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12/11/2018
Per ripartire serve un patto tra Stato e privati
Si vede all’orizzonte un ritorno di un centralismo che vede come unico protagonista lo Stato

Se parliamo di infrastrutture vediamo subito tratteggiarsi il filo rosso della cattiva politica e degli appelli brutali sui social network, che collega tre scenari a dir poco disastrosi: il possibile blocco del gasdotto Tap in Puglia, la messa in discussione (vedasi il voto del consiglio comunale di Torino) della Tav nel Nord Italia e la prospettiva di una nazionalizzazione delle autostrade dopo il crollo del ponte Morandi.

Questi sono semplicemente gli scenari agghiaccianti dell’approccio alla politica targato cinquestelle.

Ed allora nel loro vaneggiare, parlo dei pentastellati, si vede all’orizzonte un ritorno, davvero fuori luogo, di un centralismo che vede come unico protagonista lo Stato, badate bene non la famiglia o l’impresa, bensì lo Stato. Quindi si torna alla famosa equazione che “uno vale uno”, dove lo Stato è solo contro tutto e tutti. E così si annulla la comunità perché quel famoso “uno” che vorrebbe valorizzarsi soccombe invece sotto il peso del tessuto socio-economico del Paese.

Vedete cari lettori, le infrastrutture per certi versi rappresentano la cartina di tornasole delle dinamiche politiche di uno Stato. Su tutti i disastri che si sono succeduti in Italia io credo che essi siano proprio frutto di un’invadenza dello Stato agghiacciante, dove il controllore ed il controllato molto spesso si mescolano fino ad arrivare nella situazione in cui per ogni catastrofe non esiste alcun colpevole!

Parliamo di fatti concreti: il blocco della Tav in val di Susa, pensate si parla di un’opera europea faraonica, la Lisbona-Kiev, pensateci un attimo, di quale giovamento si avvarrebbe il nostro Paese nel suo blocco.

Vogliamo parlare del Trans adriatic pipeline, il gasdotto che porterebbe gas nel nostro Paese. Esso è un progetto da 4,5 miliardi di euro, in gran parte già spesi. È già stato completato per circa il 70% (600 km su 900), destinato a generare nuovi investimenti e posti di lavoro. Esso rappresenta il troncone europeo del Southern Corridor che porterà in occidente il gas proveniente dall’Azerbaijan. Senza parlare poi delle autostrade all’indomani del crollo del ponte di Genova.

Il vero problema è che si stanno bloccando opere strategiche per il nostro Paese solo per cecità di una cattiva politica che spesso sottende all’ideologia e che spesso ha il volto dello statalismo sfrenato. Il tutto poi è condito da toni estremisti; pensate alle parole del Ministro Toninelli, il quale ha gettato, irresponsabilmente, il sasso nello stagno della rabbia popolare, minacciando di statalizzare le autostrade all’indomani del crollo del ponte Morandi.

Egli ha fatto una sparata folle alla ricerca di consensi, senza rendersi conto però che abbiamo bisogno proprio del contrario e cioè di un mercato dove gli attori si confrontino senza annientarsi, e soprattutto di uno Stato che non si sostituisca al privato ma che con il privato ci faccia accordi restando ben saldo nel ruolo di regolatore e controllore.

Ma resti regolatore e controllore sempre e non solo dopo tragedie che vedono morti e gettano come sempre il nostro Paese nell’emergenza, la quale è diventata ormai una cosuetudine.

 

Luca Cappelli

 

 

 

 

 




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