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14/11/2018
La nuova sede del MCL a Bologna
prova di orchestra... verso la santità di Giuseppe Fanin

La sera del 31 ottobre in via Lame alla presenza del Presidente Nazionale Carlo Costalli, del Segretario Generale Tonino Inchingoli, di numerosi componenti del Consiglio Esecutivo Nazionale MCL e dirigenti cittadini, di Mons. Giovanni Lanzoni, del Vescovo di Bologna Mons. Matteo Zuppi, degli Assistenti Don Simone Nannetti e Don Enrico Petrucci si è tagliato il nastro inaugurante la nuova sede del MCL di Bologna.

E’ stato un momento di alto spessore proprio nel quadro delle celebrazioni del 70° dell’uccisione del Servo di Dio, Giusppe Fanin. Non solo, ma tutto ciò è avvenuto alla vigilia di una grande festa della Chiesa quella di Ognissanti.

Proprio alla vigilia del pressante invito alla conversione di Gesù, attraverso la proclamazione delle Beatitudini, voglio soffermarmi sui contenuti concreti che devono caratterizzare la nostra conversione, rendendoci adeguati al Regno di Dio, interpretando il pensiero e la figura di Fanin.

Tutto ciò è possibile se riusciamo a trasferire nella nostra vita il contenuto dell’espressione, “Beati i poveri in spirito… di essi è il Regno dei cieli”, questo è il centro delle Beatitudini che Gesù proclama.

Ma quale umiltà e quale povertà sono richieste oggi alla Chiesa e a ciascun credente per poter essere “popolo delle Beatitudini”? Forse, è l’umiltà di riconoscersi “vasi rotti”, perché in lotta e tentati continuamente da una logica che non è quella del Vangelo. “Vasi rotti” che il Signore, a differenza della logica mondana, non butta via, ma riprende in mano per lavorarli e farli essere ancora contenitori di speranza e di gesti profetici. Profeti veri non sono gli arroganti e gli spiriti sazi, ma uomini e donne delle beatitudini, che propongono un modo diverso di essere e stare nel mondo. Quel “beati”, rivolto a noi per ben nove volte da Gesù, è la strada per la felicità, tracciata da Dio per ogni uomo. Sì, perché “beati” vuol dire “felici”.

Fanin lo aveva intuito che una felicità vera, si può raggiungere solo percorrendo i sentieri proposti da Gesù (esercizi spirituali, preghiera, condotta, servizio, ecc), ma anzitutto il sentiero della povertà di spirito, cioè della disponibilità a fare spazio al Signore nei nostri progetti, facendoli dipendere da lui, il sentiero delle lacrime di coloro che soffrono perché difendono la logica di Dio - quella delle beatitudini - che è logica di giustizia, non di prepotenza o arroganza; che è logica di misericordia, non di (pre)giudizi e condanne pronunziati senza cuore né rispetto per gli altri; che è logica di responsabilità, non di tornaconto ed egoismo.

Davanti all’annuncio straordinario delle Beatitudini, allora abbiamo inaugurato la nostra sede bolognese dedicandola al pensiero del Sen. Giovanni Bersani, sicuri di non essere assaliti dallo scoraggiamento per i nostri limiti, ma secondo i suoi preziosi suggerimenti a conferma delle nostre speranze e sostegno alle nostre cadute.
A settanta anni dal fatto è logico che i testimoni del tempo siano “ad esaurimento”, familiari compresi. È singolare che “quel fatto” abbia, fra i tanti analoghi in Italia e in Europa, assunto un’eco di tali dimensioni immediatamente, ed avuto un ricordo così vivo poi. È anche un’eccezione che, nella scelta proprio delle testimonianze e degli studi, a cominciare da A. Albertazzi, per finire con don F. Gasparrini - ma anche nelle innumerevoli occasioni nelle quali in questi settanta anni si è parlato di lui - sia maturata l’idea che il sacrificio di Giuseppe Fanin, accanto alla dimensione sociale e civile, avesse una componente non secondaria religiosa, di fede, di più, di santità.

Questa l’ipotesi formulata prima sommessamente, poi generalizzata, con l’introduzione della Causa e la chiusura del processo diocesano, primo convinto promotore il card. Giacomo Biffi; colpito, prima di tutto, dal foglio bagnato di sangue dei suoi “propositi”.

Alle parole beneaguranti del Vescovo Zuppi che ha inserito il nostro lavoro come una presenza forte nella società e nelle comunità di appartenenza, proprio perchè forti delle ragioni valide del passato si possono trovare le conferme per il futuro, ovviamente riferendosi alle giovani generazioni.

Per il presidente MCL Costalli, la nostra storia riveste una dimensione esemplare e la sua lettura travalica i tempi “cronologici” ed acquisisce motivazione di insegnamento perenne; perché se i tempi, almeno per certi aspetti, sono cambiati, l’opposizione alla verità, la collaborazione sociale, l’impegno per il prossimo, restano problemi di ogni tempo.

Forse nessuno più di Giovanni Bersani ha colto, testimone diretto dei fatti, la sua straordinarietà che ha sempre sentita vicina al proprio impegno personale. Fanin è “L’unico di noi rimasto giovane”, è la frase di Bersani, che secondo il prof Giampaolo Venturi, soleva ripetere più di una volta nei numerosi incontri formativi, quando ne guardava il ritratto apposto in questa o quella sede del MCL.
Una “eterna giovinezza” legata al martirio, quindi riferimento valido proprio, prima di tutto, per i giovani; una generazione oggi tentata da infinite forme di dissipazione, dagli slogan più che dallo studio serio, più che dal lavoro e dalla fatica nei vari ambiti sociali. Un riferimento inattuale, in questo senso; ma, forse, proprio per questo, da proporre alla riflessione ed alla imitazione.

Oggi non siamo riconoscibilmente cristiani perché restiamo profondamente divisi.
La testimonianza di Fanin ci ricorda che la teologia cristiana della speranza ci ingiunge di non capitolare prematuramente, di non gettare la spugna, e di avere sempre una certa fiducia in noi stessi, anche se non abbiamo nessuna garanzia circa un andamento piacevole della nostra vita. Anche da giovani ci si può ammalare gravemente, ad esempio di cancro o in altro modo, e avviarsi senza speranza verso la morte. Per casi del genere non esiste garanzia. Ciò nonostante, è anche possibile reagire e dire a se stessi: «Coraggio! Ogni tragedia può essere affrontata e superata».

Nell'ottica cristiana si pone poi l'interrogativo: «cosa posso sperare?». Oppure: «cosa posso sperare veramente per me?». Ci si domanderà: «A che mi servono simili teorie?». «Cosa ne faccio della mia situazione concreta, reale e non scaricabile su altri?». Noi siamo sempre e ancora in cammino verso qualche altra realtà e verso il futuro. Resta comunque l'interrogativo: Tutto questo futuro è solo una tappa lungo un percorso definitivo, che procede verso il vuoto, il transitorio, il nulla, l'assurdo? Oppure ho il diritto, anzi addirittura il dovere, di sperare al di là di tutte le tappe e quindi di sperare appunto nel tutto? Alla fin fine ci si imbatte nuovamente nell'unica domanda: «Tutto o niente?». Ora, Fanin, da cristiano avrebbe puntato sul tutto e non sul nulla. In fondo è obbligato fino all'estremo ad un ottimismo assoluto, e questo ad onta di tutte le esperienze che suscitano pessimismo. Per dirla con Blaise Pascal, il cristiano deve puntare sul tutto e scommettere che non sarà deluso in eterno. E così a Lorenzatico è stato, 70 anni fa!

Gilberto Minghetti




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