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14/07/2021
L’indennità ISCRO
un tentativo di ampliare il bacino dei lavoratori tutelati da qualche forma di ammortizzatore sociale in caso di difficoltà e/o crisi di lavoro

La legge di bilancio 2021 ha previsto l’istituzione, in via sperimentale per il triennio 2021-2023, dell’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO).

L’indennità è riconosciuta ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo.

L’indennità ISCRO può essere richiesta una sola volta nel triennio 2021-2023 ed è erogata, per sei mensilità, a decorrere dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

L’importo è pari al 25%, su base semestrale, dell’ultimo reddito da lavoro autonomo certificato dall'Agenzia delle Entrate e già trasmesso da quest’ultima all’INPS alla data di presentazione della domanda. La prestazione non comporta accredito di contribuzione figurativa e, allo stesso tempo, non concorre alla formazione del reddito.

L’indennità non può essere di importo mensile inferiore a 250 euro e non può superare l’importo mensile di 800 euro.
L’erogazione dell’indennità ISCRO è accompagnata dalla partecipazione, da parte dei beneficiari, a percorsi di aggiornamento professionale.

Si decade dal diritto alla prestazione al verificarsi di alcune situazioni: la cessazione della partita IVA nel corso dell'erogazione dell’indennità, l’accesso alla pensione, l’eventuale iscrizione ad altre forme previdenziali obbligatorie e la percezione del Reddito di Cittadinanza.

Per potervi accedere, quindi, si deve avere prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell'anno precedente alla presentazione della domanda, inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni anteriori all'anno precedente alla presentazione della domanda, aver dichiarato, nell'anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 8.145 euro, essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria, ed essere titolari di partita IVA attiva da almeno quattro anni, alla data di presentazione della domanda.

Si tratta, insomma, di un tentativo, per quanto sperimentale, di ampliare il bacino dei cittadini/lavoratori tutelati da qualche forma di ammortizzatore sociale in caso di difficoltà e/o crisi di lavoro. Un’eventualità che, come ha dimostrato drammaticamente la pandemia, può interessare, ahimè, anche i lavoratori autonomi e le partite Iva.

Secondo Tridico, il presidente pentastellato dell’Inps, questo strumento può rappresentare una “buona pratica” a cui guardare per coprire le (ancora troppe) categorie escluse dalla copertura degli ammortizzatori.

Il vero “stress test” sarà, tuttavia, rappresentato dalla concreta implementazione dei prossimi mesi.

L’ambiziosa riforma complessiva delle tutele, e delle politiche attive, che ci aspetta in autunno dovrà, infatti, partire, con buon senso, da una valutazione complessiva dell’esistente per poter guardare al mondo del lavoro che verrà e provare ad immaginare nuovi/vecchi strumenti di protezione soprattutto per i soggetti più deboli del mercato tra i quali vi sono, in molti casi, anche piccole o piccolissime partite Iva finora senza nessuna rete sociale.

Giancamillo Palmerini




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