PRIMO PIANO
23/07/2021
Quale reddito garantito erogare
in attesa di una ripresa economica strutturale è cosa buona e giusta porsi il problema di integrare i redditi di chi il lavoro non ce l’ha e lo cerca e di favorire i meccanismi di copertura dei (pochi) posti di lavoro disponibili

Il moto perpetuo dell’economia che doveva essere generato dall’introduzione del reddito di cittadinanza (RdC) e di quota 100 secondo il Presidente Pasquale Tridico, non si è attivato. Nel 2018 quando ancora non era a capo dell’INPS, invece, Tridico sostenne che la misura del Reddito di Cittadinanza "mirava a favorire la riduzione della inattività" nel mercato del lavoro ed a far diminuire la povertà. Aggiungendo poi nel 2019 che in tre anni (con una crescita del Pil prossima all’1%) si sarebbero potute "attivare" addirittura un milione di persone. Evento che purtroppo ancora non si è visto. Sulla lotta alla povertà, invece, qualche risultato lo si è conseguito. Ma lo vedremo in seguito. La stessa sorte avversa è toccata a quota 100, l'altro intervento fortemente voluto dal Governo gialloverde. In proposito Tridico non ha potuto fare altro che constatare il sostanziale fallimento della misura: "Il pensionamento non [è servito] a creare lavoro". Mentre lo stesso Tridico, da consigliere del Ministro Di Maio assicurava, che la staffetta generazionale, avrebbe portato ad un ricambio generazionale della forza lavoro. I dati diffusi qualche giorno addietro, riguardo la sostituzione dei pensionati in Quota 100 con lavoratori giovani, non mostrano, invece, una chiara evidenza di uno stimolo a maggiori assunzioni derivanti dall’anticipo pensionistico.

Tralasciando Quota 100 ci occuperemo solo del RdC cercando di capire il perché non abbia funzionato. Già al momento della sua introduzione esprimemmo delle perplessità. Derivanti dalla constatazione che l’obiettivo di affrontare simultaneamente, con l’introduzione del solo RdC (uno strumento), tre problemi di enorme rilevanza sociale quali: I) il contrasto alla povertà, II) la fornitura di un sussidio universale di disoccupazione, e III) l’attivazione di un meccanismo che promuovesse l’incontro tra disoccupati e posti vacanti, era destinato a non essere centrato. Decisamente un carico di lavoro eccessivo per un solo strumento, che di conseguenza ne risulta sovraccaricaricato e perciò inefficace. Secondo la sterminata letteratura scientifica esistente, il reddito di cittadinanza può essere un strumento adatto per contrastare la povertà ma a tre condizioni: che sia universale, individuale e incondizionato. Universale significa che va erogato a tutti, a la Beveridge, dalla culla alla bara. Naturalmente la maggioranza delle persone riceverebbe un contributo netto negativo; di fatto funzionerebbe come una sorta di imposta negativa sul reddito (a la Friedman). Individuale significa che va erogato al singolo e non al nucleo familiare, come avviene attualmente in Italia. Incondizionato comporta, invece, che per poterlo ottenere non bisogna certificare nulla; in particolare: né di essere povero né di essere senza lavoro. E soprattutto significa che non si perde il diritto al RdC se si trova un lavoro (è per sempre come un diamante della de Beers). Naturalmente tutto il contrario di quello che avviene in Italia. Dove il provvedimento, favorisce i brogli (autodichiarazioni mendaci per accedere al sussidio) ed incentiva comportamenti opportunistici (il rifiutare le eventuali offerte di lavoro, oppure, per lo stesso motivo, imboscarsi nell’economia sommersa). Lasciando l’Italia, e considerando le esperienze di altri Paesi in giro per il mondo, possiamo affermare che il RdC è un buon provvedimento di politica economica che nel nostro Paese per le ragioni ricordate in precedenza è stato congegnato male e di conseguenza funziona male. I difetti riscontrati nel RdC all’italiana sono quattro: 1) La soglia di reddito garantito (780 euro) è troppo elevata in relazione al livello della produttività e dei salari esistente in Italia e il sussidio ricevuto è in media inferiore a 780 euro, visto che è appunto la differenza tra 780 e il proprio reddito.  Quota 780 euro corrisponde poi alla soglia di povertà relativa e non esiste nazione al mondo che possa permettersi un reddito minimo garantito corrispondente alla soglia di povertà relativa; 2) Il costo della vita varia da regione a regione, ma il sussidio garantito è lo stesso. In molte regioni poi e per molte qualifiche professionali il sussidio equivale ad uno stipendio mensile; 3) Tra 0 e 780 euro il reddito delle persone è tassato al 100%, cioè il reddito disponibile rimane 780 indipendentemente da altre entrate e questo introduce forti disincentivi al lavoro alla luce del sole. Molti settori produttivi con livelli retributivi prossimi a 780 euro hanno riscontrato penuria di manodopera; 4) I meccanismi che dovrebbero favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro sono inceppati ed i centri per l’impiego, tranne qualche rara eccezione non hanno mai funzionato ed i cosiddetti “navigator” hanno fatto la fine prevista dal Governatore della Campania Vincenzo De Luca divenendo dei precari sussidiati. Quali rimedi? Come al solito bisognerebbe copiare le buone pratiche adottate in altre nazioni sia per quanto riguarda i servizi per la ricerca di lavoro che per la soglia minima di reddito garantito.

I Paesi che potrebbero essere presi come riferimento sono il Regno Unito e la Francia. L’economista Ugo Colombino in un suo recente scritto (‘Quale reddito di base possiamo permetterci’ contenuto in AA.VV. - Verso il reddito di base. Dal reddito di cittadinanza per un welfare universale, Qr 11) ha suggerito che considerati gli attuali livelli di produttività, si potrebbe partire da 350 euro mensili per una singola persona. La soglia garantita tuttavia dovrebbe aumentare al crescere del proprio reddito. Per esempio, a 350 si aggiunge il 70% del reddito. Se il reddito di una persona è 500, la soglia garantita diventa 350 + 0.7 X 500 = 700, ovvero la medesima riceve un sussidio di 200 euro. Se il reddito, invece, è 700, la soglia garantita diventa 350 + 0.7 X 700 = 840 e la persona riceve un sussidio pari a 140. La medesima continua a ricevere sussidi (decrescenti) fino ad un reddito diciamo di 1000 euro. Oltre questa soglia la persona non riceve più sussidi ed inizia a pagare le tasse. Un siffatto sistema (cioè l’imposta negativa con un reddito di base garantito) garantendo un buon compromesso tra sostegno ai redditi bassi e incentivi al lavoro permetterebbe di ampliare di molto la pletora dei candidati destinati a ricevere il sussidio. Gli incentivi al lavoro sono dovuti, in questo caso, al fatto che - a differenza di quanto avviene con il RdC - la soglia garantita cresce al crescere del reddito della persona in questione. Non dimenticando che se non principia una ripresa economica solida e duratura, i posti di lavoro disponibili saranno sempre troppo pochi; solo una crescita economica stabile e sostenuta, infatti, può creare posti di lavoro a sufficienza.

Pertanto, in attesa di una ripresa economica strutturale, è cosa buona e giusta porsi il problema di integrare i redditi di chi il lavoro non ce l’ha e lo cerca e di favorire i meccanismi di copertura dei (pochi) posti di lavoro disponibili, ma con strumenti distinti dal reddito di cittadinanza.

Marco Boleo




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet