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02/08/2019
La Trumpeconomia in acido lattico
Il deficit spending non รจ in grado di innalzare strutturalmente il tasso di crescita

La diffusione del dato di crescita degli Usa nel secondo trimestre 2019, che vede un aumento del Pil su base annua del 2,1%, ci consente di riprendere alcune considerazioni fatte su questo blog tempo addietro. In quella occasione ci interrogammo sull’andamento strutturale dell’economia americana, arrivando ad avanzare alcune critiche sulla strategia economica del presidente Donald Trump da noi ribattezzata Trumpeconomia. Dobbiamo ritornare sull’argomento perché alcuni lettori osservarono che, malgrado i nostri rilievi negativi, l’economia degli Usa aveva raggiunto la piena occupazione. Tutto bene quindi? A nostro avviso no, per le seguenti ragioni: 1) questo 2.1%,  preceduto da un valore del primo trimestre del 3,1%, è molto lontano dalle promesse elettorali di Trump, il quale annunciava di voler condurre gli Usa verso un tasso di crescita del 5%; 2) il tasso medio di crescita, pari al 2,5%, è ritornato agli stessi valori dell’amministrazione Obama; 3) il deficit pubblico, oramai prossimo al 4% sul Pil, sembra voler aumentare ancora nei prossimi anni, grazie ad un accordo bipartisan per un aumento della spesa pubblica di ulteriori 320 miliardi di dollari;  4) se il deficit pubblico è il 4% del Pil e il tasso di crescita viaggia al 2% del Pil, il debito pubblico non potrà che aumentare; 5) il tasso di partecipazione delle persone attive al mercato del lavoro è diminuito ed i salari e gli stipendi in media son cresciuti poco, generando significative disparità e diseguaglianze tra gli americani. Ora, tralasciando che una parte della crescita è venuta meno per le ottuse politiche commerciali di Trump pagate per la maggior parte dai consumatori americani, i dati attuali mostrano senza ombra di dubbio che il deficit spending non aumenta il tasso di crescita strutturale. In particolare, il moltiplicatore della spesa in deficit è stato maggiore di 1 solo nel secondo semestre 2018; da allora è stato sempre inferiore ad 1 e questo comporta un aumento del Pil inferiore a quello della spesa pubblica. Tuttavia, il principio secondo cui, nei periodi di espansione economica, il moltiplicatore scende al di sotto di 1 viene sottovalutato da tutti i “keynesiani idraulici”.

Dove sta allora il dilemma? Semplice: quando un problema economico permane per anni, la ragione non risiede nella domanda aggregata insufficiente come pensano i “keynesiani idraulici” ma nell'offerta aggregata che presenta strozzature e colli di bottiglia (in una parola rigidità) come evidenziato tra gli altri dal keynesiano d’america James Tobin. E di questo ne era consapevole perfino lo stesso Keynes quando, pronunciando la famosa frase "nel lungo periodo saremo tutti morti", considerava la possibilità che nel lungo periodo ci fossero delle rigidità di offerta nel sistema economico da lui non prese in considerazione. Al riguardo, ci sono almeno tre spiegazioni (di cui abbiamo già dato atto in analisi precedenti): i postumi del mancato salvataggio della Lehman Brothers, l’andamento demografico avverso e la bassa crescita della produttività. L'intero Occidente, Usa inclusi (anche se in grado minore rispetto ad altri paesi), soffre di questi tre problemi, i quali determinano un tasso di crescita medio del Pil inferiore a quello sperimentato fino al 2007. Tasso di crescita che negli Usa, nonostante le politiche ultra-keynesiane di Trump (e il fardello di debito pubblico che lasceranno alle future generazioni), si attesterà negli anni a venire intorno al 2-2,5% annuo. Cosa andrebbe fatto a nostro avviso? Tre interventi urgenti (che andrebbero implementati anche nel Vecchio Continente): i) ricapitalizzare le banche; ii) adottare politiche fiscali a sostegno della maternità, in modo da stabilizzare la popolazione nel lungo termine; ed iii) effettuare investimenti sia pubblici che privati in ricerca e sviluppo e nuove tecnologie, al fine di alzare l’asticella quantomeno del Pil potenziale. Tuttavia, ciò che ci preme evidenziare ancora una volta è che, come mostrano i dati, un maggiore deficit pubblico non è in grado di innalzare strutturalmente il tasso di crescita, anche qualora non dovesse aumentare il rischio sovrano come nel caso degli Usa. Prima impareremo la lezione e prima eviteremo di trovarci in uno stato di natura senza posizione fiscale e con un tasso di crescita strutturale pari a zero.

Marco Boleo

 

 

 




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