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08/10/2021
L’ottimismo della naDef
Da ora al 2026 approfittando della crescita esogena del Pil dovremmo pensare a generare dei fattori interni che stabilizzino l’economia italiana.

I dati forniti dal Ministro dell'Economia Daniele Franco nell’audizione in Parlamento, durante la presentazione della nota di aggiornamento al Def (naDef), sono all’insegna dell’ottimismo. Il tasso di crescita del Pil italiano sarà sostenuto: in media superiore al 2%, un evento mai verificatosi negli ultimi quattro lustri. Il deficit diminuirà velocemente nei prossimi anni, rimanendo però al di sopra del tetto del 3% sul Pil per quasi tutto il periodo preso in considerazione. Mentre il debito pubblico anch’esso in diminuzione, nel 2024 dovrebbe attestarsi al 146% in rapporto al Pil: un valore ancora elevato ma di almeno venticinque punti percentuali più basso rispetto a quello toccato nel 2020. La crescita sostenuta poi farà diminuire la disoccupazione mentre l’inflazione, secondo le previsioni dovrebbe attestarsi al di sotto del 2% annuo. Uno scenario ottimistico con crescita del Pil, diminuzione del debito pubblico ed inflazione sotto controllo determinato da due eventi irripetibili.

Da una parte una domanda aggregata (consumi + investimenti) alimentata da un elevato deficit pubblico e dagli investimenti pubblici che grazie ai fondi del PNRR (finanziato con prestiti europei) cresceranno dello 0.8% passando dall’attuale 2,6% al 3,4% del 2024. Dall’altra, invece, la crescita del Pil nominale dovuta all’inflazione sarà superiore a quella dei tassi d’interesse pagati per il finanziamento del debito pubblico e questo provocherà una diminuzione di quest’ultimo in rapporto al Pil. A questo punto un sovranista potrebbe chiedere al Ministro dell’Economia in carica le ragioni per le quali finora in Italia non si è mai utilizzata questa ricetta di politica economica fatta di più deficit, di più investimenti e di un Pil nominale gonfiato dall’inflazione. La risposta è banale: i tassi d’interesse sarebbero schizzati in alto e questo avrebbe aperto le porte alla recessione economica. Vediamo perché l’andamento dei tassi d’interesse è cruciale per la ricetta di politica economica illustrata nella naDef. Gli esperti del Ministero coordinati da Daniele Franco disegnano tre scenari sui tassi. Nel primo i tassi rimangono fermi, e questo è lo scenario base ritenuto più probabile. I tassi sono la variabile chiave. Un loro aumento, infatti, provoca una riduzione del tasso di crescita del Pil (via riduzione dei consumi e degli investimenti privati) ed una esplosione del debito pubblico (via gli interessi superiori alla crescita del Pil).

Il Governo può ipotizzare tassi fermi grazie alla politica monetaria espansiva attuata dalla BCE che non durerà in eterno. In buona sostanza senza i fondi del Recovery Plan messi a disposizione dall’Unione Europea (UE) e senza il Quantitative Easing attuato dalla BCE l’aumento dei tassi avrebbe vanificato la manovra economica del Governo Draghi. Riassumendo la crescita economica elevata prevista per i prossimi anni nella naDef non dipende da fattori interni italiani ma dall’ambiente esterno favorevole generato dall’UE e dalla BCE. Pertanto da ora al 2026 approfittando della crescita esogena del Pil dovremmo pensare a generare dei fattori interni che stabilizzino l’economia italiana. Primo su tutti l’aumento della produttività visto che il tasso di crescita di lungo periodo di una nazione dipende da quest’ultima e non dagli investimenti pubblici (almeno non in via esclusiva e diretta) e dal deficit pubblico. Altrimenti nel giro di qualche anno torneremo agli affanni che hanno caratterizzato gli ultimi cinque lustri del sistema Italia.

 

Marco Boleo

 

 

 




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