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12/05/2022
Le sanzioni europee su petrolio e gas per ora risultano controproducenti
Per ridurre stabilmente la domanda, occorre aumentare l’efficienza energetica far ricorso a fonti energetiche diverse dai combustibili fossili

La classe politica e dirigente dei paesi europei degli ultimi trent'anni è stata poco lungimirante: portando i singoli paesi, chi più chi meno, ad essere dipendenti dalla Russia per una percentuale spropositata delle forniture di gas e petrolio. Pensando inoltre di affrancarsi dalla dipendenza energetica incentivando solo le fonti alternative: pannelli solari e pale eoliche e opponendosi strenuamente all’introduzione del nucleare. Ora immaginano di risolvere il problema in pochi mesi approfittando della stagione estiva che consente di ridurre la domanda dell’energia utilizzata per il riscaldamento e crepando di caldo coi condizionatori spenti (auspicio del Premier Draghi). A pagare il conto salato di questa miopia saranno i lavoratori che perderanno l’occupazione, le imprese che chiuderanno per sempre i battenti, le famiglie che non riusciranno a pagare le utenze energetiche, e i consumatori che vedranno i loro redditi nominali: salari, stipendi e pensioni, falcidiati da un'inflazione che veleggia ormai vicino alle due cifre. Il tutto aumenterebbe esponenzialmente il rischio che di partiti populisti al governo ce ne saranno più d’uno, man mano che si terranno le elezioni politiche nei vari paesi europei. Il tutto senza avere condizionamenti di breve periodo sull'andamento del conflitto russo-ucraino. Parimenti gli effetti di lungo periodo sarebbero pure limitati, perché dopo 3-4 anni i gasdotti ed i rigassificatori per rifornire Cina e India e altri paesi saranno funzionanti. Il prezzo degli idrocarburi dipende da domanda e offerta, e ora c'è grave carenza di offerta a livello mondiale. Per via anche dell’eccesso di domanda alimentato dall’uscita della recessione da pandemia.

Le sanzioni potrebbero ridurre le capacità estrattive russe, non fornendo le tecnologie occidentali necessarie per l'estrazione, oppure rallentando per alcuni anni la vendita di petrolio e gas russi per carenza di gasdotti ed oleodotti rivolti verso la Cina, l’India o altri paesi. In entrambe i casi, i prezzi aumenteranno ancora di più, creando una crisi globale, non solo nel vecchio continente. Non appena la Russia costruirà le infrastrutture per vendere petrolio e gas fuori dall'Europa, i problemi globali si ridurranno, ma i paesi che non adotteranno le sanzioni avranno un vantaggio competitivo. E sei i prezzi rimangono elevati, la Russia comunque godrà di un'ampia rendita, anche se con la riduzione del numero dei paesi acquirenti, dovrà fare grossi sconti per il ridotto potere di mercato. Cosa andrebbe fatto? Occorrerebbe ridurre stabilmente la domanda di fonti energetiche fossili russe e aumentare stabilmente l'offerta generata all’interno, prima possibile, e per un periodo più esteso. Questo contribuirebbe a ridurre il Pil russo per gli anni a venire, fiaccando ulteriormente il potenziale militare russo, nonché la pace politica e sociale interna. Nello specifico per ridurre stabilmente la domanda, occorre aumentare l’efficienza energetica (mediante i doppi vetri, e i cappotti termici negli edifici) e far ricorso a fonti energetiche diverse dai combustibili fossili (energia nucleare, solare, eolica, idroelettrica, e utilizzo dei termovalorizzatori). Per aumentare stabilmente l'offerta, occorre investire in trivelle per sfruttare giacimenti convenzionali o gli idrocarburi contenuti nelle rocce scistose o qualunque altra fonte di medesimi.

Se si risolve il problema della scarsità, il Pil russo è sotto scacco, perché la Russia esporta quasi esclusivamente petrolio e gas (ci sono altre esportazioni di materie prime, come le ferroleghe, e poi le armi che impattano meno): con prezzi di petrolio e gas ai minimi, il Pil russo scenderebbe di almeno il 20%. Ma per farlo non servono un paio di trimestri, ma anni, perché bisogna far fronte ai danni nefasti di decenni di no-nucleare, no-trivelle, no-shale, no-TAP, prodotti da un ambientalismo di pancia. Il turismo sono i nostri pozzi di petrolio. Non possiamo deturpare il nostro paesaggio. In presenza dell’effetto NIMBY: tutti disposti ad avere le trivelle, le pale eoliche … ma non nel proprio cortile (backyard). Il tutto mantenendo invariato o aumentando il consumo di fonti energetiche fossili. Gli altri devono farlo. Le interferenze russe nelle scelte energetiche di molti paesi europei hanno fatto il resto: col finanziamento di partiti ambientalisti o populisti. Il caso più eclatante è rappresentato dalla Germania. Dove la classe politica e dirigente tedesca, ha incoraggiato involontariamente l’operato di Putin con tutti i marchi ed euro che ha convogliato verso la Russia negli ultimi decenni, e con tutto quello che ha fatto per contribuire a tenere elevati i prezzi degli idrocarburi. Con questo vogliamo ribadire con forza che, un conto è permettere all'Ucraina di difendersi, ma contribuire a farlo scoprendo il fianco più debole della posizione europea verso la Russia, con conseguenze nefaste sia a livello economico che politico è autolesionistico. Insomma i paesi europei sono stati poco lungimiranti troppo a lungo per pensare di smettere di pagarne le conseguenze nefaste nel giro di qualche trimestre.

Marco Boleo

 




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