PRIMO PIANO
01/10/2018
Dopo la prossima recessione molte cose cambieranno
L'attesa dei mercati per le mosse di Italia e Usa.

Dieci anni dopo la Grande Recessione del 2008-2009 l’economia globale va bene e nella regione guida, gli Stati Uniti, va benissimo. Tutti crescono, l’inflazione è al giusto livello, le banche sono ricapitalizzate, non ci sono da tempo fallimenti sovrani, bancari o corporate di rilievo sistemico e un certo numero di borse sono ai massimi storici.

Di fronte a indubbi successi nella gestione del ciclo economico registriamo però due insuccessi. Il primo è sul fronte degli squilibri strutturali, che non si sono ridotti e si sono in certi casi aggravati. Parliamo di squilibri demografici (sui quali nel breve si può fare poco), di squilibri cronici delle partite correnti generati da mercantilismo e che creano protezionismo, di stock di debito ai massimi storici in relazione al Pil globale.

Il secondo insuccesso, che tocca direttamente le classi dirigenti, è la loro perdita di consenso, e quindi di controllo. Le crisi dei vent’anni precedenti il 2008 erano state attenuate dalla globalizzazione, quella del 2008 è stata esasperata dalla globalizzazione. Ne sono derivate in Occidente una radicalizzazione dello scontro politico che mette in discussione assetti e principi che sembravano intoccabili e in Cina, addirittura, una svolta autoritaria sempre più soffocante.

L'attesa dei mercati per le mosse di Italia e Usa.

Come si fa a pensare di investire seguendo i modelli del mercato  chi rivendica tuttora la spesa in deficit come  terapia indissolubile  dove si cerca di finanziare  impegni presi in campagna elettorale e rischiano  di autoescludersi per dichiarata incostituzionalità  come per flat tax e reddito di cittadinanza?  La storia ci insegna che il mercato se vuole imporre la sua linea  lo fa capire molto chiaramente attraverso i suoi  sofisticati strumenti.

Mi viene da pensare che chi  guida il ministero preposto sta giocando di sponda (osservando il buon senso e la sintonia col Quirinale di stare dentro la quota dell’1,6%) e si presenti come un “paladino della partita doppia”che fa comodo  a qualcuno del ruolo  da kamikaze che  certa gente fa prendere al Paese, ma che possa anche nascondere  i limiti  di questa politica di alleati di cui si evincono aspetti di fibrillazione.

Se pensiamo che la coalizione è sostenuta da un consenso popolare da record di cui la maggior parte è rappresentato da esponenti tutti orientati a una lotta senza quartiere contro gli sbarchi l’immigrazione in genere!

Al vertice recente di Salisburgo non abbiamo brillato: isolamento totale, tutto come prima, un disappunto in più con l’Austria per la questione dei doppi passaporti per gli altoatesini di lingua tedesca. Il Presidente del Consiglio ha tirato fuori la ricetta mercantilistica della sanzione pecuniaria per chi decide di non accettare ricollocamenti: accidenti, ci voleva davvero un governo di fenomeni per arrivare a questa determinazione. Non vuoi migranti? Paga la multa e se li accolla qualcun’altro. Come fossero bancali di merce, ricordiamo i recenti moniti di Papa Francesco al riguardo!

Ma ripeto, qui sotto c’è dell’altro. Deve per forza esserci dell’altro, l’opinione pubblica italiana potrebbe far pensare a una voragine quasi espiatoria, in cui è precipitato il buon senso collettivo. Ma i mercati non sono l’opinione pubblica, i mercati ragionano e si muovono per interessi non dell’oggi e nemmeno del domani: guardano avanti e puntano al bottino grosso, non al premio di consolazione o al minimo sindacale. Perché, infatti, assaltare il nostro debito pubblico in grande stile, quando al governo - “grazie” alla rabbia per l’incapacità conclamata di chi lo ha preceduto, in varie fasi e con vari gradi di responsabilità - ci sono dei professionisti della destabilizzazione, generatori di caos da competizione? Proviamo pure a lasciamoli fare, soprattutto ora che sta arrivando il redde rationem del Def, con il quale potrebbero tirare una mazzata di quelle strutturali ai conti pubblici e allo loro sostenibilità post-Qe.

Due  cose guardano i mercati, due soltanto: le elezioni di mid-term del 6 novembre negli Usa e la fine reale del Qe della Bce, ovvero cosa deciderà di fare Mario Draghi in vista di gennaio fra limitarsi a reinvestire i bond detenuti o dare vita a una versione europea di “Operazione di torsione”, operando sulle scadenze obbligazionarie per garantire ancora un pò di protezione dal rischio spread alle economie più indebitate. Come la nostra, o la Spagna. Il  resto  lo conosciamo già,  a partire dalla farsesca guerra commerciale fra Usa e Cina e la più che prevedibile, stante le mosse della Fed, crisi valutaria/debitoria dei mercati emergenti. E vale lo stesso ragionamento dell’Italia giallo-verde anche per gli Usa, poiché si tratta proprio una strategia politica precisa.

Dato che per poter navigare nei mari tempestosi della globalizzazione avanzata è necessario tornare a produrre insieme valore (economico, ma anche sociale, relazionale, culturale etc.), valgono le parole di Papa Francesco. A tutti noi – cristiani e uomini di buona volontà – tocca il compito di rendere questa ispirazione il nuovo modo condiviso di guardare ai problemi di questo tempo. Solo così da una situazione difficile potrà fiorire un nuovo rinascimento. Difficile certo. Ma non è forse proprio la capacità di essere lievito uno dei frutti più preziosi della speranza cristiana?

Gilberto Minghetti




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet