In queste settimane si sta celebrando il Sinodo dei Vescovi dedicato ai Giovani dal tema "I Giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

La Chiesa ha deciso di prendersi cura delle nuove generazioni riflettendo sul loro vissuto, la loro vocazione le loro scelte.

I giovani di oggi si confrontano con una serie di sfide e opportunità esterne ed interne, molte delle quali sono specifiche dei loro contesti individuali, mentre alcune sono condivise tra i Continenti. Alla luce di ciò la necessità per la Chiesa di esaminare il modo in cui pensano i giovani ed entrare in contatto con loro, affinché la Chiesa stessa possa risultare una guida efficace, rilevante e vivacizzante nel corso della loro vita.

Rileggere il mondo attraverso gli occhi delle nuove generazioni è un compito tanto complesso quanto improcrastinabile a cui non bisogna sottrarsi e difatti Papa Francesco già dal 2016 invitò tutte le Chiese locali del mondo a questa riflessione.

Ma cosa cercano i giovani?

Innanzitutto il senso di se stessi in una comunità che li accolga e li renda protagonisti. La famiglia rappresenta un luogo che aiuta a sviluppare la personalità e l’identità delle nuove generazioni ed ecco perché i giovani cercano di radicarsi nelle tradizioni familiari sforzandosi di essere fedeli all’educazione ricevuta. Proprio in queste prime giornate sinodali la Chiesa tutta, colto l’invito di Papa Francesco sull’esigenza di ascoltare i giovani, ha nuovamente dichiarato il bisogno di sostenere meglio le famiglie e la loro formazione in quanto prima forma di comunità essenziale per la crescita dei giovani.

Il senso di appartenenza è uno dei temi delle giornate sinodali perché viene inteso come un fattore significativo nella formazione della propria identità. Sentirsi socialmente appartenenti ad un gruppo favorisce il benessere dell’intera comunità. Progettare la società sull’appartenenza può fornire anche spazi di risanamento per le nostre famiglie, mostrando che c’è posto per tutti.

Queste settimane dedicate al Sinodo dovrebbero rappresentare la modalità giusta per il coinvolgimento dei giovani anche nei processi decisionali e nel ruolo di leadership.  Per tutto questo il richiamo alla formazione già citata appare obbligatorio. Ma il richiamo del Papa è anche a chi come noi svolge un ruolo nel mezzo e cioè ai corpi intermedi. Il nostro Movimento nel corso di questi anni ha sviluppato non solo momenti di riflessione ma ha concretizzato percorsi formativi adattai alle nuove generazioni proprio perché l’identità dei giovani è anche formata dalle interazioni esterne e dall’appartenenza a gruppi, associazioni e movimenti specifici, attivi anche al di fuori della Chiesa. Talvolta le parrocchie non sono più luoghi di incontro mentre i corpi intermedi rappresentano un luogo di facile raduno e anche autentico. Appartenenza e partecipazione questo ci aspettiamo dal documento finale del Sinodo.  I giovani non si percepiscono come una categoria svantaggiata o un gruppo sociale da proteggere e, di conseguenza, come destinatari passivi di programmi pastorali o di scelte politiche. La disponibilità alla partecipazione e alla mobilitazione in azioni concrete è la missione che la Chiesa e quindi anche noi Corpi intermedi dobbiamo perseguire perché nel contesto delineato i vecchi approcci non funzionano più e l’esperienza trasmessa dalle generazioni precedenti diventa rapidamente obsoleta. Diventa pertanto indispensabile la diffusione di strumenti culturali, sociali e anche spirituali perché i meccanismi del processo decisionale non si inceppino e si finisca, magari per paura di sbagliare. Lo ha detto Papa Francesco: “Come possiamo ridestare la grandezza e il coraggio di scelte di ampio respiro, di slanci del cuore per affrontare sfide educative e affettive?”.

Questo è il risultato che attendiamo dal documento finale del Sinodo dedicato ai giovani.

Maria Pangaro