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07/07/2015
Un inno di speranza rivolto a tutti
L’enciclica “Laudato s쒔 di Papa Francesco

L’enciclica “Laudato sì’” di Papa Francesco è un dono particolarmente prezioso in un momento confuso come quello che stiamo vivendo. Quest’enciclica “ecologica” permette a tutti, credenti e non, di riappropriarsi di una visione del mondo pienamente umana. Proprio come San Francesco che con il suo “Cantico delle Creature” fece riscoprire la bellezza e la bontà del creato in un tempo in cui la dilagante eresia catara affermava l’opposto rendendo la vita personale e sociale una sorta di inferno in terra, così Papa Francesco ci ridona l’armonia smarrita tra l’essere umano e il creato. Riconoscendo i meriti che molti movimenti ecologisti hanno avuto, riconoscendo i benefici che la scienza e la tecnica hanno portato nelle nostre vite, il Pontefice, allo stesso tempo, ci libera dalla sacralizzazione dell’ambiente che diventa la divinità alla quale assoggettare l’essere umano e ci libera dall’affermazione assoluta del desiderio di dominio che è il tratto distintivo di noi moderni.

C’è una costante che attraversa tutta l’enciclica: tutto è connesso, tutte le cose sono collegate tra loro. Proprio in questo richiamo sta il grandissimo contributo che la “Laudato si’” porta al dibattito sulle questioni ambientali. Un’umanità ferita non può che ferire il creato, il degrado ambientale è il riflesso del degrado che è dentro di noi. Così in maniera chiara e netta il Pontefice sottolinea che è da schizofrenici battersi per proteggere le più piccole creature e poi accanirsi sulla sperimentazione degli embrioni, che non ha senso voler proteggere la diversità biologica ed essere indifferenti al destino dei non nati, dei più piccoli, degli anziani, che non ha senso voler salvaguardare l’ambiente, ma non fare niente contro la povertà o contro lo sfruttamento degli essere umani.

Nell’enciclica “sulla cura della casa comune” un ruolo fondamentale lo svolgono i temi legati alla promozione della dignità della persona e al perseguimento del bene comune. Non sono passate sotto silenzio le parole di fuoco che il Papa rivolge al sistema economico che si è ridotto ad essere uno strumento per affermare la sopraffazione: “il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”. Per questo è necessario che la politica e l’economia tornino ad essere al “servizio della vita, specialmente della vita umana”. Non sono passati inosservati neanche i passaggi sul mondo del lavoro, in cui Papa Francesco riafferma la dignità del lavoro e della persona nel lavoro, e in cui sottolinea che “non si deve cercare di sostituire sempre più lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe se stessa”, perché il lavoro è una necessità intrinseca ad ogni uomo. Il lavoro, del resto, è anche il modo migliore per prendersi cura del creato.

Il Pontefice “venuto dalla fine del mondo” ci invita a stare attenti a quel relativismo pratico che esalta lo sfruttamento, il dominio assoluto, dell’uomo sull’uomo, sul creato o nella vita sociale, un relativismo che esalta la cultura dello scarto. Per superare il rischio di essere anche noi sopraffatti dal desiderio di domino, Papa Francesco ci chiede di guardare a San Francesco, perché “la povertà e l’austerità di San Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio”. E con forza sottolinea che “se non ci accostiamo a alla natura, all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore… viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno immediati”.

In questa grande enciclica emerge una profonda e sincera fiducia nell’uomo, perché nonostante siano descritti in modo dettagliato i mali di cui l’ambiente soffre o i gravi problemi antropologici e sociali del nostro tempo, l’enciclica è un inno di speranza, un inno rivolto a tutti. E questa capacità di rivolgersi a tutti senza temere il confronto, l’umiltà di riconoscere il contributo degli altri e allo stesso tempo la consapevolezza di portare un messaggio di bene per tutti, sono gli atteggiamenti di quella Chiesa in uscita, tanto cara a Papa Francesco, che va verso le periferie dell’umano.

Giovanni GUT
 




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