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25/09/2018
Le macro(n)scopiche colpe del colonialismo
Il Niger è tra le 10 nazioni più povere al mondo in assoluto e i nigerini vivono per l’80 per cento con solo un dollaro al giorno

Pare finito lo stallo della missione militare italiana in Niger. La decisione di inviare militari italiani nel sahel era indubbiamente una svolta importante nelle operazioni oltremare italiane. Si andava per la prima volta in zone francofone, in zone di transito dei flussi migratori con destinazione la Libia, in zone ad alta intensità di milizie fondamentaliste islamiche, ma la superficialità le ambiguità e l’inconsistenza diplomatica con cui si stava affrontando la questione, oltre all’ostilità della Francia, stavano trasformando un fatto positivo in un pasticcio diplomatico in cui la nostra credibilità internazionale veniva fortemente indebolita. Il ministro della difesa italiano Trenta ha ufficialmente dichiarato che la missione ''ha preso il via con tre team italiani già in zona''. L’importanza strategica della missione era stata sempre rimarcata dal Ministro Trenta: “perché ci consente di fermare i flussi migratori verso la Libia”. Contemporaneamente a rimarcare il grave deficit di sicurezza in quelle zone è intervenuto il rapimento di Padre Pigi Marcalli. Giusto quindi sostenere il più possibile il Niger a contrastare le milizie jihadiste. Ma, come ha detto il presidente nigerino in una intervista al quotidiano britannico Guardian, l’obiettivo di questa forza non deve essere  “solo combattere il terrorismo, ma anche lavorare per lo sviluppo. Perché il terrorismo fiorisce in determinate zone del Sahel? A causa della povertà. Sicurezza e sviluppo vanno insieme. Per questo, se il Niger sta facendo la propria parte per limitare il numero dei migranti che riescono a raggiungere le coste libiche, l’Europa deve invece fare di più per aiutare le autorità a combattere povertà e a creare lavoro”. Ed in effetti il Niger è tra le 10 nazioni più povere al mondo in assoluto e i nigerini (da non confondere assolutamente con i nigeriani di cui parla il governatore campano de Luca) vivono per l’80 per cento con solo un dollaro al giorno. Ma il Niger è anche il quarto produttore mondiale di Uranio, ed ha una consistente produzione di petrolio. Queste sono le drammatiche contraddizioni del continente africano: enormi risorse di materie prime ed enorme povertà.

Papa Francesco non si stanca di ripeterci che dobbiamo smetterla di sfruttare l’africa, anche nell’ultima intervista alla Reuters ha ribadito: «Dobbiamo investire in Africa, ma investire in modo disciplinato e creare posti di lavoro, non andarci per sfruttarla». Ed allora domandiamoci chi sfrutta l’Africa. Non è un caso che la Francia sia cosi interessata all’Africa. Fino ad ora sono state oltre cinquanta le missioni militari francesi in Africa, con migliaia e migliaia di soldati, con caccia e carri armati. Il presidente Macron ha reso il continente africano la meta preferita dei suoi viaggi presidenziali. Il presidente Macron è però il Presidente della Repubblica Francese, quella stessa Repubblica che detiene l’80 per cento della proprietà della società Areva, leader mondiale dell’energia atomica, la stessa società che ha praticamente il monopolio dell’estrazione dell’uranio in niger, uranio nigerino che da solo copre oltre il 50% del fabbisogno delle sue 12 centrali in Francia, Centrali che permettono alla Francia di essere il primo produttore di energia elettrica in Europa e primo esportatore. Il regime concessionario che la Francia si è assicurata da oltre quarant’anni è quello che ha trasformato l’uranio del Niger da opportunità a maledizione. Le royalty pagate da Areva sono il 5,5, %, fortemente al di sotto delle percentuali pagate normalmente: in Kazakistan si paga il 18,5% in Canda solo alla provincia autonoma la stessa Areva paga il 13%. Storicamente i presidenti che hanno provato a rompere questo sistema concessorio sono stai sempre particolarmente sfortunati come il Presidente nigerino Mamadou Tandja destituito vent’anni fa da un colpo di stato militare dopo che aveva provato a rimettere in discussione il controllo francese sull’uranio. In Niger inoltre la Francia non ha mai costruito ne una scuola ne un ospedale e nemmeno si è fatta carico della manutenzione della “strada dell’uranio” a cui si era impegnata.

Allo sfruttamento dell’oro nero nigerino si assomma poi la scandalosa questione del vincolo al CFA (ex franco coloniale africano oggi acronimo di Comunità Finanziaria Africana) una delle erdità più costose del colonialismo. Gli stati dell’africa francofona non hanno una loro moneta devono usare il CFA della Banque de France (a dispetto di tutte le regole di Maastricht) con l’obbligo di garantire loro stesse versando nel “comptes d’opération” le riserve di cambio. Si stima che attualmente questo conto assomma a 10 miliardi di euro (soldi di proprietà delle nazioni francofone africane  che potrebbero essere utilizzati per piani di sviluppo).  Bruno Tinel, economista alla Sorbona di Parigi: “Il sistema permette di garantire i profitti dei colossi europei che non pagano niente per questa garanzia: sono i cittadini africani che attraverso le riserve di cambio collocate al Tesoro francese, pagano la stabilità del tasso di cambio”. Senza contare che la Francia continua a importare materie prime come cacao, caffè, banane, legna, oro, petrolio, uranio, pagate con il CFA a parità con l’euro e senza rischi di deprezzamento monetario. Il presidente Macron in un discorso tenuto all’università di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso ha solennemente dichiarato “restituiremo i tesori all’Africa” si riferiva agli oggetti d’arte africana sottratti nel corso dei secoli. Potrebbe semplicemente restituire agli africani i dieci miliardi depositati alla Banque de France e le opere d’arte del Louvre agli italiani:questi si sarebbero gesti nobili.

Giancarlo Moretti

 

 




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