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16/07/2018
La seduzione del sovranismo
il M5S spiega le vele verso una deriva ideologica preoccupante e preoccupa ancor piĆ¹ che la Coldiretti lo sostenga esplicitamente.

«Il Ceta dovrà arrivare in aula per la ratifica e questa maggioranza lo respingerà». Con quest’annuncio il vicepremier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi di Maio, ha offerto nei giorni scorsi la vittima sacrificale che la Coldiretti si aspettava. Con questo passo, il dialogo con il M5S è ufficialmente aperto. L’associazione degli agricoltori guidata da Roberto Moncalvo, è da sempre contraria al Comprehensive Economic and Trade Agreement con il Canada, a differenza di Cia e Confagricoltura. Sui giornali ha fatto notizia la minaccia lanciata da Di Maio all’establishment diplomatico: «se anche uno solo dei funzionari italiani all’estero continuerà a difendere trattati come il Ceta sarà rimosso». Minaccia inutile, visto che da settimane i diplomatici italiani avevano capito che la sorte del trattato di libero scambio tra Canada e Unione europea, entrato in vigore il 21 settembre 2017 e attualmente in fase di ratifica da parte dei Paesi Ue, è segnata. Il motivo per cui il governo scarica il Ceta è semplice e speculare a quello per cui vieta di lavorare di domenica: non per preservare il riposo domenicale e la vita in famiglia, ma per dimostrare chi comanda, conquistando di volta in volta spezzoni di interessi sociali, senza tuttavia inserire tali misure in un piano di sviluppo organico. Se con la chiusura domenicale Di Maio punta a intimidire la Gdo e a conquistare i consensi dei piccoli commercianti, con il Ceta scommette sulla Coldiretti e colpisce Confindustria, rea di aver appoggiato il centrosinistra e di non aver mai abbassato il capo dinnanzi al governo del cambiamento. Non a caso, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha commentato che «sarebbe un grave errore» chiudere al Ceta, sottolineando il rischio di una flessione dell’export. 

Ma c’è di più. Parlando alla Coldiretti Di Maio ha rivendicato «un po’ di sano sovranismo, in un momento in cui in Europa e in Italia sembra che preoccuparsi degli affari nostri sia una brutta cosa. Se ti occupi del prodotto italiano sul mercato, cerchi di difenderlo, cerchi di difendere le eccellenze, allora sei populista». A parte l’imbarazzante confusione teorica tra sovranismo e interesse nazionale - gli Usa difendono il secondo da sempre senza essersi mai convertiti al primo - è evidente che con queste misure il M5S spiega le vele verso una deriva ideologica preoccupante e preoccupa ancor più che la Coldiretti lo sostenga esplicitamente.

Se, infatti, il Ceta è un accordo importante - anzi, il più importante accordo commerciale dai tempi del Nafta - e porterebbe all’eliminazione della gran parte delle tariffe doganali tra Unione Europea e Canada (consentendo alle imprese europee di partecipare alle gare per gli appalti pubblici in Canada e viceversa, stabilendo  reciproco riconoscimento di titoli professionali,ecc) e se è pur vero che il settore agricolo teme che aumenteranno le importazioni di prodotti canadesi in Italia, soprattutto di grano, il fatto che la Coldiretti vada oltre la denuncia di quest’accordo ed abbracci l’ideologia sovranista è una novità assoluta. Una scelta che è inevitabile leggere nell’entusiasmo e nell’esposizione mediatica scelta e oculatamente gestita.

Quest’abbraccio non è nuovo per la cronaca politica - visto che già a Torino, al grande mercato agricolo organizzato dalla bonominana, si era parlato esplicitamente di «sovranità alimentare italiana» con Salvini e Centinaio - ma lo diventa, proprio in quanto reiterato e quindi convinto, per la cronaca ecclesiale. Eh già, perchè lo sdoganamento del sovranismo in casa Coldiretti cozza violentemente con le radici cattoliche dell’organizzazione, che è organicamente inserita tra le associazioni ecclesiali. Dalla Rerum Novarum alla Centesimus Annus, per arrivare alla Laudato si’ non vi è testo del Magistero compatibile con la posizione sovranista, che può essere travisata con la difesa di interessi sindacali e popolari, ma nella realtà rappresenta sempre una deriva che trasforma il sindacalismo in corporativismo e il popolarismo in nazionalismo. Si può essere tatticamente alleati di un governo “sopra le righe” come quello attuale, ma non si possono assecondare posizioni ideologicamente opposte alle proprie, se non si vuole perdere, per un piatto di lenticchie, la propria identità.

Stefano Giordano




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