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14/12/2017
L’Europa è sviluppo, la banca è il motore dell’economia
Serve oggi una riflessione sui tanti cambiamenti sociali, culturali, giuridici ed economici del mondo attuale che hanno influito sul processo di integrazione dell’Europa

Un importante convegno sul tema “La banca motore dell’economia nel contesto europeo” si è svolta alla Carisbo (dove ho lavorato 40 anni), che ricorda, per l’occasione, alcuni anniversari molto importanti: il 60° della firma dei trattati di Roma, i 180 anni della banca a Bologna e anche, fra le varie ricorrenze, si può citare il 60° anniversario dello “Zecchino d’oro”, ovvero il festival delle canzoni del famoso Coro dell’Antoniano, con le sue musiche entrate nella memoria collettiva di bambini che oggi sono papà e forse anche nonni, i quali non negheranno ai piccoli, il fascino dei ritornelli vari (Lettera a Pinocchio, il walzer del moscerino, il coccodrillo come fa….).

Ma tornando al tema di fondo, serve oggi una riflessione sui tanti cambiamenti sociali, culturali, giuridici ed economici del mondo attuale che hanno influito sul processo di integrazione dell’Europa.

Da Bologna, infatti, sono partite le prime azioni che hanno mutato il sistema bancario con cambiamenti sia sul piano normativo con un processo di sviluppo che ha portato l’attuale concentrazione con alcuni gruppi protagonisti nel mercato europeo tra cui Intesa Sanpaolo.

Fin dall’inizio anni ’80, l’Istituto ha tenuto costantemente i primi convegni preparatori sulla natura della banca, allora prevalentemente pubblica, in imprese aperte ai capitali privati, avviando così prospettive i cui contenuti hanno dato origine alla Legge Amato, di riforma: un esempio la prima emissione di quote di partecipazione Carisbo (1987), fu così che è nata l’apertura al capitale privato.

Ma se si allarga lo sguardo dall’Italia all’Europa, il passaggio coi trattati del 1998 avviava la realizzazione dell’Unione Bancaria Europea, con conseguente creazione della Bce, cristallizzando così il primo fondamentale tassello di quello che oggi è l’ordinamento del credito, con la delega dei poteri alla Bce sulle banche.

Ciò ha significato una piena applicazione in ambito creditizio, nel complesso processo dello sviluppo del federalismo europeo, anticipando così la coniugazione rispetto ad altri strategici settori.

Quanto al presidio di governo da parte dei singoli Stati, si pone spesso la domanda dei suoi limiti nelle deleghe all’Europa. Ovviamente si parla di sovranità, o meglio di trasferimento di sovranità degli Stati all’Europa che è reale, peraltro sancita giuridicamente e esercitata direttamente. I limiti ci possono essere, ma per noi europeisti convinti, il percorso auspicabile è il modello federale che è e resta il principale obiettivo, osservando con prudenza l’evolversi delle situazioni con attenzione allorchè si verificassero scelte diverse come quella di essere governati da un’entità sovranazionale. A questo punto si dovrebbe fare ricorso alla politica, quella seria, quella capace di esercitare il proprio mandato dentro e non contro le istituzioni europee. Questo segno di debolezza del nostro Paese sta proprio nelle carenze di presenza di presenza di nostri rappresentanti nelle burocrazie comunitarie.

E’ proprio di questi giorni la convocazione del Consiglio Europeo, a cui la Commissione presenterà una sua visione per rafforzare l’Unione monetaria con l’idea di fondo del Commissario Moscovici che afferma che l’Europa è l’euro e l’euro è l’Europa, mettendo avanti l’idea che tutti gli stati membri (a parte la Danimarca), saranno un giorno membri dell’Eurozona.

Non sono mancati i commenti critici. Gli italiani si sono concentrati sulla previsione di incorporare nei trattati il Fiscal Compact: in realtà la proposta cambia in modo sostanziale le attuali disposizioni e tiene conto della flessibilità consentita in questi anni agli Stati proponendo di costruire degli impegni pluriennali per le riforme in modo da rendere più flessibile il processo di rientro degli Stati indebitati. In conclusione una delle idee cardine sarebbe la trasformazione dell’attuale fondo salva stati (Esm) in un Fme entro il 2019, escludendo un bilancio separato dell’Eurozona. Un grande potere per l’esecutivo, certamente non piacerà a molti, come l’idea di inserire il Fiscal compact direttamente nei trattati che non piacerà all’Italia, sarà un dibattito, comunque molto acceso.


Gilberto Minghetti




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