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15/03/2018
Oggi come allora una lezione sempre attuale
E’ importante la tesi di fondo di Moro, secondo la quale, un’alternativa alla democrazia non può nascere all’interno di un sistema politico come il nostro, per meccanica contrapposizione

A quaranta anni di distanza dal tragico epilogo di Via Caetani, rimane ancora immutato in tutti noi, lo stupore per la perdita dell’On. Aldo Moro e la sua scorta e che nonostante il trascorrere del tempo si conferma sempre più irreparabile: non solo per il partito della DC, ma anche per tutto il nostro paese. La partecipazione al suo nobile disegno di poter costruire uno stabile equilibrio democratico pur chiedendo luci alla storia, ai suoi scritti e ai suoi discorsi, mostra ogni difficoltà a ricavare risposte di alto profilo. E’ dall’insegnamento di Sturzo che eredita il principio dell’autonomia dei cattolici, cogliendone un più ampio significato politico allargato alla crescita delle forze popolari nel paese. La questione comunista facendo passi avanti nella fase di passaggio dal centrismo al centro sinistra, riusciva ad essere posizionata ai limiti del sistema, ma con la tendenza a diventare opposizione piena nelle istituzioni dimostrando le sue capacità nei rapporti con la maggioranza. Fu chiamata seconda fase e si riferisce al periodo del referendum sul divorzio alle regionali del ‘75 e due anni dopo, alla crisi di governo (La Malfa). I fenomeni sociali successi nel ’68 erano premonitori in ossequio alla passione per incontrare i giovani studenti, per ascoltare, discutere, consigliare e rendersi conto della realtà di quegli anni. Era la strategia dell’attenzione a cui dedicava un altro capitolo della storia per non esercitare tanto la guardia alle istituzioni, quanto invece a raccogliere le sensibilità dell’uomo nuovo che ha raggiunto un importante livello di democrazia. E’ famoso per avere difeso il centro-sinistra che per quindici anni ha retto bene salvo la dichiarazione di esaurimento da parte dello stesso congresso socialista. Moro, pensando che il passaggio alla terza fase dovesse essere di tregua, di non opposizione reciproca e assunzioni di responsabilità specie nel PCI, per la realizzazione dell’allargamento democratico del paese (democrazia compiuta).

Venuta meno la solidarietà nazionale per le numerose contraddizioni esplose, dopo che venne meno la mediazione di Moro: il suo superamento fu la cosiddetta antitesi della solidarietà; poichè una fase storica può essere superata solo quando nel processo di evoluzione vengono recuperate e valorizzate le verità interne e che sarebbero le ragioni da cui è nata: ma così non è proprio avvenuto per la solidarietà nazionale. Purtroppo nessuno raccolse il suo illustre insegnamento dando spazio alla cristallizzazione politica di cui si avvertirono tutti i limiti. E’ importante la tesi di fondo di Moro, secondo la quale, un’alternativa alla democrazia non può nascere all’interno di un sistema politico come il nostro, per meccanica contrapposizione, se prima non si avvii un processo di ricomposizione che riconduca tutte le forze politiche a fattor comune di principi e di metodi, sino a formare una sintesi omogenea capace di individuare non solo le regole del gioco, ma anche gli obiettivi essenziali della Nazione riconosciuti nella nostra Costituzione. Se manca questa definizione l’alternativa in termini democratici non si matura perché l’opposizione condotta fino in fondo tra forze che non sono omogenee (mi sembra quasi di leggere i risultati delle ultime elezioni del 2018!), rischia di corrompersi e deteriorasi sino alla rottura dell’equilibrio necessario per l’assetto democratico mettendo in crisi le istituzioni, favorendo posizioni che faticano a diventare progressiste sotto la spinta del massimalismo e dell’eversione. Moro che conosceva la lezione di De Gasperi e Sturzo, sapeva che in Italia l’allargamento dell’area democratica si sviluppa storicamente attraverso un processo che si estende gradualmente la democrazia e la allarga da posizione centrale. In soldoni, il problema dell’allargamento dell’area democristiana non poteva essere affrontato con il PCI negli stessi termini con cui era stato affrontato coi socialisti all’inizio degli anni ’60.

La DC qualificata come Moro, non si sarebbe mai stancata di ripetere che da una ispirazione cristiana, da una natura popolare, da esperienza di lotta antifascista, non poteva e non sarebbe mai potuto essere ricondotta a forza della conservazione in alternativa a una forza cosiddetta progressista identificata in quel PCI. Era quasi implicito per Moro parlare di confronto più che di alternativa, mai limitato ai due partiti, ma aperto ed allargato alle forze politiche intermedie. Solo in quel momento si realizzerebbe quel rapporto aperto a tutti in cui ciascuno possa offrire la propria identità politica e culturale secondo la tradizione della sua storia, indispensabile secondo la logica di Moro alla costruzione dell’unità del paese nel metodo della democrazia, della sicurezza della libertà con grande garanzia di pluralismo sociale ed economico: non è quello che oggi vogliamo fare lavorando e impegnandoci per questi obiettivi per rendere l’attualità, sempre valida, del suo insegnamento? Queste pagine di storia non si possono strappare, per evitare che i giovani le conoscano; né si possono manipolare in funzione delle beghe di questo ambiguo presente. Rileggerle, è per i popolari e per tutti i cattolici democratici, un incoraggiamento ad andare lealmente avanti, ponendo l'interesse generale del paese al di sopra delle ambizioni personali e dell'interesse di parte.

Gilberto Minghetti




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