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27/03/2020
Coronavirus: errori da correggere e più coraggio per la ripresa
Se vanno evitate polemiche con finalità divisive, occorre che l’esperienza di questi giorni sia valutata per ispirare comportamenti più adeguati

Mentre i primi parziali segnali di contenimento del virus inducono a confermare ed accentuare la rigidità di disposizioni e comportamenti, poiché se ne dimostra la efficacia, non sembri prematuro tentare un primo bilancio di come sia stata affrontata questa fase dell’epidemia e di cosa potrebbe rendersi necessario per la ripresa.

Non vi sono precedenti nella storia repubblicana della eccezionalità della condizione nella quale si è venuto a trovare il Paese, così come, d’altra parte, neppure per quanto riguarda l’oggetto dei provvedimenti ed il metodo con il quale si è operato.

Il premier Giuseppe Conte ha agito utilizzando il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) che evita il controllo del Parlamento e del Capo dello Stato; uso che da più di un giurista - ultimo Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato a Perugia su Avvenire - è stato ritenuto “eccessivo” e possibile causa di “confusione”. 

Per la verità, oltre alla necessaria celerità, ottenibile, sostanzialmente, anche con altri istituti normativi, il premier, probabilmente, ha inteso assumere in proprio elevate responsabilità, in coerenza con il suo agire politico che lo ha visto, a suo tempo, protagonista di scelte e guida di coalizioni, fondate su alleanze di differente, o meglio, alternativo colore politico. Nella sua relazione fiume di mercoledì, in un Parlamento finalmente convocato, è stato eccessivamente autoreferenziale, eludendo alcuni punti critici (ad esempio inadeguato sostegno ad alcuni settori sanitari) ed evitando di dare i dovuti chiarimenti alle questioni sulle quali si sono avute differenti vedute tra i protagonisti politici ed istituzionali. La stessa stampa “indipendente” l’ha accolta con freddezza.

In quanto al “decisionismo personale”, facilitato dalla opacizzazione degli altri ministri e dalla lunga “sosta” del Parlamento, al di là dei rilievi delle forze politiche di opposizione, un osservatore obbiettivo, come il giornalista Alessandro De Angelis, in questi giorni ne ha   sottoscritto un giudizio drastico: “troppo poco, troppo tardi”. Con motivazioni incisive, non derivate da pregiudizio politico, che è utile elencare: non è scattato lo spirito di unità nazionale in quanto l’incontro tra governo e opposizione è giunto nei titoli di coda e per intervento del Presidente Mattarella; c’è stata una evidente “incertezza” tra “maggiore apertura” e “maggiore chiusura” contrapposte tra Governo e Regioni, che ha comportato una   “sfasatura delle decisioni rispetto ai tempi, in un costante inseguimento degli eventi”; “politiche comunicative con annuncio di decreti… senza un testo certo nel perimetro di regole e di divieti”,  mentre i  momenti di connessione con il Paese sono stati delegati alla conferenza stampa della protezione civile, definita “nuovo altare della Patria”. Il risultato, allarmante secondo il giornalista di Huffington Post, presenta, oltre alla lacerazione politica, anche quella sociale con l’annuncio, senza precedenti, dello sciopero dei metalmeccanici, in corso di serrata e spinta di segno opposto di Confindustria ed, infine con la “destrutturazione dell’idea nazionale di ordine pubblico in cui ogni governatore si trasforma in una autorità regionale”.

Anche Sabino Cassese in un fondo del Corriere della Sera, pur riconoscendo la difficoltà delle scelte e esprimendo “comprensione” per le esitazioni, ha  rimarcato l’oscurità dei provvedimenti con i ripetuti rinvii ad altre norme (qualcuno ha contato le parole del “Testo coordinato”, 123 mila); il “barocchismo” dei testi, la contraddittorietà e la ripetitività delle formulazioni con la possibilità di ulteriori interventi modificativi da parte di singoli ministri; concludendo, sarcasticamente, con un invito “a coloro che scrivono e a quelli che firmano decreti, ordinanze e leggi” a rileggersi il “codice di stile” prodotto nel 1994 dal ministero della Funzione pubblica, “minimo sindacale, che il popolo può aspettarsi da parte dell’avvocato del popolo”.

Queste critiche di un giornalista indipendente dalle forze politiche e di un autorevole costituzionalista, esperto della struttura amministrativa pubblica, non sono dettate da una strumentale polemica politica.  Segnalano difficoltà e limitazioni della piena espressione del ruolo delle istituzioni, l’affermazione del valore essenziale della coesione nazionale, la necessità di chiarezza nelle decisioni da comunicare ai cittadini in forme che inducano comportamenti responsabili e condivisi.

Oltre che contrastare i lutti che presentano anche commuoventi risvolti umanitari e sociali - si pensi ai numerosi medici deceduti nello svolgimento del loro servizio o alle immagini del trasporto militare delle bare a Bergamo - si debbono evitare quegli ingenti danni collaterali del coronavirus che rischiano di incidere permanentemente sugli assi portanti del sistema Paese.

Se vanno evitate polemiche con finalità divisive, occorre, tuttavia, che l’esperienza di questi giorni, con i suoi errori, sia valutata per ispirare comportamenti più adeguati, non solo dei singoli cittadini, ma anche di coloro a cui appartengono responsabilità istituzionali. Si deve cambiare registro, già da adesso. La ripresa ha inizio da questa presa di consapevolezza. Anche perché sull’insieme degli indispensabili provvedimenti decisi e quelli che seguiranno per sostenere il sistema economico, occorre più coraggio. Questo è anche il senso dell’invito di Mario Draghi sul Financial Times (“utilizzare il proprio bilancio per proteggere i cittadini e l’economia”, “evitare che la gente perda il lavoro”). Probabilmente è stato proprio l’autorevole intervento dell’ex presidente della BCE, che molti indicano come possibile e adeguata guida di un governo di salvezza nazionale, a spingere Il premier ad assumere toni più decisi in Senato e a irrigidire la posizione in Europa. Dando ulteriore prova di una flessibilità interessata soprattutto a mantenere il “comando”. 

Resta il fatto di come sia necessario, per le prove che il Paese affronta oggi e sulle quali si misurerà nel futuro, il coinvolgimento di tutti, con celerità e certezze, cioè straordinarie risorse e procedure nuove rispetto al passato, affinché non si deteriori il punto di forza del Paese: l’apparato produttivo, indispensabile per occupazione, investimenti e ripresa dei consumi.

Pietro Giubilo




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