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28/11/2018
Capitali in fuga
La strada da imboccare resta quella di un accordo da perseguire nelle prossime settimane

Si  commetterebbe un nuovo errore a pensare da parte del governo italiano che la lunga illusione degli impegni legati al confronto con la Commissione Europea possa essere la scelta migliore per far fronte a una situazione non facile. L’incontro tra Conte e Tria con Junker dovrebbe essere il primo passo su una strada capace di prevenire, con il raggiungimento di un compromesso nelle prossime settimane, l’iter per la procedura decisiva a Bruxelles sulla scia quantomeno per un confronto volto a concordare con equilibrio sulle misure da adottare subito dopo qualora si arrivasse alla fine con una deliberazione dal parte del Consiglio Europeo.

Se  dovesse risultare, invece una carenza di delega nella squadra italiana, non si farebbe altro che aggiungere confusione e disorientamento, ma  il fatto che lo stesso premier abbia parlato di rimodulazione degli impegni dovrebbe all'opposto significare l'apertura di un auspicato confronto speranzoso  con la commissione.

Immaginare  che da gennaio si possano allungare i tempi della discussione con Bruxelles fino a dopo le elezioni europee utilizzando appigli procedurali è sempre possibile, ma costituirebbe un azzardo, un lungo periodo di discussione che di fatto, non giova nè l'una, ne l'altra parte.

Anzi l’attuale stato di incertezza permanente rischia di orientare negativamente mercati, in specie gli investitori e i risparmiatori, poiché lo stato dei conti pubblici, il livello del debito, la tutela del risparmio in generale e la stabilità finanziaria sono innanzitutto un problema italiano che esisterebbe anche se non vi fossero regole e parametri comunitari.

Tale situazione  fa ritenere che il temporeggiamento non giova, sono gli stessi interventi di carattere sociale importanti,  da rafforzare e rendere più organici  e non se  ne trarrebbe giovamento  dall'incertezza sulle conseguenze della manovra.

Sì  evitino comunque due illusioni che l'esito elettorale sia un evento magico e che cambi il volto politico dell'Europa con le frazioni di una linea sovranista favorevole all'Italia ribelle all’l'unione che, subito dopo, muti la composizione della Commissione con ciò cambiando i rapporti con gli stati. Si  è dimostrato sinora che i sostenitori più spinti della linea sovranista di Orban e Kurz sono i più decisi accusatori della nazione Italiana delle regole europee.

È una contraddizione di termini ritenere che i sovranisti possono essere concretamente solidali con altri sovranisti, inoltre ai commissari sarà bene ricordare che molti di essi saranno in carica fino al 2019 e non c'è granché da sperare quindi nei mutamenti di linea della commissione.

La  strada da imboccare allora resta quella di un accordo da perseguire nelle prossime settimane, con determinazione a mettere in campo proposte che da un lato tengono sotto controllo l'impatto delle diverse misure previste, dall'altro  incidono meglio su produttività, sviluppo,  crescita e lavoro.

Il  programma di riduzione del debito deve essere comunque convincente realistico articolato in più anni:  tutt'altra cosa rispetto all'indicazione generica di 18 miliardi di dismissioni. Confidare  che la situazione migliori quasi magicamente una volta applicata la manovra senza affrontare il problema delle sanzioni europee e quello dei mercati o solo perché in una certa giornata gli spread si sono ridotti, sarebbe una prova di una scarsa responsabilità.

A  suonare l'allarme sulla manovra economica è anche  la Banca d'Italia: capitali esteri in fuga dal nostro debito quasi 85 miliardi di euro evaporati dal portafoglio delle famiglie, dalle banche e assicurazioni più vulnerabili, sono i costi dell’impennata dello spread sui mercati alla vigilia del vertice di Bruxelles fra Conte, Tria e Junker..

Nel  frattempo il decreto fiscale collegato alla manovra continua il suo percorso parlamentare, in arrivo pure, novità sulle banche popolari e sulla lotta all'evasione, con la possibilità della guardia di Finanza di mettere il naso nei conti correnti, poi i governatori delle regioni che non potranno essere anche commissari alla sanità la cosiddetta norma studiata a misura per  il presidente della regione Campania.

Nel  rapporto sulla stabilità finanziaria con il quale Banca d'Italia ogni sei mesi fotografa la situazione della nostra economia, il minimo comun denominatore è stato l'aumento dei rendimenti dei titoli pubblici causato dalle incertezze e sull'orientamento delle politiche economiche di bilancio, parole che accendono più di un faro sull’impennata dello spread: un  trend che, avverte una nota di Moody's, potrebbe costare caro.

Nei  primi sei mesi il tesoro già pagato 1,5 miliardi in più di interesse e se lo spread non calerà, la spesa aumenterà di 5 miliardi nel 2019 e di 9 miliardi nel 2020,  più o meno quello che costano reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni messi insieme.

A  preoccupare Bankitalia sono alcuni fattori, in primo luogo la fuga dei capitali esteri dei nostri titoli pubblici, soprattutto nell'ultima emissione del BTP Italia, il  93% è stato sottoscritto da investitori italiani. Una  situazione che non si vedeva dal 2012 quando lo spread viaggiava su quota 400 e Mario Draghi annunciava  una misura eccezionale per evitare il rischio di contagio dalla Grecia.  L'aumento dei rendimenti pesò poi non solo su assicurazioni e banche, ma anche sulla ricchezza delle famiglie che in tre mesi ha già visto il valore di BTP in portafoglio perdere il 9%, più o meno 85 miliardi.

Sono  numeri che condizioneranno invece il vertice di Bruxelles, poi sulla manovra il commissario Moscovici ha lasciato aperto uno spiraglio per evitare in extremis la procedura di infrazione, dichiarando che le porte sono aperte… Ma  per centrare questo obiettivo sarà richiesto di fare uno sforzo ulteriore.

Lo  sforzo potrebbe essere quello “anti-spread” studiato  dal governo iniziando dalle assicurazioni, ma le operazioni riguarderà anche le banche non quotate. Tra  le novità del fisco poi approvate in commissione finanze del Senato, anche il rinvio al dicembre 2019 della scadenza fissata con la trasformazione delle popolari in SPA, ovviamente in arrivo anche sul fronte delle tasse e dal 2020 scatta pure la dichiarazione precompilata dell'IVA. Infine le imprese che aderiscono alla rottamazione ter, dovranno dimostrare di essere in regola con il pagamento dei contributi, come avviene per chi ottiene appalti e subappalti pubblici.

All’Italia non mancano elementi di solidità finanziaria, però è essenziale abbassare la febbre dello spread, per non compromettere crescita e stabilità. È il messaggio di Via Nazionale che arriva alla vigilia del confronto sulla manovra di bilancio fra il presidente del Consiglio italiano e quello della Commissione europea.

Gilberto Minghetti

 

 

 




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