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01/08/2019
Le due transizioni
La politica italiana è arrivata dunque ad uno spartiacque da cui, a seconda della china che prenderà, dipenderanno i futuri schieramenti politici.

Con le prossime elezioni si arriverà probabilmente alla fine di quella che alcuni definiscono la seconda Repubblica. In realtà la seconda Repubblica è stata più una lunga transizione che un nuovo stabile assetto politico. La politica italiana è arrivata dunque ad uno spartiacque da cui, a seconda della china che prenderà, dipenderanno i futuri schieramenti politici.

Vi sono essenzialmente tre questioni da sciogliere per chiarire quale sarà il futuro scenario politico italiano. La Lega, nonostante la forza dei numeri raggiunti, non può ragionevolmente, al di la delle parole di Salvini, rischiare di giocare il tutto per tutto presentandosi alle elezioni da sola senza alleati. Il rischio sarebbe troppo alto data l'importanza che con l'attuale sistema elettorale hanno assunto i collegi uninominali, e per la Lega affrontare i collegi meridionali da sola comporta un alto tasso di rischio. Di una cosa Salvini è sicuro, non si alleerà più con Forza Italia. Il rilancio del partito di Berlusconi in realtà più che al palo sembra impossibile, anche il tentativo di Toti e Carfagna sembra abortito ancora prima di nascere. Molto dipenderà da Toti stesso, se deciderà di fondare un suo partito, o aderire a quel nuovo progetto a cui lavora Giorgia Meloni. Ma in realtà in questo schieramento i giochi sembrano fatti.

Ben altra cosa è per il PD e, soprattutto, per il Movimento Cinque Stelle. Lasciando da parte il travaglio pidiellino soffermiamoci su quello che è il percorso dei cinque stelle. La transizione di cui parlavamo prima, dipende molto da quella che sarà la transizione del Movimento Cinque Stelle, perché di una vera e propria transizione si tratta. Perché una cosa è certa, il Movimento Cinque Stelle dovrà necessariamente cambiare, pena la scomparsa come quella dell'Uomo Qualunque.

La riorganizzazione del Movimento approvata nei giorni scorsi dalla piattaforma Rousseau, indica la percezione, da parte di Di Maio, che occorra trasformare il movimento in un qualcosa che assomiglierà sempre di più ad un partito tradizionale. A questa conclusione si è giunti dopo aver constatato i risultati dell'esperienza del governo gialloverde. Il "governare", non solo ha portato i 5stelle a crollare numericamente, con il sorpasso da parte della Lega, ma soprattutto a far scoppiare tutte le contraddizioni presenti nel Movimento, nei suoi "valori", nella sua classe dirigente, ed anche nel suo elettorato. Come abbiamo detto, il lasciar tutto cosi come è, porterà alla scomparsa del Movimento, lasciando spazio aperto al PD per rappresentare l'alternativa alla Lega. Il cambiare, comporta per i 5 stelle, il dover decidere in che cosa trasformarsi. E qui, probabilmente, le possibilità sono due. Una è quella di chi si richiama il movimento "originario", con tutte le sue battaglie identitarie: il "no TAV", il "no Tap", la chiusura dell'ILVA, fino ad arrivare al no ai termovalorizzatori. Costoro denunciano la loro alterità rispetto alla Lega sul tema delle politiche nei confronti degli immigrati clandestini, sul tema dei decreti sicurezza, sull'autonomia regionale e così via. Questa posizione comporta il volersi prospettare come alternativi alla Lega, e, per logica, arrivare ad un posizionamento a sinistra. La logica indica anche che, dato questo posizionamento, o si presume di assorbire l'elettorato PD e diventare quindi il solo antagonista di Salvini, o si pensa di allearsi con il PD. Questo scenario è molto dibattuto dai giornali del main stream italiano.

L'altra posizione implica la trasformazione del movimento in partito, rinunciando sostanzialmente alla propria diversità, ed accettare di confrontarsi con il necessario realismo che comporta il voler governare. Questa posizione comporta logicamente la scelta di continuare l'esperienza di questo governo fin dove sarà possibile, e di valutare, a seconda di quando si andrà alle elezioni, e soprattutto con che risultati ci si arriverà, con chi presentarsi alleati, non escludendo una impensabile alleanza con la stessa Lega.

Se queste due posizioni possono essere sostanzialmente impersonate da Roberto Fico e da Luigi Di Maio, non è palese il pensiero di altri soggetti, come Grillo, Casaleggio e Di Battista. La partita è ancora tutta da giocare ma il fischio d'inizio è già stato dato, e gli ex-grillini devono sapere che non hanno molto tempo per risolvere le loro questioni. Il Governo potrà anche superare l'estate ma in autunno Salvini con tutta probabilità farà saltare il banco. Lo farà perché avrà l'argomento forte per farlo, ovvero la questione economica (che in realtà è la questione chiave italiana), lo farà perché si sarà realizzata la condizione del superamento di FI. Ma soprattutto lo deve fare perché non può farsi sfuggire l'occasione storica di presentarsi con un nuovo parlamento, e quindi con moltissimi parlamentari leghisti, alle elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Il Colle nell'Italia di oggi conta tantissimo, ed il centrodestra ha sempre fallito rimanendo escluso dalle scelte. Quindi gli ex-grillini devono sbrigarsi e non seguire l'esempio di Virginia Raggi che, a proposito della riorganizzazione dl movimento, ha affermato che Lei non ha tempo per pensarci, deve lavorare per i cittadini romani, peccato che i romani di questo lavoro non si sono minimante accorti.

 

Giancarlo Moretti

 




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