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09/09/2022
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Spunti di riflessione sulla tutela dell’ambiente, dopo il recente incontro formativo ad Assisi organizzato dal Mcl

Le funzioni dello Stato moderno si sono evolute nel corso dei secoli. Nella metafora dell’edificio utilizzata da Wolfgang Merkel, in Europa lo Stato può essere rappresentato come un edificio che è venuto su poco alla volta nel corso dei secoli. I vari piani rappresentano le conquiste raggiunte. Il primo piano è la sicurezza interna di uno Stato. Quello successivo è la tutela dei diritti individuali e lo Stato di diritto. Il terzo piano è la democrazia ed il diritto di voto. Mentre il quarto è il welfare sociale a carattere tendenzialmente universale. L’ultimo piano della cui costruzione se ne parla da quasi quarant’anni è lo Stato ecologico: tutela dell’ambiente e del clima. Ora c’è da interrogarsi sulla stabilità dell’edificio. Mentre i primi tre piani non sono messi in discussione dal punto di vista progettuale, negli Stati dell'OCSE ed in quelli dell'UE la loro stabilità lascia a desiderare. I piani 4 e 5, invece, sono già progettualmente controversi per dimensioni e forma e sono costruiti solo in parte o sono già stati parzialmente smantellati (il welfare sociale negli Stati neoliberali). Lo ‘Stato’ (come unità singolare) non esiste in realtà, nemmeno in Europa. Visto che esistono piuttosto una varietà di Stati che differiscono nell'adempimento delle funzioni di base. I piani secondo, terzo e quarto, poi devono essere restaurati in parecchi paesi prima ancora di iniziare a costruire l'ultimo piano. Pena il crollo dell’intero edificio. Com’è noto lo Stato è un concetto teorico poco complicato rispetto alla reale complessità del 21° secolo. Esso, infatti, ha altri potenti attori al suo fianco o messi di traverso nell'economia, nella politica e nella società, internamente ed esternamente, sebbene rappresenti l'attore centrale.

Per comprendere la complessità della governance nel 21° secolo, ad avviso di Merkel, è più appropriato il concetto di sistema politico, che porta la società, lo Stato e la politica in un contesto strutturale e funzionale che può assumere varie forme. Il contesto che utilizza è quello: Input, Throughput, Output e feedback dall'Output all'Input. Il ‘diagramma di throughput’ è un modello per monitorare la dinamica del processo che accade nell’imbuto (funnel) (sistema sotto esame). A partire, infatti, dagli eventi rilevati nell’imbuto (arrivo, uscita) è possibile costruire un diagramma di throughput per area (detto anche diagramma di input/output). L'input è fornito dai cittadini con le loro richieste e supporti. Questi sono tradotti in decisioni vincolanti da parte di istituzioni statali come il Parlamento ed il Governo. L'Amministrazione attua, la Magistratura verifica (throughput). Gli esiti sono output (ad es. leggi e regolamenti) e risultati. La legittimità democratica di un sistema politico deve essere alimentata da tutte e tre le funzioni fondamentali. Lo Stato, o il sistema politico, stanno svolgendo le loro funzioni in modo insufficiente nel XXI secolo. Prima di tutto, dobbiamo mettere da parte l'idea poco complessa che il sistema politico democratico o anche lo Stato sia superiore a tutti gli altri sistemi sociali parziali e possa controllare la società in modo gerarchico attraverso le leggi e la moneta. Gli attori interni che pongono il veto, i poteri e i trattati esterni sottoscritti (ad esempio quello di Maastricht e quello di Stabilità e crescita in Europa) nonché gli interessi e i valori divergenti tra i cittadini impediscono ai governi di esercitare il potere esecutivo.

Governare è particolarmente difficile, infatti, in tempi turbolenti di crisi come quelli attraversati negli ultimi tre lustri. In questo caso, le restrizioni all'azione da parte dello Stato o, più strettamente, del Governo possono essere dimostrate in modo particolarmente chiaro. La crisi climatica è un esempio della debolezza dello Stato nel 21° secolo. La politica democratica deve tenere conto degli interessi e dei valori pluralistici della società. La riduzione delle emissioni di gas serra ha implicazioni per la crescita economica, i mercati del lavoro, il reddito e la salute. Le decisioni politiche influenzano sempre più obiettivi e sfere d’interessi. Producono ancora vincitori (istruiti, lavoratori IT, ricercatori, ecc.) e vinti (non istruiti, operai, lavoratori del carbone e dell'acciaio, ecc.). Nella società, una parte dei componenti vede la soluzione della crisi climatica come il problema politico più importante, al quale tutte le altre questioni politiche dovrebbero essere subordinate. Mentre l’altra considera più importanti i problemi economici, occupazionali e sociali. La politica democratica inclusiva deve tener conto, per quanto possibile, di tutti gli interessi. I movimenti sociali, i gruppi di interesse, i partiti politici, le camere del parlamento o i tribunali hanno i propri interessi e norme e quindi spesso agiscono come efficaci soggetti di veto contro il governo. Nei singoli Stati, i movimenti sociali o i partiti come i Verdi spingono il governo a combattere più intensamente il riscaldamento globale, mentre i sindacati, le associazioni di categoria e i partiti di destra frenano. Ultimo ma non meno importante: la crisi climatica non è un problema nazionale ma globale. Anche se uno Stato dovesse adempiere a tutti gli impegni dell'accordo di Parigi in un anno, la crisi non cambierebbe di una virgola.

La crisi globale ha bisogno di una risposta globale (e cooperativa) sulla quale devono convergere le maggiori potenze e specialmente quelle maggiori emettitrici di anidride carbonica. Si pensi alla Cina, agli USA, all’India, al Brasile ed alla Russia. Questo difficile dilemma dell'azione collettiva resta irrisolto. La crisi pandemica ha sollevato poi ancora una volta la questione sistemica. I regimi autoritari possono risolvere le crisi meglio delle democrazie? C’è chi si interroga su questo problema. Nella questione pandemia, la disputa è ancora aperta. Cosa accade in giro per il mondo tra le democrazie e le autarchie. Sulla questione climatica, i regimi autoritari hanno prestazioni significativamente peggiori delle democrazie mentre le democrazie presidenziali maggioritarie le hanno peggiori rispetto a regimi parlamentari consensuali. È ancora vero insomma che il meccanismo di feedback democratico dai cittadini al governo e allo Stato li rende più reattivi e responsabili. Le democrazie di consenso orientate al compromesso governano "in modo più soft ed efficace" sia in tempi di bonaccia che di tempesta. E su questo non c’è disputa. La stabilità dell’edificio dello Stato moderno però va vista per tutti i piani e non solo per l’ultimo come sembra stia accadendo negli ultimi tempi.

Marco Boleo




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