceva nel novembre del ‘23 l'allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini, a un'Italia impaurita, impoverita e smarrita, proprio come quella descritta adesso dal Censis.
“American First” è il motto che ha fatto vincere Trump alla fine della più grande crisi economica americana, dopo quella del ’29. Una situazione di malessere che spiega il Censis è aggravata dalla crisi economica che ha ulteriormente caricato la molla della rabbia, questo è il fatto.
Non ci sono prospettive di crescita, guadagniamo meno, abbiamo perso potere d'acquisto rispetto agli altri partners europei e abbiamo smarrito molti punti di riferimento, prima di tutto il lavoro.
Se nel passato in altre epoche il lavoro mutava forme, stavolta il lavoro è finito; i nostri figli non riescono a trovare un impiego e se lo trovano è diventato precario. Ecco perché sentiamo il bisogno di protezione che evidenzia il Censis ed ecco perché alla fine siamo sempre più arrabbiati.
Una rabbia che non può essere considerato una novità in un paese che nell'ultimo secolo ha conosciuto due guerre civili numerevoli moti di piazza, colpi di Stato tentati e andati a segno e svariate contestazioni sindacalisti studentesche.
Ma è il destinatario nella disaffezione verso la politica del ‘vaffa’ generalizzato che genera un cattivismo diffuso e che almeno in parte si ritrova nell'analisi del fenomeno immigrazione vero punto caldo della politica di oggi.
Sugli immigrati si vincono e si perdono le lezioni e non solo in Italia. Ecco perché è uno dei motivi della rabbia è legato proprio l'emigrazione e lo spiega il Censis gli immigrati extra UE sono percepiti come un problema della maggior parte della gente oltre il 63% degli italiani di per una minaccia lo Stato Sociale chi per ragioni economiche.
Un dato significativo che i nostri politici dovrebbero far bene inquadrarlo da destra e da sinistra. La percezione del pericolo che indubbiamente superiore reale portata un fenomeno è dovuta non solo un mutamento abbastanza improvviso della consistenza sociale per cui vai a scuola di tuo figlio e scopri che la maggior parte dei suoi amichetti è straniera, ma anche alla scarsa capacità di gestire il fenomeno stesso.
L'integrazione è importante quanto l'accoglienza come spesso ricordato Papa Francesco e come sempre dice il pontefice è inutile accogliere tutti se poi chi arriva non si può integrare. E integrare non significa solo trovare un posto in un centro di accoglienza, ma avviare un percorso di inserimento sociale professionale che per forza di cose non può essere per un numero limitato di persone: quasi nessuno a destra come a sinistra l'ha ancora capito bene.
Il presidente della CEI il cardinale Bassetti di recente si è riferito la situazione italiana, esprimendo un po' le stesse impressioni, cioè se a un certo punto il rancore cresce, però dopo deve defluire, tutto sta a capire che cosa possa venire dopo il rancore. Un ritorno alla normalità o un’esplosione della rabbia magari innescata da situazioni di crisi familiare, crisi bancarie o altri motivi il mio timore a questo punto è che manchino le personalità autorevoli disposte ad assumersi la responsabilità che la complessità dei tempi comporta.
Gilberto Minghetti