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07/05/2022
L’Europa riparta dalla forza del dialogo
Schuman rese chiare le prospettive di uno sviluppo nella pace.

Il 9 maggio del 1950 Robert Schuman, allora ministro degli Esteri del governo francese, tenne un discorso che è passato alla storia come il momento della partenza del processo di integrazione europea. Da allora, il 9 maggio, in tutta l’Unione Europea si celebra il ricordo che “quelle speranze” fecero scaturire all‘indomani della tragedia della seconda guerra mondiale, per un futuro di Pace e di sviluppo nella giustizia sociale. Schuman rese chiare le prospettive di uno sviluppo nella pace che “non potrà essere salvaguardata senza compiere sforzi proporzionati ai pericoli che la minacciano”. Da allora l’UE ha conosciuto pace e sviluppo ma oggi, purtroppo, l’invasione russa dell’Ucraina ci riporta drammaticamente a quei momenti ed il ritorno della guerra in Europa sembra pregiudicare il futuro di tutti noi. Nel percorso che seguì quella dichiarazione si ritrovano tappe fondamentali che segnano la storia della integrazione dell’UE: vari trattati,da Milano a Maastricht, da Amsterdam a Lisbona, con fatica, ma anche con una chiara prospettiva sempre legata al pensiero dei Padri Fondatori (Schuman, Adenauer e De Gasperi ebbero un ruolo fondamentale). Il nostro percorso ha saputo far vincere le ragioni della solidarietà nella salvaguardia del bene comune sempre poggiato sulla giustizia sociale. Ripensare all’identità europea oggi, di fronte alla tragedia della guerra, non può che farci ritornare al “profondo respiro spirituale dell’Europa” che, seppur rifiutato nel fallimento del progetto di Costituzione europea del 2003 (nel 2004 a Roma fu firmato un trattato mai ratificato) costituisce il punto centrale da cui non si può prescindere.

Le nostre radici giudaico-cristiane non plasmavano soltanto quella che fu la prima ossatura del “mercato comune” ma, come Giovanni Paolo II ebbe a dire con grande forza “ è tutta l’Europa che deve respirare con i due polmoni” ed auspicava “una rinnovata condizione di vigore spirituale e di armonia” in cui “l‘ovest e l’est della cristianità europea - Cattolica, riformata e ortodossa - possano raggiungere una concordia nella rispettiva diversità”. L’urgenza di questo percorso doveva guardare ad una fase di incontro nella solidarietà e nella cooperazione che pervadesse società, politica ed istituzioni. La prima crisi fu quella balcanica, ancora non risolta; i conflitti etnici e religiosi hanno riportato morte e desolazione tra noi. Ricordare Schuman oggi vuol dire saper rileggere il rapporto est- ovest che nel fallimento della prova di integrazione non può essere segnato solo dal disastro di Mariupol. La forza del dialogo e il ruolo della cultura dovranno essere l’architrave della ripartenza. Havel diceva che “ la cultura è il rapporto del particolare con l’assoluto” e Dostoevskij aveva prima aggiunto che “c’è una luce spirituale che rischiara l’anima, illumina il cuore, da’ indirizzo alla mente e mostra la via della vita”. La visione di Giovanni Paolo II non può implodere ne’ con le bombe di Putin ne’ attraverso le sanzioni piccate di Biden e di Ursula. Il destino dell’Europa e della nostra integrazione e’ nelle nostre mani.

Pier Giorgio Sciacqua




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