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24/05/2019
Elezioni europee: il 26 maggio festa della democrazia
Con 427 milioni di cittadini europei votanti, sarà il più grande appuntamento elettorale transnazionale del mondo

Per nessuna ragione al mondo possiamo perderci la festa della democrazia del 26 maggio. Infatti cos’è, se non una fantastica festa della democrazia popolare e rappresentativa, la chiamata alle urne di 427 milioni di cittadini europei che in 28 Paesi potranno scegliere i propri rappresentanti al Parlamento di Strasburgo? Sì, questo è il più grande appuntamento elettorale transnazionale nel mondo. E può rivelarsi, ancora una volta, una delle più plastiche ed esemplari manifestazioni della democrazia liberale. Quella democrazia che ama la libertà, crede nel voto popolare, scommette sulla capacità dei popoli di costruire il proprio futuro, punta a trasferire nell’esercizio del voto la somma dei propri valori e sa di poter scegliere le donne e gli uomini nelle cui mani affidare quella quota di destino comune che l’Unione europea può e deve legittimamente progettare e saper governare.

Per prendere a prestito un’immagine certamente abusata, il voto del 26 maggio è l’atto sovrano che è nelle nostre mani. E’ il nostro più genuino sovranismo, come capacità di essere padroni a casa nostra, cioè il nostro Continente. Recandoci alle urne, infatti, definiamo i limiti della sovranità europea e al tempo stesso esprimiamo la nostra personale e indisponibile sovranità che consiste innanzitutto nel dichiarare la direzione verso la quale vogliamo che questa nostra comunità di popoli si incammini.

Ecco perché il primo nemico da battere è la tentazione dell’astensionismo. Considerare l’Europa, di volta in volta, il bottino di guerra dei banchieri, dei burocrati, dei cosiddetti “poteri forti”, è solo una manifestazione della nostra inconsapevolezza politica o addirittura della nostra complicità. Noi sappiamo che è possibile riformare l’Europa. Chi dice il contrario, mente sapendo di mentire. Non c’è un destino già scritto. Molto (forse tutto) dipende dalla qualità del nostro discernimento, dalla forza della nostra partecipazione, dalla consapevolezza del nostro voto.

Astenersi è la peggiore delle scelte. Soprattutto perché non si coglie la vera posta in gioco: accelerare la costruzione dell’Europa dei popoli o interrompere il processo di integrazione, solidarietà e sussidiarietà. Non è una scelta banale quella che abbiamo dinanzi a noi, ma dobbiamo saper riconoscere chi vuole proseguire nel solco dei padri fondatori dell’Europa e chi invece vorrebbe, sotto la spinta del sovranismo egoista e del populismo innamorato della retorica del cambiamento, azzoppare l’Unione europea. E tutti noi dovremmo sapere che un’anatra zoppa potrebbe davvero poco dinanzi alla tigre cinese, all’orso russo e all’aquila americana, sempre più aggressivi.

Ma la nostra convinzione resta anche quella che nessuno, meglio della famiglia popolare europea, possa interpretare con efficacia la spinta alla libertà dei popoli e possa rispondere al bisogno di riformare la comunità europea per accorciare le distanze con i cittadini, anzi con le persone che popolano il Continente. A partire dal ritorno del ruolo centrale della politica e del suo primato che dovrebbe manifestarsi compiutamente nell’aula di Strasburgo. Con una rinnovata spinta riformista in grado di rispondere ai bisogni e alle speranze dei popoli.

Sappiamo perfettamente che l’anomalia politica italiana (patria del popolarismo politico e oggi fanalino di coda nella famiglia popolare europea) è uno dei problemi dell’Europa di oggi e soprattutto di domani. Ma un voto responsabile e coraggioso a favore del Partito popolare europeo, nella forma particolare in cui si presenta in ogni nazione, è certamente la migliore risposta. Anche per dimostrare che la tradizione del popolarismo di matrice cristiana ha ancora un futuro in Italia. Ma questo, lo sappiamo bene, è già materia per il 27 maggio. Basta solo esserne profondamente coscienti: il popolarismo europeo non morirà il 26 maggio del 2019, anzi…


Domenico Delle Foglie




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