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13/07/2018
Il Movimento 5 Stelle e il Centrodestra
Salvini deve fare attenzione a non cadere nella tentazione simil ”peronista”, cioè nella ricerca di un consenso fondato su rivendicazioni forti e sorretto da un personalismo populista.

Il primo vero atto del nuovo governo, cioè il decreto “dignità” sul lavoro, ha il pregio, se letto politicamente, di rendere evidente le diversità che compongono l’alleanza che ha dato vita al contratto di governo.

L’attenzione posta al solo versante del lavoro precario esprime la linea programmatica del M5 Stelle che, seppur non collocato nella tradizionale cultura politica  di sinistra, ne subisce il fascino, forse anche per la cospicua parte dell’elettorato proveniente da quel lato. A ben vedere, su precariato e voucher, Di Maio ha semplicemente messo nero su bianco  le linee indicate da sempre dalla CGIL, salvo qualche parziale ripensamento. Non si tratta, assolutamente, della formazione a contrario della vecchia cinghia di trasmissione, anche perché l’elemento caratterizzante i 5Stelle è quella democrazia diretta contraria a qualunque intermediazione, oltre che aliena dai corpi intermedi. Confermato dal fatto che su questo provvedimento non è stata svolto alcun confronto sociale.

La reazione dell’altro partner di governo, la Lega,  è stata piuttosto contenuta,  nonostante che essa si ponga da sempre in rappresentanza di quel mondo di piccole e medie imprese che,  sul provvedimento,  si è espresso in maniera critica. Forse Salvini, modificando il suo noto approccio alla politica, apprezza e si muove a suo agio,  nel nuovo tempo del realismo politico che sconsiglia  asprezze polemiche interne al governo. Tuttavia, non valutare l’importanza  che il decreto non è un buon messaggio per il mondo che lo ha sostenuto, non è la strada che può condurre alla “terra promessa” del primato politico. Il raddoppio dei  voti nei 46 distretti produttivi del nord nelle ultime politiche, soprattutto nel Veneto, Friuli e Lombardia si è appunto registrato in un ambito di aziende che richiedono una sempre maggiore libertà da stringenti normative non solo fiscali e dove, tra l’altro, la mano d’opera che proviene dall’estero ha un ruolo importante.  Il concetto di difesa del lavoro nel centrodestra è sempre stato quello di una comune tutela sia del lavoratore che nel rimuovere  ostacoli  per chi il lavoro lo crea.

La prosecuzione dell’iter del provvedimento consentirà di verificare se le due parti del “contratto” saranno in grado, non solo e non tanto di attuare ciò di cui ognuno  si è impegnato con il proprio elettorato, ma anche di compiere quelle sintesi necessarie a governare veramente. 

Già su molti aspetti legati alla questione che ha occupato queste prime settimane, cioè sulla stessa immigrazione (competenze ministeriali, funzioni della marina costiera e gli stessi sbarchi), si sono palesate differenze; mentre recentissime  ricerche hanno  messo in evidenza che c’è una spaccatura tra i due elettorati sul rapporto tra immigrati e sicurezza, “ius soli”e “prima gli italiani” , ma anche sull’euro, vaccini, tutela ed estensione del diritto di difesa con le armi, oltre che - ed è più importante di quanto non appaia al momento - sul rapporto tra diritti civili e religione.

Questi elementi del quadro politico non sfuggono all’attenzione del nuovo assetto che Forza Italia sembra sulla via di realizzare con l’incarico a Tajani, nominato vice presidente del Partito, il quale insiste nel sottolineare le “contraddizioni interne alla maggioranza”. Verrà il tempo – e non è lontano - nel quale Salvini dovrà fare i conti con il fatto evidente che il governo “ non ha una politica economica, non ha un progetto coerente per il Paese, non ha visione”. Il neo vicepresidente di Forza Italia, giustamente, punta il dito sul fatto che ”gli elettori che hanno mandato in Parlamento i rappresentanti di lega, FI e FdI,  vogliono politiche di centrodestra  non un libro di sogni irrealizzabile e pericoloso  per gli effetti che potrebbe avere nel Paese”.

Salvini deve fare attenzione a non cadere nella tentazione simil ”peronista”, cioè nella ricerca di un consenso fondato su rivendicazioni forti e sorretto da un  personalismo   populista.  La democrazia parlamentare italiana nella sua lunga , complessa  e,  a volte,  difficile storia ha reso evidente che le vie, ad essa divergenti, vengono inesorabilmente fermate.  Per fare in modo che questo chiarimento nell’ambito del centrodestra avvenga,  appare sempre più necessaria una strada nuova per il popolarismo italiano che la neo  dirigenza di Forza Italia, forse, lascia sperare, ma che per riuscire deve comportare un forte cambiamento.  

 Pietro Giubilo

 

 

 




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