Dopo mesi di propositi bellicosi il governo cerca di evitare l'avvio di una procedura di infrazione Europea. Nel frattempo sono usciti i dati dell'Istat e il problema si è sostanzialmente trasformato, non si tratta più di limare qualche decimale di deficit, ma ci sono cose molto più serie e quindi evitare un 2019 difficile per la nostra economia; insomma è indispensabile una manovra qualitativamente diversa.
La prima cosa che ci si chiede se questa maggioranza è in condizioni politiche di riscrivere integralmente in bilancio.
Infatti il proposito iniziale del governo poteva essere condiviso nell’allentare il cappio del debito pubblico attraverso una crescita economica più sostenuta e questo è un concetto positivo.
Solo che il progetto di bilancio non corrispondeva a quell'obiettivo e non corrisponde tutt'ora. Il problema non è tanto il livello del deficit quanto è il contenuto della manovra del governo ovvero troppe spese correnti, troppe poche spese per investimento e in conclusione un messaggio poco chiaro e spesso contraddittorio rivolto agli operatori economici.
Risultato nessuna crescita indotta e molta sfiducia.
Se in una situazione economica discreta la manovra non andava bene, ora si tratta di operare per un'economia che serva a un bilancio capace di imprimere uno stimolo molto forte la crescita.
Se l'anno prossimo la crescita si ferma sotto l’1% anche un debito ridotto dal 2,4 lal 2%, spingerebbe in alto il rapporto debito /PIL e avvicinerebbe l'aggravio sul debito pubblico.
Il governo ha quindi una sola strada, prendere quel punto percentuale di reddito nazionale, appostato per iniziative come il reddito di cittadinanza, pensioni anticipate, assunzione nel pubblico impiego, rinviare questi propositi al futuro e destinare integralmente questa è la cifra gli investimenti pubblici e incentivi fiscali per gli investimenti privati. Ma quali conti?
Una porta si chiude un'altra si apre: nella prima porta entrano spiragli di ripresa mentre l'altra porta si apre ad un panorama di recessione ad aver sfrutt1ato appieno la porta della ripresa per procurarsi qualche briciola in più in caso di tempi avversi. Però oggi il governo trova difficoltà a far quadrare i conti della legge di bilancio e intanto i tempi si fanno più stretti nella trattativa tra Roma e Bruxelles.
Ci consola l'andamento della locomotiva tedesca che arranca e registrano stop dei consumi, davvero inspiegabile per un paese che vanta la piena occupazione.
Ma la possibile marcia indietro dell'economia ha ragione globali e nazionali ovviamente le prime non cambiano con decreto, ma buona norma suggerisce a evitare che il peggio peggiori. Se ci fossero leggi davvero per la crescita e più margine di trattativa politica con l'Europa sarebbe possibile una manovra espansiva, ma non ci vogliamo isolare anche se pesano i 2300 miliardi di debito pubblico.
A guardare più lontano l’incrocio di due dati traccia il quadro della sfida più grande secondo l'Istat sulla natalità stanno rinunciando a mettere al mondo anche il primo figlio i geriatri d'altra parte hanno stabilito che si diventa anziani dopo i 75 anni. Questa è una notizia per l'umanità, pessima per la spesa previdenziale che è il solito dramma in più per un paese con un ascensore sociale bloccato. Siamo penalizzati.
L’ennesimo G20 è arrivato carico di attese incognite. Commerci, prezzo ed estrazione del petrolio, economie globali in rallentamento, clima, immigrazione, sono stati grandi temi sul tavolo. I due massimi giganti del globo Usa e Cina che da soli costituiscono il 50% del PIL mondiale hanno monopolizzato l'attenzione alla fine anche se molto costantemente hanno ridotto le distanze e si spera anche le tensioni sui mercati.
Insieme a loro l’Europa con il populismo in esplosione e il rallentamento considerevole della crescita, la perdita di leadership praticamente in tutti i settori strategici dello sviluppo e forse (a parte l'auto grazie ala Germania e il lusso per merito della Francia) fanno sì che il vecchio continente diventi sempre più marginale nelle sorti del globo.
Gli altri protagonisti del presente e del futuro sono i fornitori di petrolio e gas, Russia, paesi arabi, Sudamerica, tutti alle prese con sostanziali problemi nessuno in condizione di dettare condizioni al mondo sempre importante, tuttavia, ma sempre meno. L’insieme di queste componenti ha sulle spalle la sorte del globo e anche di eurolandia. Più di ogni altro siamo soggetti a guardare gli scenari per essere le vittime più che protagonisti: il segno meno del PIL dei principali produttori europei Italia e Germania la dice lunga sulla necessità dell'intera comunità europea e soprattutto italiana di dover rilanciare l'economia basandosi su investimenti infrastrutturali e su una modernizzante complessiva.
Il trumpismo dei dazi penalizza noi e i tedeschi molto più di ogni altro, avendo entrambi un livello di consumi interni in persistente arretramento; con il calo dell'export, ci riporterà in lieve, ma progressivo e costante recessione. evitarla o almeno ricondurla a tempi limitati sarà possibile solo attivando una incisiva azione di marketing e di sostegno alla produzione.
Gilberto Minghetti