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05/08/2019
La maionese impazzita di un governo di “rivali”
Lega e 5 stelle divisi, incapaci di amalgamare le proposte non governano

Si dice che la maionese “impazzisce” quando gli ingredienti che la compongono non si legano più ed il risultato, quindi, diviene  impresentabile.

Il governo giallo verde dopo un avvio con un discreto trend operativo, sulla base di un entusiastica applicazione del “contratto di governo”, appare oggi non più in grado di procedere con una decente capacità di indirizzo e di decisionalità.

Si è verificato quello che, in qualche modo, era prevedibile. Poiché, oggi, l’azione di governo - si potrebbe dire anche della politica in generale - viene continuamente verificata e “stressata” dai sondaggi; ogni fatto rilevante ed ogni proposta vengono affrontati da ciascuna forza politica sempre ricorrendone al giudizio, oltretutto correlando il proprio consenso con quello degli altri, anche e soprattutto se si tratta di  “alleati”. La politica dell’immediato consenso li trasforma, facilmente in “rivali”.

Questo agire ognuno per il proprio conto, comporta, oltretutto, come è evidente dalle cronache politiche, il rifiuto di procedure concordate, di confronti costruttivi - salvo episodicamente - nella insofferenza a  doversi incontrare per trovare soluzioni. Emblematico Di Maio quando, in sintesi, dichiara “per ogni provvedimento ci dobbiamo sedere a un tavolo io, Conte e quell’altro là”. 

Difficile e, peraltro, poco efficace anche l’azione del premier Conte che, quando prende decisioni risolutive, paga il prezzo di una evidente ostilità di una delle due componenti, come quando stabilì le dimissioni di Siri, con l’assenza dei ministri leghisti o, addirittura, come, all’annuncio di andare avanti con il progetto TAV, si è trovato di fronte all’ostentata assenza, in aula dei parlamentari 5 stelle. Provate ad immaginare, nella logica politica passata che, comunque, conobbe le sue asprezze, se un presidente del Consiglio fosse intervenuto in Parlamento, constatandone  l’abbandono da parte del suo stesso  gruppo politico. La dignità della carica ne avrebbe comportato le dimissioni immediate. In epoca lontana, il massimo della distanza fu la definizione di “governo amico” attribuita dal partito DC all’esecutivo Pella, che, comunque, era nato soprattutto sotto l’auspicio del presidente Einaudi.

A questo stato di cose si unisce, logicamente, un sostanziale fermo di molti dei punti programmatici con particolare riferimento alla riduzione delle tasse, all’autonomia regionale, alla riforma della giustizia. Trattasi dei punti più qualificanti ed attuali sui quali il governo non può tergiversare a lungo nel proporre i testi legislativi. Per la verità non si tratta di tatticismi  o di “melina” parlamentare:  su tutti questi temi c’è diversità e spaccatura di fondo: sulla flat tax con la determinazione della Lega e  la tiepidezza dei 5 stelle che chiedono rispetto della compatibilità di bilancio, limitandosi ad attendere  cosa presenteranno i leghisti; sull’autonomia diversificata, con la spinta dei governatori della  Lega, protagonisti dei referendum e Di Maio che dichiara di preparare un “nuovo testo” attento a non inimicarsi un elettorato al sud che sta già voltandogli le spalle; sulla giustizia con l’ennesimo scontro tra grillini come sempre,  giustizialisti e leghisti garantisti. Come riusciranno a raggiungere un accordo, ognuno attento ad accontentare la pancia del proprio elettorato? E, soprattutto, senza una volontà ed una capacità di mediazione.

Già le cose fatte hanno mostrato limiti e ambiguità. La questione degli immigrati e dei relativi provvedimenti si dimostrano inidonei ad essere risolutivi senza una concordata politica europea; il reddito di cittadinanza si sta risolvendo in un mero  assistenzialismo alla disoccupazione, privo di efficacia sulla crescita del lavoro; quota cento ha oggettivamente  una  portata limitata presso molti lavoratori che non intendono, con una uscita anticipata,  ridurre il monte contributi e quindi un già esiguo trattamento  pensionistico. Del  decreto crescita se ne attendono gli effetti. Altri aspetti essenziali come scuola, famiglia, investimenti non presentano provvedimenti importanti e decisivi.

Con una “maionese impazzita” non si possono condire le pietanze. Lega e 5 stelle  divisi, incapaci di amalgamare le proposte non governano. E’ questa la condizione di un'alleanza che si presenta ormai come esecutivo di “rivali”.

Pietro Giubilo

 

 




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