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11/11/2019
Le politiche economiche per contrastare il rallentamento della crescita
La materializzazione di questi rischi potrebbe pertanto portare l'economia mondiale in rotta di collisione a partire dal 2020.

Negli ultimi anni, le economie dell'OCSE ed in particolare quelle dell'Unione Europea sono cresciute a velocità sostenuta, dopo essersi apparentemente scrollate di dosso l’eredità della crisi finanziaria globale. In particolare gli Stati Uniti stanno vivendo il più lungo periodo di crescita ininterrotta del Pil mentre l'Unione Europea, seppur ad un ritmo inferiore, è cresciuta per 25 trimestri consecutivi ed il suo tasso di disoccupazione è oramai ai minimi dall’inizio del terzo millennio. Tuttavia, la crescita mondiale ha subito nell’anno in corso una brusca decelerazione, provocata da una crisi globale del commercio e da una diminuzione degli investimenti Europa. In proposito indicatori recenti (previsioni contenute nel World Economic Outlook (WEO) del FMI, ottobre 2019) suggeriscono che la crescita potrebbe indebolirsi ulteriormente anche se il tasso di crescita globale previsto intorno al 3% è ancora molto al di sopra dei livelli associati alle recessioni passate. L’incertezza in aumento ha, infatti, guidato questo indebolimento, a causa delle crescenti tensioni economiche tra Cina e Stati Uniti, degli sviluppi geopolitici in Medio Oriente (con il rischio associato di un forte aumento dei prezzi del petrolio) e dello stallo politico sulla Brexit. La materializzazione di questi rischi potrebbe pertanto portare l'economia mondiale in rotta di collisione a partire dal 2020. Insomma un'incertezza elevata e sempre più radicata potrebbe essere sufficiente a frenare gli investimenti e la crescita anche se per ora rimangono solo minacce incombenti e difficili da quantificare. Questo perché mentre le previsioni del Fondo Monetario Internazionale contenute nel WEO per il 2019 sono credibili, per quanto riguarda gli anni successivi, invece, vanno prese con cautela. Il rimbalzo della crescita stimato per il prossimo anno dagli esperti del FMI merita, infatti, una credibilità limitata, semplicemente perché tutti i modelli econometrici, usati nelle previsioni, sono congegnati in modo tale da tendere a ritornare alle tendenze di medio-lungo termine.

Un rallentamento di certo ci sarà ed i principali global player: Usa, Cina ed Eurozona dovranno decidere se assecondarlo o contrastarlo. Su questo versante i banchieri centrali hanno riconosciuto da tempo che l'efficacia della politica monetaria nella gestione della domanda e nella stabilizzazione dei cicli economici è venuta meno. Per fortuna però vi sono altri strumenti nella cassetta degli attrezzi della politica economica: sia fiscali che strutturali che potrebbero essere utilizzati. Al fianco delle riforme strutturali necessarie per aumentare la produttività in modo durevole, abbiamo anche gli investimenti pubblici che potrebbero essere utilizzati per arrestare il rallentamento in corso e preparare il terreno per economie più forti e più sostenibili. Nel contempo, gli stessi fattori che limitano la politica monetaria possono essere una manna dal cielo per la politica fiscale, che congiuntamente alle riforme strutturali potrebbero guidare la crescita in modo sostenibile. Questo perché le politiche fiscali sono più efficaci quando le pressioni inflazionistiche sono basse ed è probabile che la politica monetaria si adegui alle espansioni fiscali finché l'inflazione rimane al di sotto dell'obiettivo del 2%. Nel caso dell’Eurozona, ad esempio, vi è un ampio margine per le manovre fiscali, sebbene la situazione differisca notevolmente da un paese all'altro. Ma attualmente le leve fiscali non vengono attivate: visto che in media la posizione fiscale dell’Eurozona dovrebbe restare neutrale nei prossimi due anni. Nel contempo, poi lo stimolo per le riforme (miranti ad allentare gli ostacoli all'imprenditorialità, a migliorare e ampliare la formazione ed a sostenere i programmi di Ricerca & Sviluppo e l'adozione delle nuove tecnologie) si è venuto affievolendo. Tuttavia, tali riforme sarebbero necessarie per invertire il rallentamento della produttività iniziato anche prima della crisi, ma aggravato dagli effetti di isterèsi della grande recessione sugli investimenti e sulle competenze dei lavoratori. Sono necessarie altresì anche riforme strutturali atte a rendere la crescita più sostenibile dal punto di vista ambientale, allineando sia le politiche che la regolamentazione con l'obiettivo della transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Inoltre, le riforme sono più facili da attuare se accompagnate da un mix di politiche di sostegno, poiché in tempi di ristagno economico, le sole riforme strutturali possono pesare sull'inflazione e sulla domanda già debole. In effetti, le riforme introdotte quando l'economia è debole hanno maggiori possibilità di successo se attuate insieme a politiche macroeconomiche espansive e rinnovati investimenti pubblici. Insomma servirebbe nella stagione che stiamo vivendo un mix di politiche congiunturali (fiscale e monetaria) e di politiche strutturali per attenuare il rallentamento della crescita mondiale e per porre le basi per una crescita futura più sostenibile. 

 

Marco Boleo

 

 




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